Capitolo Tre

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Le settimane seguenti, la voce non tornò.
Ma Alice non era più la ragazza che era una volta, diventò violenta, si arrabbiava per qualsiasi cosa, aveva improvvisi momenti di riso usciti dal nulla e spesso ricorreva alle mani o rubava cose agli altri.
Era strano, si sentiva come se la sua mente fosse stata sostituita da quella di qualcun altro.
E, ovviamente, dopo essere stata espulsa, non ebbe altra scelta se non restare nella sua stanza, non mangiando, non parlando, evitando completamente ogni tipo di interazione.
Questo continuò per parecchi mesi, fino a che le sue emicranie peggiorarono, arrivò a pregare, urlando e piangendo, perché tutto questo finisse.
Non poteva andare da un medico o uno psicoterapeuta, loro l'avrebbero sicuramente etichettata come malata e l'avrebbero rinchiusa in un manicomio.
Non poteva permettere che accadesse.

Un giorno un violento scontro, dovuto al fatto che il signor Rogers fosse ubriaco, le provocò diversi tagli sulle braccia.
Mentre piangeva e la sua mente pressava ancora di più nella sua scatola cranica, iniziò a sentirsi sempre più debole, finché non vide tutto nero.

Quando si svegliò, si ritrovò sdraiata sul pavimento della sua camera, i suoi muscoli le dolevano, come se fossero a stati fatti a pezzi, per poi essere ricuciti assieme.
Si alzò, il mal di testa era sparito, ma si sentiva tanto stanca ed affamata. Scese per le scale, incespicando verso la cucina, per poi aprire violentemente il frigorifero.
Niente, era quasi completamente vuoto.
Sospirando, si coprì la testa con il suo cappuccio, si infilò le sue scarpe nere e uscì di casa.
Dirigendosi verso il più vicino negozio di alimentari, passò davanti a un negozio di televisori e una notizia in particolare trasmessa in una delle TV catturò la sua attenzione:

«Ultime notizie! È stato ritrovato il corpo di un uomo, ferito a morte da un'arma contundente. Saranno date più informazioni alle 23:00.» disse la ragazza mora del TG.

Alice continuò a camminare verso casa, tenendo le buste della spesa lungo i fianchi; il freddo vento autunnale soffiava su di lei.
Quando entrò a casa, non c'era traccia del signor Rogers.
Sollevata, gettò le buste sul tavolo della cucina, prendendo poi una lattina di zuppa da prepararsi per cena.
Accese la TV, scegliendo poi il canale del telegiornale, in cui appariva la stessa donna mora che aveva visto nella TV in vetrina, che teneva nelle sue mani curate dei fogli.
«Un uomo è stato ucciso alle 18:15, oggi, il suo corpo è poi stato trovato in un vialetto di Richards Street.
L'uomo era di razza caucasica, la cui età si aggirava ai 40 anni.
La maggior parte degli arti e persino la testa non sono stati ritrovati, così non è stato possibile riconoscerne l'identità...» la donna continuò ad aggiungere insignificanti dettagli. Dopo aver finito la zuppa, salì al piano superiore.
Si fermò quando sentì l'odore di qualcosa di putrefatto.
Continuò a salire, finché non si ghiacciò.
Un martello giaceva nel corridoio, coperto di sangue.
In preda al panico, corse nella sua stanza e sbatté la porta alle sue spalle. Respirava pesantemente e il battito del suo cuore le rimbombava nelle orecchie, finché non emise un urlo raccapricciante.

La sua stanza era totalmente ricoperta da cerchi segnati col sangue, dalle pareti fino al soffitto.
E, sopra al suo letto, v'era la testa martoriata del signor Rogers.
Corse fuori dalla stanza, ma, inciampando sul manico dell'arma contundente, cadde per le scale. Quando giunse alla fine di esse, la sua testa sbatté contro a un mobile, facendole perdere i sensi.
Si risvegliò in una stanza buia e, quando si alzò, notò che era piena di specchi.
Ovunque guardasse, vedeva il suo riflesso, il suo volto malaticcio e gli occhi stanchi.
Il suo cuore iniziò a farsi pesante. Dov'era?

«Non sei felice? Se n'è andato, non ti farà più del male.»

Disse la stessa voce che sentì mesi prima.
Alice si guardò intorno, per capire da dove venisse la voce, ma riuscì solo a vedere il suo patetico riflesso.

«CHI SEI TU? VOGLIO DELLE RISPOSTE!» urlò a pieni polmoni.

Una risata riempì la stanza.
«Non ti ricordi di me, Alice? Sono la tua migliore amica, la tua prima amica. Io sono Zero.»

Ci fu un lungo silenzio.

«Mi hai immaginata perché ti potessi proteggere. Ma se fossi rimasta immaginaria, non ti avrei potuta aiutare.
Così ho dovuto trovare un modo per poterti sempre proteggere.
Sono semplicemente parte della tua coscienza, così, se considerato ciò, io sono te.» sussurrò la voce.

«No! NO, TU NON SEI ME! Tu non puoi... a meno che... sei un demone?» chiese Alice, scossa.

«No, ovviamente non lo sono. Sono un'amica, qui per fare ciò che mi è stato richiesto per tutti questi anni. Ma hai cominciato ad ignorarmi, dopo la morte dei tuoi genitori.
Sono stata davvero sola, Alice.
Ma sto diventando sempre più forte, non puoi più controllarmi, Alice.» disse la voce sinistra.

"I miei genitori? Aspetta, ricordo!" pensò Alice.

«TU! Tu mi hai detto di attraversare la strada! Tu mi hai fatto uccidere i miei genitori!»

Le lacrime scorrevano sulle sue calde guance.

«Beh, sì. Dovevo, non ci avrebbero lasciate giocare insieme. Non avrei potuto aiutarti, finché ci fossero stati loro a proteggerti. Dovevano andarsene perché io potessi fare il mio lavoro. È quello che mi hai chiesto di fare tu, dopotutto. Proteggerti.»

Alice smise di piangere e rimase ferma, in silenzio.
Il suo intero corpo era pervaso da un'incontrollabile rabbia.
Senza preavvisi, diede un pugno a ognuno degli specchi.

«Mi hai portato via tutto! Tutti se ne sono andati. Non ho più nessuno! Non sono niente!» urlò, mentre continuava a prendere a pugni le superfici che riflettevano la sua immagine, finché le nocche non cominciarono a sanguinarle.
Mentre correva verso lo specchio successivo, inciampò su qualcosa. Quando guardò cosa fosse, vide il martello ricoperto di un liquido color cremisi.
Lo prese e con quello colpì tutto ciò che le capitava sotto tiro.
Pezzi di vetro si sparsero per la stanza, ferendo Alice in diversi punti. I tagli erano profondi, ma ormai non sentiva più nulla.
Si sentì praticamente vuota, a quel punto.
Il suo attacco di rabbia si arrestò, riprese bruscamente fiato, restando in piedi sui pezzi di vetro che rivestivano il pavimento della stanza, sporchi del sangue che colava dalle sue mani.
Si guardò intorno, finché non vide il suo riflesso in un angolo della stanza. Stava sorridendo.
Gli andò incontro, per poi colpirlo con il martello.

Zero [Ita]Where stories live. Discover now