«Mi devo cambiare» sbottò infine.

Lui, invece, continuava ad avere lo sguardo fisso sulla strada, attento a non prendere buche.

«Cosa?» le chiese schiarendosi la voce.

«Mi devo cambiare» spiegò, muovendosi sul seggiolino di pelle bianca « Sono scomoda così»

Paulo si soffermò ad osservare il suo abbigliamento: una gonna, larga nera e una camicia bianca che cercava di nascondere qualsiasi tipo di forma, e un cardigan è sformato di un triste colore grigio.

Deglutì a vuoto, cercando di riprendere la salivazione persa.

«Che devo fare?» chiese ancora, e si rese conto di dover sembrare un ragazzino di dodici anni davanti ad una bella ragazza.

Anche Idie notò quella sorta di tensione: Paulo stringeva le mani nervosamente al volante e le nocche diventano bianche, le vene invece pulsano velocemente.

«Niente, tanto i vetri sono oscurati» alzò le spalle e mi spostò su i sedili posteriori con velocità e poté giurare che-anche se per un solo minuscolo istante- Paulo Dybala le avesse lanciato uno sguardo spaventato e allo stesso tempo incuriosito.

Lo stava provocando, di questo Paulo era certo.

E si sentiva messo in difficoltà, in discussione.

Perché era lì?

Perché aveva preso la macchina e aveva guidato fino a quella scuola privata?
Perché non era rimasto a casa a riposare?

E mentre si torturava la mente con quelle domande che proprio non volevano trovare una risposta, Idie si stava cambiando, lentamente.

Per un brevissimo istante, il ragazzo lasciò vagare lo sguardo su quel corpo magro, ma tonico.

«Non mi guardare il culo» lo avvertì lei, e si sentì una perfetta ipocrita, perché voleva che la guardasse esattamente come lei guardava lui.

Ritornata al suo posto,
infilò l'uniforme nello zaino, non prestando troppa attenzione a non stropicciarla, schiacciata tra i libri di letteratura francese e matematica.

Idie si perse ad osservarlo di profilo, ed anche se con la mascella contratta e lo sguardo serio, ai suoi occhi sembrava un bambino.

Si disse che avrebbe potuto avere la sua stessa età, frequentare la sua stessa scuola e avere una vita normale.

Invece non era così.

«Domani giochi?» chiese continuando a fissarlo: sapeva che sarebbe arrossita se lui si fosse girato a guardarla, ma non le importava.

Non riusciva a staccargli gli occhi da dosso.

«Forse» restò sul vago, e poi fu lui a provocarla «Ci vieni?»

«Mi vuoi lì?»

Per un breve istante la degnò della sua attenzione, e di poter vedere il colore dei suoi occhi.

Apnea.

Il silenzio coper un po', interrotto solo dalla musica che proveniva dallo stereo.

𝕿𝖗𝖚𝖊 𝕮𝖔𝖑𝖔𝖗𝖘|| P.DWhere stories live. Discover now