7- Anger

35 6 2
                                    

Rabbia: quando si sente un bisogno mostruoso di fare a pezzi qualcosa, spesso dovuto alla sensazione di essere stati sminuiti o insultati (specie se da qualcuno che riteniamo non possa permettersi di farlo). É una reazione involontaria al dolore per essere stati trattati ingiustamente, e dona un sollievo, però, temporaneo.

***

ÄßHTØN

Sbuffo alzandomi dal letto piuttosto scazzato. Chi cazzo é che suona alla porta con così tanta insistenza? Se non ti apro per le prime tre volte, dovresti fartele due domande.

Scendo le scale di fretta -rischiando di rompermi l'osso del collo più volte, tra l'altro- ed urlo «Arrivo! Arrivo!» non appena suonano un'ennesima volta.

«Si può sapere chi è che suo-» mi blocco sulle mie parole sorpreso di vedere dei capelli rossi fuoco e due gemme verdi fissarmi con una certa intensità, devo ammettere.

«Cazzo ancora tu!» sospiro cercando di chiudergli la porta in faccia, ma subito la blocca col piede tenendola aperta.
«No aspetta! Volevo solo vedere come stavi, oggi non c'eri a scuola» tenta di giustificarsi, guardandomi preoccupato.

Alzo gli occhi al cielo. «Okay, mi hai visto. Hai appurato che non sono morto. Ora sloggia Michael» lo guardo incazzato, sentendo il sangue ribollire nelle vene.

Chi si crede di essere questo qui, a tornare come se nulla fosse?
Non dovrebbe nemmeno rivolgermi la parola.

«C'è qualcuno in casa, Ash?» domanda a bassa voce, tentando di guardare oltre le mie spalle.
«Non c'è nessuno in questa casa da anni, oltre me, e lo sai benissimo» sbotto con odio, facendo un respiro profondo e andando in cucina.

Casa mia è sempre vuota, sin da quando ho fatto quattordici anni e mia madre ha iniziato a girare il mondo per non dover affrontare il vuoto nel suo letto.
Non poteva andarmi bene anche a me, come a Michael? Almeno un genitore dalla mia parte, no?

Noto di sfuggita l'orologio appeso alla parete, rendendomi conto che sono solamente le dieci e mezza del mattino, e che quindi anche Michael dovrebbe essere a scuola.

Prendo una birra dal frigo, e guardo Michael entrare con passo indeciso in cucina.
«Non ti fa bene» mi guarda triste, ed alzo gli occhi al cielo.
«Che cosa? Bere una birra?» gli lancio uno sguardo di sfida.
Ma che diavolo vuole da me? Come se gli importasse davvero.
«Beh, bere alle dieci del mattino non è la cosa migliore da fare, ma non mi riferivo a quello» sussurra abbassano lo sguardo a terra.

«Come, scusa?» assottiglio lo sguardo sentendo la rabbia crescere. Non è che ha scoperto di-
«I-Io, ecco, posso aiutarti Ash, so come aiutarti» mi guarda mordendosi il labbro, come se avesse paura. Beh immagino sia così, visto le sue numerose fobie.
E fa bene.

Poso la birra sul tavolo, stringendo i pugni e avvicinandomi a lui.
«Pensi davvero che io abbia bisogno di aiuto? Del tuo aiuto? Credi che sia solo un drogato di merda, mhm?» respiro profondamente, sentendo l'impulso di fare a pezzi qualcosa, o qualcuno.

«No, io-» lo spingo contro il muro cercando di trattenermi dal prenderlo a pugni.

«Non puoi permetterti di insultarmi in casa mia, pezzo di merda!» lo sbatto con forza contro il muro, urlandogli in faccia.

«Non sei un drogato, Ash. Sei molto di più di quello» sussurra guardandomi negli occhi, e quasi gli credo, quasi mi sembra di riconoscere la sincerità di quando eravamo ancora bambini che si rincorrevano in giardino.

«Tu non sai niente di me» mormoro, allentando la presa sulle sue spalle.
«So che soffri, e che sei solo. Ma sono qui per te, se mi lasci entrare» appoggia una mano sopra la mia, ancora incatenata sul suo corpo.

«Ti prego, vattene» sussurro, abbassando lo sguardo, nascondendo la fragilità dei miei occhi lucidi.

«Va bene» mormora di rimando, accarezzandomi la mano.
«Ma ci sono» ed in un paio di secondi, la casa torna vuota, e così anche il mio cuore.

Sugar-Coated Misery || MashtonWhere stories live. Discover now