Fobia

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Fobia: Attento a non cadere

Una donna, appena uscita dal lavoro, stava camminando lungo la strada per raggiungere la sua macchina. Il sole era già tramontato da qualche ora e la città sembrava deserta. La donna sentì un allarme suonare in lontananza. Era tranquilla. Stava pensando alla sua prossima promozione e non si era accorta che l'allarme aveva smesso di suonare, così l'unico suono in quella via diventò quello prodotto dalle sue nuove scarpe con i tacchi. Ad un certo punto si fermò e si guardò attorno. Un brivido le percorse la schiena. Lo sentiva, non era sola in quella buia strada. Spaventata, riprese a camminare, ma più velocemente di prima. Avvicinandosi all'auto, iniziò a cercare frettolosamente le chiavi nella sua borsa. Qualcuno stava parlando nei paraggi. La donna ci impiegò qualche secondo a capire che in realtà erano urla quei suoni apparentemente disconnessi. Infilò la chiave nella serratura della portiera. Un forte rumore, un impatto, la spaventò e le fece cadere le chiavi dalle mani. Si girò lentamente e vide, sul tettuccio di una macchina poco distante, una ragazza, morta per una caduta. La donna iniziò ad urlare e non ci fu più silenzio in quella notte.

I giornali non impiegarono molto a reperire informazioni. La ragazza era stata la terza vittima del Dottor Timoris, un serial killer che da un paio di mesi aveva iniziato ad uccidere varie persone, usando come arma le fobie, ma non le loro: infatti non uccideva tramite la paura, ma usava le paure più "famose" della mente umana per eliminare le sue vittime.

La prima vittima era stata affogata, anche se non era idrofobica, invece la seconda era stata uccisa con il veleno di ragno come riferimento all'aracnofobia e l'ultima era stata buttata dal tetto di un palazzo di nove piani. Ecco perché i giornalisti avevano iniziato a chiamarlo così: Dottor Timoris. Non aveva un particolare tipo di vittima, erano tutte differenti. Le prime due erano uomini, però il secondo aveva il doppio degli anni del primo, mentre la terza una giovane donna. In genere passavano dei giorni dal rapimento al ritrovamento del cadavere. La polizia non aveva piste da seguire, brancolava nel buio. Non sapevano né il movente né l'identità di quest'assassino. Si sapeva soltanto che le vittime non erano legate fra loro, per questo alcuni non pensavano nemmeno che si trattasse di un omicida seriale, ma solo di tre omicidi separati, ognuno con un singolo assassino. Eppure lui esisteva e si aggirava tra le persone a cercare la sua prossima vittima e chiedendosi chi avesse paura del buio.

Un uomo stava uscendo da un negozio. In pochi secondi si ritrovò immerso nella folla. Persone sconosciute, senza identità, parlavano al telefono, tra di loro, oppure erano silenziosi, come ombre. L'uomo venne travolto dal panico. Tutti lo fissavano, lo toccavano, volevano ucciderlo. Ma loro chi erano? Lui chi era?

Fobia: Ci vedi al buio?

L'oscurità, ecco cosa vide la ragazza appena si svegliò. Era circondata dal buio totale, nemmeno un raggio di luce illuminava la stanza. Aveva mani e piedi liberi, ma non potevano aiutarla molto. Era anche scalza. Si ricordò subito del suo rapimento: stava rientrando nel suo alloggio e qualcuno l'aveva afferrata da dietro, tappandole naso e bocca. Ma perché l'aveva rinchiusa lì?

Cercò di muoversi un po'. Con le mani indagava nell'oscurità, mentre i piedi avanzavano lentamente e a piccoli passi. Poi fu dolore. Sentì qualcosa tagliare le piante dei suoi piedi. Scricchiolava sotto il suo peso e si rompeva, poi cadde in avanti. Altro dolore, sulle mani, sulle braccia, sull'addome. Colta dal panico cercò di rialzarsi e di allontanarsi da quel punto, ma non vedeva nulla. Inciampò in un oggetto, forse un mobile e cadde di nuovo. Ad un certo punto appoggiò la mano destra su qualcosa di appuntito che si conficcò nella sua carne. Urlò. A lei il buio non le era mai dispiaciuto, tuttavia in quel momento lo odiava. Voleva della luce a tutti i costi.
Continuò ad avanzare. Zoppicava a causa di tutte le ferite, così non si accorse della vasca. Bastò un passo, perse l'equilibrio e cadde in un profondo buco pieno di uno liquido, le sembrava acqua, che le faceva bruciare le ferite. Altro dolore. A fatica riuscì ad uscire. Appena si issò fuori, però, scivolò, cadde e rotolò giù per un leggero pendio. Alla fine venne intrappolata dentro una sorta di rete, che le procurò altro dolore.

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