Sebbene non avesse un posto dove andare,e nonostante non avesse la più pallida idea di cosa ne avrebbe fatto della propria vita, era intenzionato ad andare via, e niente ormai, avrebbe potuto smuoverlo da quella decisione.
Era un ragazzo piuttosto intelligente, avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, ma purtroppo, quel talento sarebbe andato sprecato.
Anche se avesse voluto, non sarebbe potuto andare mai e poi mai al college.
Non aveva i mezzi, e non sarebbe riuscito ad ottenere una borsa di studio nemmeno se si fosse impegnato anima e corpo pur di riceverla.

Era stata un'attesa estenuante, la sua, quasi logorante. Ogni mattina si svegliava, e spuntava un giorno sul calendario.
Così per circa nove anni.

E adesso, stava sul suo scomodo letto stipato in una stanza assieme ad altri tre letti.
Si era sempre chiesto come avessero fatto a farglieli entrare tutti: viste le dimensioni della stanza proprio non si capacitava.
Fissava intensamente l'intonaco sul soffitto, come ad attendere che si sgretolasse un altro po', proprio come faceva sempre.

Dovevano mancare pochi minuti all'alba, ma Newt era costretto a stare a letto, nonostante fremesse dalla voglia di alzarsi, perchè non doveva svegliare gli altri.

Ripassò in mente il suo programma, senza staccare gli occhi dal soffitto. Avrebbe finito di preparare il suo zaino appena sveglio.
Poi avrebbe avvisato il reverendo della sua partenza, e si sarebbe diretto fuori da quell'edificio, senza salutare nessuno, diretto verso il centro della città, dove il reverendo gli aveva raccomandato di andare se voleva trovare lavoro.

Il reverendo Lawrence era nuovo all'orfanotrofio, e sembrava l'unica persona che si curasse davvero di quei bambini. Era stato lui ad offrirsi per dare a Newt il contatto di un suo amico che faceva il meccanico e aveva bisogno di un aiutante. Un certo Jorge.
Il ragazzo ci aveva messo un po' a fidarsi, ma alla fine aveva accettato di buon grado.

Perciò, questo era il piano: procurarsi un lavoro per poter guadagnare qualcosa in modo da affittare una casa. Altrimenti, avrebbe dovuto dormire sulle panchine come i barboni.

A Newt brontolò lo stomaco dalla fame.
Si girò dal lato opposto, appoggiandosi su un fianco, dando le spalle al muro e facendo cigolare rumorosamente il letto.

Certo, non era una grande prospettiva di vita, ma era tutto quello che "un orfano del suo calibro" poteva permettersi.
Sapeva già che non sarebbe mai diventato uno di quegli orfani che alla fine hanno la loro rivincita e diventano persone di successo, le cui storie sono degne di essere pubblicate sui giornali.
No.
Lo sapeva benissimo.
Era destinato a vivere una vita faticosa e molto probabilmente solitaria, finché anche lui, non sarebbe schiattato come chiunque altro, senza aver mai visto il suo nome stampato su una pagina di un giornale.
Era destinato a vivere una vita totalmente ordinaria.
Sarebbe stato una persona fra tante, un'anima fra miliardi di anime, un'esistenza effimera, la sua, insignificante.
Faceva abbastanza schifo, ma non c'erano altre alternative.

Quando finalmente, pochi interminabili minuti dopo, la luce del sole filtrò dalle tapparelle malridotte, Newt tirò un sospiro di sollievo, osservando la polvere alzarsi dal pavimento, illuminata dai raggi solari.

Sperava che il suo primo giorno da diciottenne sarebbe stato diverso.
Aveva sempre immaginato, in tutti quegli anni, che dal primo secondo che avrebbe aperto gli occhi si sarebbe sentito diverso, libero.
E invece, fu un'enorme delusione per Newt scoprire che si sentiva esattamente come il giorno prima.
Nulla era cambiato.
Nessuna sensazione di libertà, niente di niente.
E il macigno che sembrava gravargli sulle spalle da anni, ormai, non si era alleggerito come aveva sperato.

Si diede dello stupido per aver creduto, anche per un solo momento, che ci sarebbe stato qualcosa di diverso, mentre si alzava lentamente dal letto, e si sedeva sul bordo, passandosi una mano fra i capelli arruffati.
Osservò gli altri tre ragazzini che ancora dormivano beati nei loro letti.

Rainy Days|NewtmasDove le storie prendono vita. Scoprilo ora