cap1 Sangue e Neve

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"È tutto così strano, io mi sento strano" Uriel aveva gli occhi puntati verso il cielo scuro, qualcosa di candido cadeva sul suo viso freddo e minuscolo, era la prima volta che vedeva la neve. Si sentiva pesante e non riusciva a sollevare la schiena da terra, aveva dolore ovunque una sensazione che non aveva mai provato. Sorrise tra se è se sentendo il sapore pungente del sangue fresco. La Luna faceva capolino nell'unico angolo di cielo scoperto, come a giudicarlo di ciò che aveva fatto.
- Non glie la farò passare liscia, hai sentito! -
Urlò così forte che il pugno chiuso iniziò a sanguinare, stretta nella sua mano una piuma del colore dell'oro che brillava come un diamante.
- Io te la farò pagare cara! HAI SENTITO? TE LA FARÒ PAGARE CARA, FINCHÉ AVRÒ LA FORZA DI ALZARMI IO TI TOGLIERÒ LA VITA CON LA MIE MANI! -
La Luna spettatrice si coprì come se avesse finito di ascoltarlo e il ragazzo stremato svenne tenendo stretta quella piuma che per lui era più importante della sua stessa vita.
Quella stessa sera Clare si svegliò sussultando nel letto, il petto le faceva male e non riusciva a respirare, con una mano riuscì ad arrivare al campanello che aveva accanto al suo letto, in pochi secondi sua madre si fiondò nella stanza prendendo la mascherina per l'ossigeno che era caduta a terra.
- È tutto ok tesoro, respira! - le braccia della madre la avvolgevano e lei si accorse che stava tremando, tremava sempre quando le era vicina e alcune volte piangeva anche. Clare era stata da sempre una ragazza fragile ma negli ultimi anni si era ammalata particolarmente, i medici le avevano detto che il suo corpo si stava deteriorando dall'interno e che non c'era una cura per quello che le stava accadendo, potevano solo alleviargli il dolore ma non sarebbe arrivata al suo ventesimo compleanno. Con una mano si tolse la mascherina spostandosi leggermente, odiava quando gli prendevano quella crisi, non per lei ma per sua madre.
- Adesso sto molto meglio grazie.
Non era affatto vero, sembrava che una bomba le fosse esplosa nel petto. La madre le scostò una ciocca di capelli dietro le orecchie, quando era bambina tutte le invidiavano quei capelli corvini e quegli occhi grigi come un cielo tempestoso, adesso invece tutto di lei aveva perso luce, era magra e quegli occhi che prima brillavano adesso erano soltanto delle sfere vuote.
-se hai bisogno sono in cucina- disse sua madre guardando il campanello. Lei acconsentì a se ne andò lasciando come sempre la porta aperta. Prese un respiro per togliersi la sensazione di schifo per se stessa di dosso ma niente da fare, lo specchio attaccato davanti il suo armadio le ricordava ciò che era e cioè un guscio vuoto. Si voltò con le lacrime agli occhi pensando a quando sarebbe finita, quando avrebbe esalato il suo ultimo respiro. La mano si mosse da sola sul suo corpo arrivando al torace ossuto, il suo cuore batteva così piano che quasi non lo sentiva. Clare era arrabbiata, perché non poteva fare quello che facevano le normali ragazze? Perché Dio non le aveva concesso una vita normale? Quale scopo aveva la sua vita se non soffrire e far soffrire le persone che aveva accanto? Ovviamente non sapeva dare un risposta a quelle domande che la perseguitavano ogni giorno. Guardò fuori la finestra e si rese conto solo allora che stava nevicando. Arrancando e tremando si avvicinò alla finestra aprendola, l'aria era così pungente da farle male ma per la prima volta dopo tanto sentì il suo cuore batterle forte. La neve stava iniziando ad attaccarsi a terra, dalla finestra della sua stanza vedeva solo alberi, i dottori le avevano detto che una casa in campagna avrebbe giovato alla sua salute ma così non fu. Guardava la neve, un fiocco le cadde sulla mano.
- In fondo sono anche io un fiocco di neve, anche io sono fredda e in un attimo non ci sarò più. -
Pensò al suicidio per la prima volta in modo concreto, era così palpabile da poterlo toccare.
- Sono stanca, davvero stanca.
Si lasciò andare, non provò paura ne rimpianti, anzi dentro di lei si fece largo un sentimento di liberazione, come se con quel gesto fosse libera di andare avanti, cosi lo fece e sporgendosi di buttò. Il colpo la tramortì, non era ancora morta, la luna la osservava con quella calma che quasi la coccolava, spostò la testa di lato, la neve si stava tingendo di rosso e anche se avrebbe dovuto farle ribrezzo lo trovava così intenso, il rosso che si fondeva al bianco la morte che piano piano risucchiava la vita. Quando tutto il bianco divenne rosso chiuse gli occhi consapevole che non li avrebbe più riaperti. La madre di Clare uscì fuori e in preda al panico e ad un pianto irrefrenabile prese il telefono chiamando un'ambulanza, le sue urla erano strazianti, non riusciva a credere che sua figlia si fosse uccisa. Prese la ragazza abbracciandola forte, non aveva mai visto tutto quel sangue e sapere che veniva da Clare la dilaniata dentro. Urlò e pianse finché non arrivò l'ambulanza.
- Vi prego salvatela, la mia bambina!
I paramedici la intubarono d'urgenza cercando di far battere nuovamente il suo cuore e iniziò così la corsa disperata in ospedale.
Uriel dopo essersi ripreso parzialmente dalla caduta aveva trovato una vecchia fabbrica abbandonata, stava accendendo il fuoco per scaldarsi quando un lampo squarciò il cielo, stava succedendo qualcosa lassù e non era nulla di buono, quella era la prima cosa positiva da quando era caduto, nella sua mente continuava a ripetersi che doveva riprendersi il prima possibile e cominciare la sua missione, perché se pensavano che facendolo cadere tutto si sarebbe risolto si sbagliavano, avrebbe trovato il modo di rientrare in paradiso a costo di morire lui stesso, doveva solo abituarsi a quel mondo dove tutti i suoi sensi sembravano amplificati perfino quelli che non sapeva di avere come il dolore e la fame. Si toccò la schiena sotto ciò che fino a poco tempo prima era un'armatura angelica, i tagli dietro le scapole erano netti e faticavano a guarire, ancora non aveva il pieno controllo dei suoi poteri. Lo stomaco gli brontoló forte così decise di uscire almeno per procurarsi qualcosa da mangiare. Era da gelsrele fuori e tutti lo gurdavano con sospetto e non gli ci volle molto a capire perché, era conciato da schifo e perdeva sangue dalla schiena. Non ci badò, l'unica cosa che gli interessava al momento era nutrirsi e come seconda cosa doveva trovare degli abiti adatti. Camminò per ore ma non trovò nulla, tentò di entrare in un ristorante ma venne brutalmente cacciato neanche fosse un cane. Finì in un vicolo dove in un bidone trovò l'avanzo di un pezzo di pane, quasi gli si avventò sopra, era disgustoso ma era l'unico nutrimento che aveva trovato, tentò infine di rialzarsi ma svenne ormai in ipotermia, l'unica cosa ricordava erano degli stivali neri e una luce che lampeggiava nella notte.

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