"Ok. Sei la migliore, non dimenticarlo."

Diventano sempre più fitti, coprendo l'orizzonte.

"No, quegli stronzi della Stanton non devono sapere nulla. Se sentono puzza di cadavere, caleranno su di noi come avvoltoi. Sono in vacanza con la mia famiglia e non sai quando torno, come eravamo d'accordo. Non dire altro."

Henry tiene un immaginario conto con le dita e le mostra l'indice, il medio e l'anulare.
Lei lo guarda di sfuggita con la coda dell'occhio.

"Ok, inviami un whatsapp con tutto quanto e ti faccio sapere. Questa sera allora ti scrivo e ci sentiamo giovedì sera per fare il punto."

Henry stringe la mani sul volante.

"Si, anche tu. Non mollare."

"A dopo, un bacio" e attacca.

Il silenzio nell'abitacolo dura poco.

"Non potevi starci attenta, vero?"

"Oddio, adesso che cos'hai da rimproverare?" scatta come una molla.

"Vuoi davvero che ti faccia l'elenco?"

"Come se non ti piacesse farlo."

"Innanzitutto potresti anche evitare di pensare solo al lavoro, visto quello che...vista la situazione."

"Cazzo, dobbiamo tornare ancora sull'argomento?"

"Sul serio la cosa più importante è la WIFI? Non la casa, non come staremo, non...che ne so...anche solo una cosa stupida come: cosa hai voglia di mangiare per cena?"

"Si, il lavoro è importante per me, va bene? E questo non vuol dire che io sia il mostro di madre che vuoi dipingere tu!"

"Davvero? E il riferimento alla puzza di cadavere? Molto delicato da parte tua, complimenti!"

"Non ci credo che ti aggrappi a queste cose! Non ci ho pensato, va bene? E poi non sta nemmeno ascoltando! Lo vedi anche tu che è da quando siamo partiti che è isolato dal mondo. Anzi, sono mesi che è isolato. Da quando ha..."

Si porta una mano alla bocca, tremando per la rabbia.
Soffoca un singulto in gola e tira su con il naso.

"Sei un bastardo."

Henry osserva il pendio alla sua sinistra e poi la strada davanti a sé.

"Ovvio, certo. Poi il bastardo sono io."

"E come definiresti uno che..."

"Credi che a me faccia piacere rintanarci lì? Credi che a me faccia piacere allontanarmi dalla galleria e dal MIO di lavoro? NO. Eppure non lo ribadisco ogni due minuti come fai tu, perché ho sempre in mente il motivo per cui lo stiamo facendo. Ed è semplicemente più importante del resto."

"Eccolo! Eccolo qui che viene di nuovo fuori! Il martire. Tu sei un santo e chi non si comporta come te, sbaglia. Gli altri sono tutti peccatori imperfetti, non è vero?"

"Non mettermi in bocca parole che non..."

"E TU SMETTILA DI PARLARE!" sbotta.
Urla a tal punto che la sua voce vince la barriera delle cuffie anti rumore di Zac.

Henry si ammutolisce fremendo come una corda di violino.
Si morde il labbro inferiore con gli incisivi e sbatte per tre volte il palmo delle mani aperte sul volante. Il sapore lievemente metallico del sangue lo stupisce.
Vorrebbe gridare a sua volta, vomitarle in faccia tutto quello che pensa ma è troppo arrabbiato.

E poi, alla fine non servirebbe a molto: lui ci starebbe male, lei rimarrebbe comunque sulle sue posizioni e avrebbe una scusa per fuggire, come fa sempre.

Emma non dà segno di essersi accorta di nulla. È troppo orgogliosa per farlo.

Prende un fazzoletto nella tasca del cappotto su cui è seduta e lascia che il cellulare, appoggiato sulle gambe, cada per terra. in un'altra situazione, il cuore le si sarebbe fermato per la paura di averlo rotto. Ora non solo non gli presta attenzione ma sta per schiacciarlo sotto la suola dal nervoso.
La luce pallida ed eterea del giorno lascia spazio a un'oscurità a cui non sono abituati, fatta di silenzi e un buio tanto spesso che si può affettare.

Immobile, si accorge dell'immagine di suo figlio riflessa nello specchietto esterno. È assente, gli occhi neri smarriti in pensieri a cui lei non ha accesso. Il viso più scavato e dimagrito di quanto non si fosse mai accorta. Non è il viso di un diciassettenne e nemmeno quello di qualcuno che conosca. È un estraneo con il quale non sa più parlare. Un estraneo stanco e consumato. Il pensiero che sia successo tutto senza che lei se ne accorgesse, si trasforma in un elastico che le lega lo stomaco.

Chi è l'uomo alla guida? Chi è l'adolescente seduto dietro al suo sedile? La donna dai capelli biondo cenere che la fissa delusa dal finestrino, non sa rispondere e si vergogna dei desideri che prova: chiamare Jonathan, il suo amante; fumare una sigaretta da sola, senza nessuno che le parli ed essere altrove, lontana. Non importa dove. In qualunque altra vita, andrebbe bene.

Nessuno nell'abitacolo ha il coraggio né la voglia di prendere la parola.

Dopo circa due ore di viaggio, la strada diventa tutta uguale e senza un navigatore sarebbe impossibile dire dove ci si trova.
Zac controlla un paio di volte lo schermo del cellulare tristemente assente di notifiche e poi ci rinuncia. Anche volendo, sarebbe impossibile che qualcuno possa scrivergli, avendo bloccato sui social network praticamente tutti quelli che conosce. Non sa nemmeno lui che cosa si aspetti di vedere, forse lo fa solo abitudine. Il fatto è che, per quanto si desideri scomparire, è difficile accettare di non esistere e che nessuno senta la tua mancanza. Attende che l'amarezza si trasformi in rassegnazione e nel frattempo galleggia senza una direzione.

Un naufrago che spera di diventare il pezzo di legno che lo sorregge in mezzo ai flutti.

"Manca molto?" domanda spegnendo le cuffie senza toglierle.
Henry risponde con indifferenza:

"L'ultimo traghetto della sera parte alle 5.45 e impiega circa mezz'ora per arrivare al molo di Ray Falls. Tra dieci minuti ci siamo e da lì sono altri 25 minuti, di cui un quarto d'ora sullo sterrato."

Emma sospira.

"Il regno dei Brown: il buco del culo del mondo, ad almeno 15 minuti di distanza da qualsiasi traccia di civiltà".

Il marito le lancia un'occhiata di traverso e trattiene a fatica una risata. Quello che ne risulta è una smorfia che allenta la tensione e la fa precipitare al suolo, come la pioggia con le polveri sottili. Se non fosse per l'ansia costante che gli schiaccia il petto, anche Zac avrebbe la tentazione di sorridere.
Sua madre si volta a guardarlo e lui volge gli occhi altrove.

Sente il peso della decisione che li ha costretti a rimanere insieme, malgrado sia palese che il loro matrimonio sia giunto al capolinea. Ogni minuto che trascorrono fingendo di essere una famiglia, è un tacito rimprovero che non riesce a sopportare.
Così, cercando di non pensarci, sogghigna accondiscendente, in attesa che Emma si giri verso la strada.
Lei però non lo fa e poggia una mano sul suo ginocchio. È sorprendentemente calda e rassicurante. Lui si tortura con l'unghia le cuticole sul pollice destro, già segnato da mesi di nervosismo e sbalzi di umore.

C'è qualcosa che non le perdona e che non riesce a focalizzare, un rumore sordo nel suo cuore di cui non comprende la provenienza. In imbarazzo cerca di ricambiare con un timido "grazie" e sospira nella speranza di alleggerire il petto.
L'auto rallenta sotto ai lampioni gialli e fiochi che costeggiano il molo e per un momento l'attenzione di tutti è rivolta alla distesa scura del lago inerte.

LU/CEWhere stories live. Discover now