7. Fondamenti per un terribile secondo atto (1/2)

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Nell'aria aleggiava il motivetto ear-worm dell'ultima hit di "Il Bardo Senzacasa", una canzone che in quel periodo veniva trasmessa da qualunque radio in ogni supermercato, negozio o libreria dove si andasse – anche se forse era più corretto chiamarla "chiperia", per quanto facesse pensare a qualche strana specie di uccelli o a un posto dove vendevano patatine. La canzone si intitolava "Storia d'amore su pagina" ed era molto amata: la madre di Flaminia non faceva altro che canticchiarla, quando era a casa.

"Un chip-trama ho comprato per te/

Ma non era quel che tu volevi/

O mia bella perché/

Perché fai così la difficile-e"

Quando si parlava di imbrogliare con il metro di una canzone, il Bardo Senzacasa era imbattibile.

La ragazzina evitò un paio di uomini in giacca e cravatta, e strinse la mano di Hope in cerca di conforto. La giornalista dai capelli arruffati di cui la ragazza aveva preso le sembianze fece una smorfia, ma poi accettò e la tenne ben stretta.

«Cerca di rilassarti» le sussurrò Hope, mentre seguivano la sagoma di Leopoldo-Kyle e Giornalista-Roger-Caleb. «Se mi stringi così la mano potremmo dare nell'occhio.»

«E perché?»

«Perché adesso sembri una donna adulta sull'orlo di una crisi isterica e io la tua infermiera» borbottò Hope. Flaminia non diede cenno di allentare la presa e la ragazza sospirò. «E va bene, se ti fa sentire più tranquilla, stammi vicina. Però non dire cose strane. Qui persino i muri ascoltano.»

Flaminia le rivolse un sorriso tutto denti e la seguì lungo il tappeto rosso che conduceva nella sala principale del locale: si trattava di una stanza ampia, illuminata da una luce calda, in stile anni '20. In quel periodo c'era stato un grande ritorno alle mode del secolo passato, con tanto di smoking gessati, cappelli da gangster e bastoni da passeggio col pomello placcato d'argento. Le donne erano avvolte in abiti attillati dalle tinte vivaci, e portavano dei cappellini minuscoli fissati su un lato della testa con delle forcine. C'erano tanti pizzi e fiocchi, e le facevano sembrare delle caramelle alla frutta: quegli abiti erano del tutto diversi rispetto alle noiose e pratiche tute monocrome che tutti indossavano nel mondo reale.

Flaminia e Hope in confronto alle scrittrici del club indossavano degli abiti molto scialbi, e quest'ultima manifestò il suo fastidio con un brontolio.

«Non potevano avere dei vestiti decenti anche i nostri personaggi, ah? Che ne so, un bel tubino color pesca o qualcosa del genere, e una bella tuba mignon verde pistacchio!»

Un personaggio che accusava delle persone vere di essere personaggi... un personaggio che indossava i panni di una persona reale, che in tal modo diventava personaggio... a Flaminia stava venendo il mal di testa.

«L'importante è scoprire dove vanno per trovare l'ispirazione» sussurrò la ragazzina. «Guarda, Kyle si è già ambientato benissimo.»

Hope seguì con lo sguardo l'indice di Flaminia: Kyle si era seduto su una poltrona in lucida pelle rossa e stava fumando una pipa dall'odore pungente. Una piccola folla si era radunata attorno a lui e lo stava guardando come se non volesse perdersi neanche una parola.

«Si adatta in fretta alle comodità» borbottò Hope. «Meglio andare a ricordargli perché siamo venuti qui.»

«No, aspetta, lasciamolo fare» sussurrò Flaminia. «Magari riesce a scucire qualcosa a quegli scrittori!»

Hope sgranò gli occhi – non avrebbe mai creduto che il cervello di Flaminia fosse realmente in grado di partorire delle idee fruttuose – e le diede un buffetto sul braccio in segno di approvazione. Recuperarono Caleb, che si era avvicinato al bancone della barista e stava bevendo il suo secondo cocktail.

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