III. Il mistero

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one vision


God works in mysterious ways

one man

one goal

one mission


Un uomo in uniforme spuntò alle sue spalle. 

- Che succede? ti senti male?, chiese. Guardò verso il parapetto e notò lo zaino di Serena. 

Sono tue quelle cose?

La ragazza fece uno sforzo per sembrare normale anche se in quel momento sentiva la testa pulsare e il cuore pesante come se qualcosa le stesse premendo forte sul petto.

- Sì, mi scusi ma ho avuto un capogiro e mi sono spaventata.

L'uomo la guardò per un attimo.

-Eh sei un po' palliduccia. Forse è meglio se entri nel pianerottolo e ti siedi. 

Si avvicinò alla ragazza e la invitò a entrare. 

-Non ti preoccupare, te lo prendo io lo zaino e i libri. Poi si soffermò un attimo sullo sgabello. - Ma pure questo è tuo?

Serena dubitò sulla risposta e alla fine negò. Non voleva che pensasse  cose strane.

Meglio che torno a casa, pensò.

-La ringrazio. Ora comunque mi sento già meglio. Credo che andrò a casa. Magari è solo un po' di influenza.

La guardia fece per dire qualcosa ma Serena sparì dentro le porte dell'ascensore. 

Quando la porta scorrevole si spalancò,  Serena respirò profondamente l'aria fresca che l'accarezzò sul viso pallido. Era sconvolta da quanto aveva appena scoperto.  

Ci sono salita davvero lassù, allora?  Ma come è possibile  che sono ancora qui, viva? Dovrei essere morta. Mia madre, i miei compagni dovrebbero essere in lutto per me. A chiedersi com'è accaduto, di chi è la responsabilitàò e tutte quelle altre menate.

Camminava in fretta. La sua mente pensava in fretta. Le tempie le sbattevano.  Voleva buttarsi sul suo letto, dormire. Pensò che se si fosse riaddormentata, al risveglio avrebbe scoperto che tutto quello che  ricordava fino a quel momento era solo uno strano sogno.

Aprì la porta di casa e per fortuna scoprì che sua madre non era ancora rientrata. Quello era il giorno in cui aveva la mezza giornata e di solito pranzavano insieme. Ma lei non aveva alcuna voglia di mangiare né di rispondere alle domande di sua madre. Ma è successo qualcosa a scuola? Hai litigato con i compagni?  Hai preso un brutto voto? 

Era limitato il suo numero di domande. Tutto ruotava attorno al cibo (Hai mangiato?), la scuola (Hai fatto i compiti?) e alle amicizie (Se', ma stasera non esci?). Se solo si fosse fermata a guardare un attimo avrebbe scoperto che da qualche mese a scuola ormai aveva mollato tutto: il registro elettronico brillava di 3, 4 e 5 in rosso. 

L'avevano mandata a chiamare, peccato che lei non si fosse accorta che nella domanda Serena aveva messo il proprio numero di cellulare. E le comunicazioni scritte,  quelle le prendeva sempre lei che rientrava a casa prima della madre. E se avesse aperto un quaderno o il diario scolastico, avrebbe visto solo disegni (teschi, frecce) e letto frasi (Vivere, sognare, cosè la vita? Dormire, morire? Questo è il dilemma!). E trovato scarabocchi.

Ma no, lei era la brava ragazza, Serena. Al di sopra di ogni sospetto. 

E che importava se era un po' su di peso? Se con quelle tute che le comprava sembrava una mongolfiera? 

Le sue amiche delle medie erano scomparse tutte. Avevano tutte nuove amici ora. Uscivano il sabato sera, potevano rientrare tardi. Sua madre non s'era accorta del vuoto che le sue era creato attorno. Credeva alle scuse dei compiti. 

-No, ma',! oggi ho un sacco di compiti per domani.

- Eh certo,- rispondeva la madre comprensiva, al liceo non è mica come alle medie. 

Si buttò sul letto sfinita. Si addormentò.

 Non si accorse della madre che la copriva con un plaid.

Non si accorse della madre che preoccupata le sfiorava la fronte.

 Non si accorse del buio che scendeva. 





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