VIII

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Quando la lingua di qualcuno si gonfia per una reazione allergica, non sempre è facile capire cosa stia dicendo.
«Bluh bluh bluh bluh bluh.» disse Klaus, mentre i tre bambini uscivano dal taxi che li aveva portati davanti alla bianca porta scorticata che conduceva dentro casa della zia Josephine.
«Non capisco che stai dicendo.» rispose Violet, grattandosi il collo, dove aveva una bolla a forma di stato del Minnesota.
«Bluh bluh bluh bluh bluh ripeté Klaus, o forse disse un'altra cosa. Non ne ho la più pallida idea.
«Lasciamo stare. - fece Violet, aprendo la porta e accompagnando i fratelli dentro - Ora hai il tempo che ti serve per capire qualunque cosa tu debba capire.»
«Bluh bluh bluh.» rispose Klaus.
«Ancora non ti capisco.» rispose Violet. Tolse il cappotto a Sunny, poi si sfilò il suo e lasci cadere entrambi sul pavimento. Naturalmente, si dovrebbe appendere il proprio cappotto ad un gancio o in un armadio, ma quelle bolle erano davvero irritanti da far dimenticare a chiunque una cosa del genere. «Suppongo, Klaus, che tu abbia detto qualcosa di affermativo. Ora, a meno che tu non abbia bisogno del nostro aiuto, preparerò per me e Sunny un bagno al bicarbonato di sodio, così da alleviare queste bolle.»
«Bluh!» gridò Sunny. Avrebbe voluto gridare "Gans!" che significa "Meno male, perché queste bolle mi stanno facendo impazzire!"
«Bluh.» concluse Klaus, e iniziò a correre lungo il corridoio. Non si era sfilato il cappotto, ma non a causa delle sue fastidiose condizioni, ma perché stava andando in un posto molto freddo.
Quando Klaus aprì la porta della biblioteca, si meravigliò di quanto tutto fosse cambiato. Il vento proveniente dall'uragano in arrivo aveva spazzato via gli ultimi pezzi della finestra, e la pioggia aveva raggiunto una delle poltrone della zia Josephine, lasciandovi sopra delle macchie scure. Alcuni libri erano caduti dagli scaffali e volati accanto alla finestra, dove l'acqua li aveva inzuppati. Ci sono poche cose tristi quanto un libro rovinato, ma Klaus non aveva tempo per essere triste. sapeva che il Capitano Sham sarebbe venuto a prenderli il prima possibile, per cui doveva immediatamente mettersi a lavoro. Per prima cosa, tirò fuori il biglietto della zia Josephine dalla tasca e lo posò sul tavolo, mettendoci sopra dei libri così che il vento non lo portasse via. Poi, passò rapidamente agli scaffali, e iniziò ad esaminare le costole dei libri, cercando dei titoli utili. Ne scelse tre: Regole base di grammatica e punteggiatura, Manuale dell'uso avanzato dell'apostrofo e La corretta pronuncia di ogni parola che sia mai, mai esistita. Ogni libro era grosso quanto un cocomero, e Klaus barcollò sotto il peso di tutti e tre. Con un fragoroso thump, li lasciò cadere sul tavolo. «Bluh bluh bluh bluh bluh...» mormorò tra sé e sé, trovò una penna e si mise a lavoro.
Normalmente, una biblioteca è un ottimo posto per lavorare nel pomeriggio, ma non se la sua finestra è stata fracassata e un uragano si sta avvicinando. Il vento soffiava sempre più gelido, pioveva sempre più forte, e la stanza diventa sempre più cupa. Ma Klaus non notò nulla di tutto ciò. Aprì tutti e tre i libri e presi copiosi - la parola "copiosi" sta per "molti" - appunti, fermandosi ogni tanto a segnare con un cerchio alcune parti di ciò che la zia Josephine aveva scritto. Fuori, iniziarono a farsi sentire dei tuoni, a con ogni tuono l'intera casa tremava, ma Klaus continuava a girare le pagine e prendere appunti. Alla fine, quando i fulmini cominciavano ad apparire in cielo, si fermò, e osservò il biglietto per molto tempo, concentrandosi. Finalmente, scrisse due parole in fondo al foglio, con così tanta attenzione e cura che quando Violet e Sunny entrarono in biblioteca e lo chiamarono, quasi saltò dalla sedia.
«Bluh bluh spaventato!» esclamò con il cuore a mille, mentre la sua lingue iniziava a sgonfiarsi.
«Scusa, - disse Violet - non volevamo spaventarti.»
«Bluh fatto bluh bluh al bicarbonato?» chiese lui.
«No, - rispose la sorella - non abbiamo potuto. La zia Josephine non aveva bicarbonato, abbiamo fatto un bagno normale. Ma questo non importa, Klaus. Che cos'hai fatto tu, in questa stanza congelata? Perché hai fatto dei cerchi sul biglietto della zia Jospehine?»
«Bluhdiato grammatica.» ribatté Klaus, indicando i libri.
«Bluh?» chiese Sunny, probabilmente voleva dire "Gluh" ossia "Perché hai sprecato tempo prezioso a studiare grammatica?»
«Bluhrché - spiegò Klaus impaziente - credo che la bluh bluhsephine ci abbia lasciato un messaggio in quel bluhglietto.»
«Era triste e si è gettata dalla finestra, - disse Violet, rabbrividendo - che altro messaggio ci dovrebbe essere?»
«Ci sono troppi errori di grammatica nel bluhglietto. La zia Josephine amava la grammatica, a non avrebbe mai commesso così tanti bluhrrori senza averne un motivo. Ecco cosa ho bluhatto, ho esaminato gli errori di grammatica.»
«Bluh.» disse Sunny, intendeva "Per favore, Klaus, continua."
Klaus asciugò alcune gocce di pioggia dagli occhiali e guardò il foglietto. «Be', sappiamo già che la prima bluhrase ha la parola "sarrà". Questo ha attirato la nostra attenzione. Ma guarda la seconda frase "il mio cuore è fredda quanto Ike e sento che la mia vitta sia insopporttabile".»
«Ma la parola corretta è "insopportabile", - disse Violet - ce l'hai già detto, lo ricordo.»
«Ma credo ci sia qualcosa di più, - fece Klaus - "Il mio cuore è fredda quanto Ike" non mi suona bene. A partire dal fatto che la zia Josephine ci ha detto di pensare al marito come in un posto caldo.»
«Sì, ricordo che lo disse proprio in questa stanza. Disse che Ike amava la luce del sole e così le piaceva immaginarlo in un posto soleggiato.»
«Già, e poi la parola "fredda" è femminile e non può legarsi a "cuore", che è maschile.»
«Okay, quindi abbiamo "fredda" e "insopporttabile". Per me non vogliono dire nulla.»
«Neanche per me. Ma guarda dopo "So che voi bambini probebilmente non potete capire com'è triste le vita di una vedova". La zia Josephine non ha più di una vita! Perché "le"?»
«Già, è vero!» esclamò Violet.
«Quindi - continuò Klaus - credo volesse intendere "la vita". E ho cercato "probebilmente" nel libro La corretta pronuncia di ogni parola che sia mai, mai esistita
«E perché? - chiese Violet - Lo sappiamo cosa vuol dire!»
«Certo che lo sappiamo, ma si dice e si scrive "probabilmente", con la a.»
«Okay, "fredda", "insopporttabile", "le vita", "probebilmente", questo non è mica un messaggio, Klaus.»
«Lasciami finire, ho trovato molti altri errori. All'inizio del biglietto c'è la parola "legerete", che si scrive con due g, e prima di "insopporttabile" c'è "vitta", che naturalmente si scrive con una sola t.»
«Coik!» esclamò Sunny, probabilmente intendeva "Pensare a tutto ciò mi fa diventare matta!"
«Anche a me, Sunny, - confermò Violet, prendendo in braccio la sorellina e mettendola a sedere sul tavolo - ma lasciamolo finire.»
«E ce ne sono altri di errori nella parte finale. - continuò Klaus - La zia Josephine definisce il Capitano Sham "ggentile e onesto", quando avrebbe dovuto scrivere "gentile e onesto". E nell'ultima frase ci sono addirittura sei errori! Ci sono "prrego" con due r, "pensiare" con una i di troppo, "moddo" con due d, "dolco" poi non esiste, casomai "dolce". E infine "annche" con due n invece di una e "tarribile", con la a al posto della e.»
«E allora? - chiese Violet. - Che significano questi errori?»
Klaus sorrise, a mostrò alle sorelle le due parole che aveva scritto alla fine del foglio. «Grotta Gridona!» lesse ad alta voce.
«Grotta veek? - domandò Sunny, intendeva "Grotta cosa?".
«Grotta Gridona. - ripeté Klaus - Se prendiamo tutte le lettere in più, mancanti o sostituite in questi errori grammaticali, otteniamo queste due parole. G-R-O-T-T-A, e poi G-R-I-D-O-N-A. Grotta Gridona. Non vedete? La zia Josephine sapeva di star commettendo degli errori, e sapeva che li avremmo notati. Ci stava lasciando un messaggio, e quel messaggio è Grotta-»
Un forte colpo di vento interruppe Klaus soffiando dalla finestra distrutta e scuotendo gli scaffali, come fossero delle maracas, una parola con cui vengono chiamati degli stumenti a percussione usati in America Latina. Tutta la biblioteca tremò mentre il vento soffiava. Poltrone e poggiapiedi si rovesciarono sul pavimento, con le gambe all'aria. Gli scaffali vennero scossi così forte, che alcruno dei libri più pesanti della zia Josephine caddero a terra in pozze di pioggia. E i giovani Baudelaire vennero gettati a terra mentre un fulmine squarciava il cielo scuro.
«Usciamo di qui!» gridò Violet più forte dei tuoni fuori, e afferrò le mani dei suoi fratelli. Il vento soffiava con così tanta violenza che ai Baudelaire sembrò di star scalando una montagna invece di stare semplicemente attraversando la biblioteca fino alla porta. Gli orfani erano quasi senza fiato quando chiusero la porta e si fermarono tremando nel corridoio.
«Povera zia Josephine, - disse Violer - la sua biblioteca è distrutta.»
«Ma io devo tornare lì dentro! - esclamò Klaus, stringendo il biglietto in mano - Dobbiamo sapere cosa intendesse la zia Josephine con Grotta Gridona, e per saperlo ci serve una biblioteca!»
«Non questa biblioteca, - ribatté Violet - qui ci sono solo libri di grammatica. Ci servono libri su Lago Lacrimoso.»
«Perché?» domandò Klaus.
«Perché scommetto che è lì che si trova Grotta Gridona, sul Lago Lacrimoso. - rispose Violet - Ricordi quando la zia ci disse che conosceva ogni isolotto nelle sue acque e ogni grotta sulle sue coste? Scommetto che Grotta Gridona è una di quelle.»
«Ma perché il suo messaggio segreto riguarda una grotta?» chiese Klaus.
«Sei stato così occupato a cercare di trovare il messaggio, che non hai capito cosa significa. La zia Josephine non è morta. Vuole che le persone pensino che lei sia morta. Ma non voleva dire a noi cosa stava nascondendo. Dobbiamo trovare i suoi libri su Lago Lacrimoso e vedere dove si trova Grotta Gridona.»
«Ma prima di tutto dobbiamo capire dove sono questi libri. - disse Klaus - Ci aveva detto di averli nascosti, ricordi?»
Sunny esclamò qualcosa, ma i suoi fratelli non riuscirono a sentirla con il fragore dei tuoni.
«Vediamo, - iniziò Violet - dove nasconderesti qualcosa che non vuoi mai vedere?»
Gli orfani Baudelaire stettero in silenzio a pensare ai posti in cui avevano nascosto cose che non avevano voglia di guardare, mentre vivevano con i loro genitori nella dimora dei Baudelaire. Violet pensava a un'armonica automatica da lei inventata: faceva dei suoni tanto orrendi che la nascose, per non dover più pensare a un fallimento. Klaus pensava ad un libro sulla guerra Franco-Prussiana, così difficile da leggere che lo nascose, per non dover più pensare al fatto che fosse troppo picolo per leggerlo. E Sunny pensava a un pezzo di pietra, troppo duro persino per il più affilato dei suoi denti: lo aveva nascosto così che le sue fauci non sarebbero più state doloranti per la fatica di conquistarlo. E tutti e tre gli orfani Baudelaire pensarono al nascondiglio che avevano scelto.
«Sotto il letto.» disse Violet.
«Sotto il letto.» ripeté Klaus.
«Seeka yit!» concordò Sunny, e senza dire altro i tre bambini iniziarono a correre lungo il corridoio verso la stanza della zia Josephine. Normalmente, non è molto gentile entrare nella stanza di qualcuno senza bussare, ma può essere fatta un'eccezione se questo qualcuno è morto o sta fingendo di esserlo, così i Baudelaire entrarono immediatamente. La stanza della zia Josephine era molto simile alla loro, con una trapunta blu oltremare sul letto e una pila di lattina in un angolo. C'era una piccola finestra che dava sulla collina bagnata di pioggia, e un paio di nuovi libri di grammatica che la zia non aveva ancora iniziato a leggere e, mi dispiace dirlo, non avrebbe mai letto. Ma l'unica parte della stanza di cui importava ai Baudelaire era sotto il letto, così si inginocchiarono a controllare lì.
Apparentemente, la zia Josephine aveva molte cose che non voleva più guardare. Sotto il letto c'erano pentole e padelle, che non voleva più guardare perché le ricordavano il forno. C'erano dei calzini orrendi che qualcuno le aveva regalato, troppo orrendi per occhi umani. E i Baudelaire furono tristi di vedere la fotografia incorniciata di un uomo dall'aspetto gentile con dei cracker in mano e le labbra poste in una posizione come se stesse fischiettando. Quell'uomo era Ike, e i Baudelaire sapevano che la zia aveva messo la foto lì perché era troppo triste per guardarla. Ma dietro alcune pentole c'era una pila di libri, su cui i ragazzi si fiondarono immediatamente.
«Le Maree di Lago Lacrimoso. - lesse Violet - Non può aiutarci.»
«I fondali di Lago Lacrimoso. - lesse Klaus - Inutile.»
«Le trote di Lago Lacrimoso
«Storia dell'Imbarcadero di Damocle
«Ivan Lacrimoso, esploratore di laghi
«Come si crea l'acqua
«Atlante di Lago Lacrimoso
«Atlante? - fece Klaus - È perfetto! Un atlante è un libro di mappe!»
Ci fu un lampo fuori, e iniziò a piovere più forte: sembrava che qualcuno stesse gettando biglie sul tetto. Senza dire una parola, i Baudelaire aprirono l'Atlante e iniziarono a voltare le pagine. Esaminarono mappe e mappe, ma non riuscirono a trovare Grotta Gridona.
«Non abbiamo molto tempo, - disse Violet - probabilmente il Capitano Sham sta già attivando. Usa l'indice, cerca "Grotta".»
Klaus aprì l'indice, che sono sicuro sappiate essere un elenco di ciò che si trova in un libro e la pagina in cui si trova. Klaus iniziò a scorrere il dito sulla lista delle parole con la G. «Gola delle Carpe, Isola di Gona, Scogliera dei Gradoni, Baia delle Grazie, Grotta Gridona-eccola! Grotta Gridona, pagina centoquattro!» Rapidamente, Klaus raggiunse la pagina e iniziò ad esaminare la mappa. «Grotta Gridona, Grotta Gridona, dov'è?»
«Eccola!» esclamò Violet puntando il dito su una zona della mappa. «Giusto di fronte l'Imbarcadero di Damocle e ad ovest del Faro, andiamo!»
«Andiamo? - chiese Klaus - Come facciamo ad attraversare il lago?»
«Ci porterà il Traghetto Trabiccolo. - rispose Violet, indicando una linea tratteggiata sulla mappa - Guarda, il traghetto di ferma giusto davanti al faro e da lì possiamo camminare.»
«Dovremo arrivare all'Imbarcadero di Damocle con tutta questa pioggia?» domandò Klaus.
«Non abbiamo scelta, - rispose Violet - dobbiamo dimostrare che la zia Josephine è viva, altrimenti il Capitano Sham verrà a prenderci.»
«Spero sia ancora-» iniziò Klaus, ma si interruppe. Indicò la finestra. «Guardate!»
La finestra in camera della zia Josephine dava sulla collina, e i ragazzi potevano vedere i pilastri di metallo che reggevano l'intera casa: erano stati gravemente danneggiati dell'uragano. C'era una grossa macchia scura, probabilmente bruciata da un fulmine, e il vento aveva piegato i pilastri in curve innaturali. Mentre il temporale si avvicinava, gli orfani potevano vedere i pilastri resistere per restare aggrappati alla collina.
«Tafca!» gridò Sunny, che significava "Dobbiamo subito andarcene da qui!"
«Sunny ha ragione, - disse Violet - prendi l'Atlante e andiamocene!»
Klaus afferrò l'Atlante, cercando di non pensare a cosa sarebbe successo se fosse stato ancora sui libri e non avesse guardato la finestra. Mentre i bambini si alzavano, il vento crebbe fino all'inverosimile, una frase che qui significa "fece tremare l'intera casa e mandò tutti e tre gli orfani sul pavimento."
Violet scivolò verso il letto e sbatté il ginocchio, Klaus cadde contro il termosifone freddo e sbatté un piede, e Sunny andò a finire contro la pila di lattine, sbattendo ovunque. L'intera stanza sembrò piegarsi da un lato, mentre i ragazzi cercavano di rimettersi in piedi. «Andiamo!» gridò Violet, e prese in braccio Sunny. Gli orfani corsero nel corridoio fino alla porta d'ingresso. Un pezzo di soffitto era crollato e la pioggia bagnava il tappetto, cadendo anche sulle teste dei ragazzi mentre correvano. La casa si piegò ancora, e i Baudelaire caddero nuovamente a terra. La dimora della zia Josephine stava iniziando a scivolare dalla collina. «Andiamo!» gridò ancora Violet, e gli orfani continuarono a correre lungo il corridoio traballante, affondando nelle pozzanghere con i loro piedi spaventati. Klaus fu il primo a raggiungere la porta e la aprì, mentre la casa si piegava ancora con un terribile, terribile rumore di legno spezzato. «Andiamo!» gridò ancora Violet, e gli orfani strisciarono fuori la porta e sulla collina, stringendosi l'uno all'altro nella pioggia congelata. Avevano freddo, erano spaventati, ma erano salvi.
Ho visto molte cose assurde nella mia lunga e tormentata vita. Ho visto migliaia di cunicoli fatti solo di teschi umani. Ho visto un vulcano eruttare, ricoprendo di lava un piccolo villaggio. Ho visto la donna che amo venire afferrata da un'aquila e portata su un nido in montagna. Ma ancora non riesco a immaginare come dev'essere stato per i Baudelaire assistere alla casa della zia Josephine che scivolava e sprofondava nel Lago Lacrimoso. Le mie ricerche mi dicono che i ragazzi stettero in silenzio ad osservare come la porta bianca scrostata si chiudeva e iniziava ad accartocciarsi, come si potrebbe accartocciare un pezzo di carta a formare una palla. Mi è stato detto che i bambini si strinsero più forte mentre sentivano il suono assordante della casa che si staccava dalla collina. Ma non posso dirvi come sia stato vedere l'intero edificio cadere giù, giù, e sprofondare nelle oscure e tempestose acque del lago lì sotto.

Una Serie di Sfortunati Eventi - La Vasta Vetrata #3Where stories live. Discover now