Idie alzò lo sguardo ambrato su di lui, se lo ritrovo più vicino di quanto avesse pensato e fu costretta a fare qualche passo all'indietro.

«L'ho fatto perché volevo avere qualcosa di..nostro- disse -un posto dove venire quando vogliamo, perché tu a casa sei da sola ed anche io»

Le rivolse uno sguardo strano, come se avesse voluto dire altro, ma sapeva di non riuscirci ancora.

«L'ultima volta che casa mia era occupata siamo andati in albergo e tu mi hai odiato per quello. Volevo rimediare, ho pensato per tutta la settimana di stare per fare una cazzata- rivelò sospirando -ma insomma..ormai ci sono»

Idie continuò a restare a debita distanza a lanciargli solo degli sguardi come per scoraggiarlo a farsi avanti.
Eppure era lei stessa a volerlo sentire vicino, anche a costo di restare senza fiato.

Paulo percorse con lo sguardo le gambe lasciate scoperte dalla gonna in tartan blu. Sospirò in modo sfacciato quando si accorse del modo in cui la maglia stretta andava ad accentuare le sue curve e -Dios- la stanza da letto era a pochi passi e lei non l'aveva neppure sfiorato.

«Ora, ti prego- deglutì -ti puoi avvicinare?»

La ragazza scosse il capo, sorridendo. Gonfiò le guance e fece un passo alla volta, piano come per aumentare quella sorta di tortura.

Quando gli fu davanti però, non sprecò altro tempo e subito gli allacciò le gambe intorno alla vita.





Idie si legò i capelli velocemente in una coda alta, lanciò un'occhiata verso il basso, dove era posizionato suo padre insieme agli altri dirigenti della squadra.

Erano le 18:30 e la Juventus stava giocando contro la Sampdoria.

Carolina al suo fianco si agitò rovesciandole un po' d'acqua addosso.
Alzò gli occhi al cielo, ma non disse nulla: la sua migliore amica non era mai nervosa, neppure durante un compito in classe, ma quando si trattava di Juve, diventava improvvisamente rossa in viso, la vena sul collo iniziava a pulsare violentemente e malediceva tutto e tutti.

«La vogliamo vincere o no? -domandò più a se stessa che a Idie -Paulo cammina in campo»

Idie si ritrovò a sbuffare ma non poteva far altro che darle ragione.
Paulo in campo non brillava, era opaco.

«Sembra stanco» annuì sua nonna alla sua sinistra.

«È solo stressato» mormorò Idie, e quando si rese conto di aver pronunciato quelle parole con una un tono di voce così dolce e comprensivo, si strinse nelle spalle magre «Forse, che ne so. Problemi con la ragazza o con la famiglia» borbottò cercando di riparare alle parole dette in precedenza.

Carolina nascose un sorriso dietro la mano, ma le lanciò lo stesso un'occhiata divertita.

Sua nonna invece continuò a mantenere lo sguardo sul campo da calcio, mentre lei sudava freddo per essere stata così imprudente.

Lo era spesso, ultimamente.
Lo era stata la notte di Real-Juve, quando l'aveva lasciato entrare in casa sua. Continuava ad essere imprudente quando si parlava di lui e cominciava improvvisamente a mostrare interesse.
Quando bastava un nome e un cognome gridato dallo speaker per farla tremare.

Si chiese quanto ancora potesse andare avanti, in quel modo, nascosti dal mondo.
Allontanò quel pensiero fastidioso e ritornò a concentrarsi sulla partita.

Ad inizio secondo tempo, la Juve conduceva 2-0 e al sessantasettesimo minuto, Paulo Dybala fu sostituito in campo.

Si alzò di scatto «Vado a fumare» avvisò le due donne, allontanandosi e beccandosi un'occhiataccia da parte di sua nonna.


𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.DDove le storie prendono vita. Scoprilo ora