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La biblioteca era tranquilla; la sibilla se ne stava seduta in una poltrona accanto al fuoco. Ella indossava un mantello rosso e un cappello nero a forma di cuffia, legato sotto il mento da un fazzoletto di tela.

Sulla tavola vi era una candela spenta.

La zingara era chinata verso il fuoco e alla luce della fiamma leggeva un libriccino, che aveva l'apparenza di un libro di preghiere, e nel leggere borbottava a voce alta, come fanno talvolta le vecchie.

Non interruppe la lettura quando entrai; pareva che dovesse terminare un paragrafo.

Io mi accostai al fuoco per scaldarmi le mani, ero tranquillissima e del resto la zingara non aveva nulla nell'aspetto che potesse turbarmi.

Chiuse il libro e mi guardò lentamente; la falda del cappello le celava una parte del volto, ma quella che potei vederne era singolare.

Aveva una carnagione scurissima.

Fissò su di me il suo sguardo penetrante e ardito.

— Ebbene, volete che vi dica la sorte? — mi domandò con voce penetrante come lo sguardo e dura come il volto.

— Non me ne importa molto; potete dirmela se volete, ma vi avverto che non ho molta fede nella vostra scienza.

— Ecco un'impudenza che non mi meraviglia in voi; me l'aspettavo; il vostro passo me l'ha annunciata quando avete varcata la porta.

— Avete l'udito fino?

— Sì, e l'occhio pronto e il cervello pure.

— Sono tre cose necessarie nel vostro mestiere.

— Sopratutto quando ho da fare con persone come voi; perché non tremate?

— Non ho freddo.

— Perché non impallidite?

— Non mi sento male.

— Perché non interrogate la mia arte?

— Non sono sciocca.

La vecchia represse un sorriso, poi prendendo una corta pipa nera, l'accese e si mise a fumare; dopo avere aspirato qualche boccata di fumo, raddrizzò la curva persona, tolse di bocca la pipa e guardando il fuoco, disse risolutamente:

— Avete freddo, siete malata e sciocca.

— Provatelo, — le dissi.

— Lo farò in poche parole: avete freddo, perché siete sola e nessun contatto ha fatto sprigionare la fiamma che arde in voi; siete malata perché non conoscete il più dolce, il più nobile e il migliore dei sentimenti che il cielo abbia accordato agli uomini; siete sciocca, perché avete un bel soffrire, non inviterete mai quel sentimento ad avvicinarsi a voi, non fareste neppure uno sforzo per andarlo a trovare là dove esso vi aspetta.

Si rimise la pipa in bocca fumando con forza.

— Potreste dire lo stesso a tutti quelli che vivono soli e dipendenti in una grande casa.

— Sì, potrei dirlo, ma sarebbe vero, forse vero per tutti?

— Se fossero nella mia posizione, credo.

— Sì, nella vostra posizione; ma vi pare che vi sia una sola persona collocata esattamente nella vostra posizione?

— Sarebbe facile trovarne mille.

— Vi dico che stentereste a trovarne una. Se voi sapeste qual'è la vostra situazione! Siete vicinissima alla felicità, la toccate quasi. Gli elementi sono preparati; occorre un movimento solo per combinarli; il caso li tiene separati, che sieno riuniti e il risultato sarà bello.

JANE EYRE di Charlotte BronteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora