Capitolo 1: il ricordo

18 1 0
                                    

  Gli occhi di Aerith scivolavano sul profilo di Ianua, che si palesava alla finestra principale del suo palazzo.
Mentre esplorava con lo sguardo ricordò il modo in cui si era guadagnato quella vita fatta di privilegi.
Si ricordava bene di quel giorno, ormai perso nelle sue piccole memorie.
Elaborò una breve cronaca di quei momenti, rifacendosi ai ricordi che scivolavano rapidamente nella fitta ragnatela dei suoi pensieri. Ravvivando una visione ormai lontana.
Si tuffò in quel giorno.
Rimembrava che la luce del mattino irradiava ogni filo d'erba delle tenute dell'imperatore Carolus.
La figura imponente del monarca sfrecciava sul suo cavallo, impugnando fermamente il lunghissimo arco, da cui scoccava frecce dal secco vibrato.
La sua corte fatta di artisti, cardinali e rampolli lo rimirava, sempre pronta a annegare nell'ozio.
Aerith si compiacque mentre ricordava l'aspetto glorioso del signore di Amulia, con il sole che faceva brillare ancora di più la sua corazza.
La coltre di occhi truccati e sguardi spenti fu attraversata da un applauso, mentre l'imperatore sollevava la carcassa di un cervo con una sola mano.
Un grido sfumato riecheggiò tra le file.
Qualcosa strisciò tra le foglie e guizzò fuori dal sottobosco, azzannando un braccio del sovrano, che subito cadde a terra con un tonfo secco, mentre una bestia tozza e scura strisciava via.
Il cardinale Dévot si lanciò in una rincorsa disperata, trascinando il suo sovrano alla luce del sole.
''Presto medico!''
Sbraitò sua signoria, mentre uno sciame di cortigiani e servette stritolava il povero regnante in una morsa di schiamazzi.
''È stato attaccato da una vipera fratricida, solo un secondo morso può rendere vano il primo!''
Urlò il medico di corte, esaminando la ferita.
Forse il destino aveva già deciso un nuovo signore per l'impero di Amulia, precedendo servi e padroni.
''Chi diavolo è quello?''
Gridò un rampollo, mentre di fronte a lui si faceva avanti quello che sembrava un miraggio.
Un ragazzo era comparso lì.
Dal nulla, a quanto sembrava.
Aerith provò autentico piacere mentre delineava la scena e la descrizione si faceva ancora più viva nel suo cervello.
La statura minuta del giovane generava uno strano chiasmo con la sua lunghissima ombra.
Aveva indosso solo una camicia e un paio di pantaloni dal colore scurissimo, che cozzava col candore della sua pelle.
Così come la sua postura ferma si scontrava coi suoi lineamenti efebici, quasi androgini, coronati da una lunga chioma corvina, che scendeva fino a metà della schiena.
I suoi piedi nudi rivelavano che era completamente glabro.
''Sei fortunato ragazzino, potrei farti ammazzare per esserti intrufolato qui!''
Sbraitò un signorotto che assisteva alla scena, sguainando un lungo pugnale con assordante tintinnio di nastri e medaglioni.
Subito si pentì di avergli urlato contro, mentre tutta la corte si girava verso quell'enigmatica figura.
Una risata soffocata fece brillare ancora di più i suoi occhi, uno color mogano, screziato da riflessi dorati, e l'altro verde come la giada.
Tutto si zittì.
Si chetarono gli uomini, mentre anche dalla foresta non si udiva più alcun rumore.
Il ragazzo divenne tutt'uno con la sua ombra, richiamandola a sé come un mantello.
La sagoma del giovane mutò, e dalla zona d'ombra qualcosa serpeggiò fuori, sotto lo sguardo attonito dei patrizi.
Era un serpente dai fianchi spessi e di colore scuro, come quello che aveva attaccato Carolus.
L'unica cosa che lo faceva differire dal suo compagno erano gli occhi: uno color mogano, l'altro verde, come la giada.
Strisciò tra le gambe dei nobili, in uno sciame di mormorii , per poi arrivare al corpo inerme del regnante.
Il rettile guardò l'uomo di lato.
Ricambiandone un'occhiata, inclinata da lunghi respiri addolorati.
La bestia saggiò l'aria con la lingua.
Un attimo di intesa e la bestia conficcò i canini nel braccio opposto a quello che la sua compagna aveva morso.
Lo sguardo del reggente si levò al cielo, mentre il dolore si affievoliva, aiutandolo a alzarsi.
Davanti a lui non c'era più un serpente, ma un giovane dai tratti efebici.
Gli occhi azzurri del signore squadrarono la figura, mentre le sue labbra si piegavano in un lungo sorriso, increspando la barba grigia.
''Ragazzo, hai salvato la vita al tuo padrone, hai qualche richiesta o vuoi che io faccia del mio meglio?''
Annunciò Carolus, sotto lo sguardo attonito dei cortigiani.
Gli unici occhi che facevano eccezione erano quelli del cardinale Dévot, che subito si frappose tra la figura del regnante e quella del ragazzino.
Non c'era alcuno stupore nel giallo delle sue iridi, ma solo puro disgusto.
''Questo ragazzo è sicuramente frutto di un'unione sacrilega, signore non faccia mosse avventate!''
Il prelato venne rimesso al suo posto da un sguardo del sovrano, duro e freddo come il ghiaccio del nord.
La parte che seguiva a questa era la preferita del narratore.
Il cesare si mosse e addirittura, per sentire il nome e i desideri del ragazzo, si inchinò a lui.
Il nome Aerith lo sapeva bene.
E nonostante fosse cambiata qualche cosa, la chioma corvina, ora legata in una lunga treccia era la stessa di quei giorni.
Così come lo erano gli affilati occhi bicromi, che ora brillavano, ricordando le sue prime parole.
''Fate del vostro meglio... Se potete rendermi libero ''
Sussurrò il ragazzo, ripetendo fermamente le parole di quel giorno, scorgendo una figura femminile dai lunghi capelli biondi avvicinarsi alla sua porta, riscaldando il suo cuore con un piacere più antico di quanto potesse immaginare.  

Memorie di un ereticoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora