Come poteva far sì che i suoi amati genitori non litigassero così spesso? Perchè da quando ne aveva memoria, la mora non faceva altro che sentirli discutere quando per un motivo o per un altro. Motivi sciocchi, che riguardavano la pulizia dei piatti o dei calzini lasciati un po' ovunque in camera da letto. Spesse volte se lo chiedeva, Anne-Marie, come i grandi potessero passare ad uno stato di grande pace ad uno di completo odio - insensato, a dirla tutta. La mamma le raccontava che qualcosa non andava più tra loro, ma che fosse solo uno sciocco periodo. Il papà invece non si faceva vedere per ore, per giorni alcune volte e la figlia chiedeva spesso alla sua mamă dove fosse effettivamente andato il padre. 

Non riceveva mai risposta. Un flebile sorriso appariva su quel volto stanco, di una donna che non sapeva più cosa fare con ciò che era rimasto del suo cuore. E questo la piccola lo percepiva. Con la madre era sempre rimasta in buoni rapporti e con lei si confidava, si sostenevano a vicenda il più possibile. Eppure sapeva che cosa mancava alla mamma: l'amore. Lo sapeva perché gliel'aveva detto sussurrando tante volte parole malinconiche, tra quelle carezze notturne e quei pianti nascosti agli occhi della figlia, con quei suoi lunghissimi capelli neri. Come i suoi. Non a caso venivano scambiate per sorelle, ogni volta che uscivano a comprare verdure al mercato, che si teneva ogni martedì e sabato nella piazza principale di Bran. Ma Anne-Marie lo sentiva, lo percepiva quel vuoto che si nascondeva nelle pentole pulite nelle credenze della cucina, in quel letto sempre ordinato e mai colmo. In quella poltrona abbandonata a sé stessa all'angolo di un soggiorno mai letteralmente illuminato. 

  «Mamă, sai quando tornerà tata..?» 

 «Figliola mia, non dovresti chiedermi queste cose: sai bene che è fuori per lavoro!» Grațiela continuava a lavare quel piccolo piatto che aveva in mano già da qualche minuto e che continuava a strofinare con tanta prepotenza e delicatezza allo stesso tempo. C'era sempre qualcosa d'elegante in quella donna, anche mentre puliva le stoviglie. «Vedrai, tornerà presto! Non dovresti essere a letto piuttosto, signorina? Sono le ventitré passate!» 

 «Non ho sonno..»  sussurrò la figlia appoggiandosi con entrambe le mani unite all'angolo del muro che dava sul soggiorno, con la guancia che spingeva su di esse. I due smeraldini che aveva come occhi saettavano flebilmente da una parte all'altra della poltrona giallognola ferma davanti al caminetto spento e pieno di cenere. La madre di tutta risposta spense subito l'acqua con un colpo di polso, facendo schioccare la lingua sul palato. Non era effettivamente un buon segno, in particolare perchè quegli occhi osservavano la natura fuori dalla finestra con un certo nervosismo.

    «Signorina, non m'interessa! Domani avrai una lunga giornata di scuola, dunque vedi di filare a letto!» la bimba non sopportava quel tono di voce così autoritario, non quando incominciava a pescare tra i ricordi  il volto di suo padre che con il sigaro tra l'indice ed il medio continuava a leggere il quotidiano del paese. Anne-Marie ricordava bene il nome: Azi. "Oggi" nella loro lingua, scritto a grandi caratteri sulla prima pagina. Spesse volte la mamma si lamentava di come il salotto puzzasse in effetti di sigaro, ma alla bambina non importava. Amava stare sulle ginocchia di quel padre dagli occhi che parevano pezzi di ghiaccio incastonati in un cranio, che quando parlava la sua voce graffiava l'aria ed era così terribilmente dolce quando rideva con lei. La piccola fece un breve sospiro tornando con lo sguardo verso la mamma che, a quanto pareva, l'aveva osservata con occhi indignati per tutto il tempo. Forse aveva ragione: doveva solo attendere il ritorno del suo papà, la piccola bambina. «Avanti, fila in camera tua!»

Anne-Marie puntò lo sguardo su, verso l'ultimo gradino di quella piccola scalinata di legno che ad ogni suo piccolo passo scricchiolava in maniera a dir poco snervante. La piccola fece una smorfia, mentre appoggiava la sua manina sinistra sulla scala. Nonostante avesse dodici anni e avesse almeno il diritto di scegliere quando andare a dormire, la madre pareva preoccuparsi tanto del suo sonno. In particolare quando la figlia chiedeva del padre.  

The ScreamWhere stories live. Discover now