Prologo

226 27 15
                                    

Non era mai stato semplice per nessuno vivere senza un padre. 

Non lo è tutt'ora, in fondo.

Adesso è semplice dire "addio" ad una persona che si ha amato per giorni, mesi o persino anni. Tutto finisce come in una nuvola di fumo, sentimento disintegrato da un fulmine a ciel sereno. 

"Fulmine a ciel sereno"..si chiama così, adesso, l'amore che di punto in bianco svanisce? 

Se poi si può chiamare amore quel sentimento che ti porta a cambiare completamente te stesso, fino a distruggere la persona che ti è accanto e che ti reputa la cosa più bella che possa aver visto in anni di sofferenze o in un Mondo senza significato. Eppure niente accade per caso, in questa vita governata da una sola legge: tutto non dura per sempre. Che sia la gioia o la tristezza, niente persiste e tutto scorre, come un dolce e gentile ruscello che porta via con sé tutto ciò che incontra. La verità è che l'umanità non ha ancora compreso cosa realmente sono i sentimenti e li confonde, li mischia per creare solo una nuova forma di confusione che porta a illudersi ed a tuffarsi in una realtà di "rose e fiori" mascherando così i reali problemi di una coppia.

L'amore non è più amore, non lo è da chissà quanto tempo ormai. O, forse, questo sentimento non è mai esistito! 

Ed è ciò che mi sono chiesta sin da quando ne ho memoria. 

Ma da quell'amore, ne sono certa, nacque tanto tempo una Piccola Rosa.

Non una rosa qualunque, rossa e ricca di spine. Più che di spine era ricca di petali neri come la notte e dolcemente sfumati di un rosso che solo alla luce del Sole si poteva vedere. Era nata come poche della sua specie: con la Luna piena del primo giorno d'inverno, due mesi prima del previsto e con tanta, troppa fretta in una casa di una coppia rumena. Se così si poteva definire. Perchè era nelle terre della grande Transilvania che lei aveva iniziato a muovere i primi passi verso un'esistenza di cui lei sarà padrona o meno.

Il suo nome era Anne-Marie.

La madre Grațiela aveva partorito naturalmente, senza alcuno sforzo nella sua umile dimora con il marito di fianco, che da lì a poco sarebbe svenuto alla vista di quella scena e con il dottore venuto dal paesino più vicino, solo per assistere la donna durante il parto. Le urla della madre inondavano la piccola casa di mattoni, divorata a tratti dall'edera e muschio che qui e là decoravano quei pichi buchi che si erano creati tra un mattone e l'altro. La bimba, che dal colore della sua pelle pareva già cagionevole, fece sin da subito preoccupare sua madre e suo padre per la sua salute, nonostante il dottore si assicurò che fosse completamente sana seppur nata prematuramente. Già dallo sguardo che la mamma ebbe durante il periodo d'incubazione della piccola, si poteva intuire quanto fosse agitata per la salute della bimba e quanto pareva terrorizzata per il futuro. Aveva il brutto vizio di mangiarsi le unghie - in particolare del pollice destro, in continuazione, mentre guardava persa il corpicino della sua piccola che ancora non scalciava e non piangeva. Con il passare del tempo cresceva in perfetta salute, la sua rosa e si diceva che fosse la più bella ragazzina del paese, anche se  il padre non ne era pienamente d'accordo. In molte la invidiavano per la sua lunga e folta chioma scura come la pece, nonostante Anne-Marie non se ne prendeva chissà quanto cura. In fondo, non aveva mai modo di andare dai parrucchieri o spendere soldi su soldi per i prodotti per capelli. Eppure la sua chioma brillava come ricoperta di diamantini alla luce solare, per quanto fosse bella e sana. 

In fondo, per quanto non amasse uscire con gli anni a venire, la notizia della sua nascita aveva raggiunto il paesino più vicino. E dunque la conoscevano già tutti - o quasi.

Bran, paesino della Transilvania. Lontano abbastanza da dove abitava la nostra piccola rosa, ma riusciva comunque ad arrivarci a piedi passando per i boschetti che lei amava tanto. Sin da neonata Anne-Marie era stata spesso a stretto contatto con la natura, in particolare con animali e piante. Seppur ella non ne capiva molto per i suoi dodici anni, ma era fermamente convinta che i pini erano i suoi amici più cari e che i lucherini cantavano per lei dai grandi rami su cui erano appollaiati. Era un modo per evadere dalle disgrazie che avvenivano nella sua dimora. Spesse volte chiedeva aiuto ai pini, rivolgendosi a loro sussurrando parole in rumeno, che tuttavia non ricevevano risposta. 

The ScreamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora