«Androm, il primo Cacciatore della Setta. È il tipo che al locale si è trasformato in quella bestia e ha cercato di attaccarti. Ora che conosce la tua faccia comincerà a darti la caccia e solo qui sei al sicuro.»

Androm? Cacciatore? Setta? Non so cosa pensare, forse è tutto un sogno, o forse un incubo. Sicuramente quella montagna al bar mi ha dato un cazzotto così forte da cancellarmi la memoria o farmi delirare. Pare di stare un film.

«Nessun pugno, questo è reale. E so anche come hai curato il dito a quella donna stamattina» aggiunge Paolo e l'ultima frase mi pietrifica. Non ci stavo nemmeno pensando, come fa a saperlo?

Ho bisogno di più informazioni.

«Hai detto di aver visto i miei occhi e di averli riconosciuti... che intendevi?»Lui non risponde.

Solleva un braccio e apre una mano davanti a sé: i suoi bulbi diventano completamente bianchi e brillano di un leggero bagliore, un effetto che vedevo solo a Hollywood. Rimango per un attimo impietrito, finché non sento i muscoli tornare a far parte del mio corpo e con sollievo inizio a muovere le braccia. Mi alzo e con un cenno del mento Paolo mi indica di seguirlo.

Usciamo dalla stanza e ci ritroviamo in un lungo corridoio, lui un passo davanti a me. Lo seguo incerto, guardandomi intorno con aria confusa e spaventata. Le lampade al neon sopra la mia testa brillano di una fredda luce tremolante, resa più opaca dagli strati di polvere e dalle ragnatele. Sembra di essere in uno di quei bunker che si vedono in certi film... sempre che non lo sia davvero. Giungiamo a una rampa di scale e saliamo i gradini fino ad arrivare alla sala del piano superiore. Al contrario di quella precedente, questa è più luminosa, tanto che per un istante la sua luce bianca mi acceca.

Quando i miei occhi riescono ad abituarsi, riconosco un corridoio due volte più lungo di quello appena percorso, più moderno e con alcune porte ai lati. Le pareti a pannelli bianchi e il pavimento a piastrelle ricordano quelle di un laboratorio scientifico. Paolo apre la seconda porta a sinistra e mi invita a entrare. Per un attimo sembra una stanza normale, con un grosso specchio di fronte a me, finché non noto alcuni oggetti appoggiati su degli scaffali. Alcuni assomigliano a dei vecchi smartphone su cui sono poggiati dei piccoli auricolari neri. A lato, ci sono solo quelli che sembrano dei semplici braccialetti bianchi di gomma e una piccola scatola nera.

«Mettiti davanti allo specchio» mi ordina lui mentre si avvicina a uno di quest'ultimi. Titubante, obbedisco e, nel riflesso, compare la mia figura trasandata. I capelli sono spettinati, ma non ho alcun segno che testimoni la rissa al locale. Nemmeno una ferita o qualche traccia di sangue. Paolo si posiziona davanti a me e noto che in una mano tiene un pugnale come quello di

"Rambo". Il terrore mi assale di nuovo, finché non appoggia la lama sul suo avambraccio e inizia a premere. Scatto in avanti e lo fermo.

«Che cazzo fai?!»

Lui mi guarda serio e cerca di liberarsi dalla mia presa.

«Conosco i poteri di San e conosco il suo tocco. Ora voltati e guardati gli occhi, così da capire anche tu.»

Detto questo, gli lascio il braccio, seppur titubante. Lui inizia a premere la lama sulla carne, alcune gocce di sangue affiorano sulla pelle, poi lascia cader a terra il coltello. In automatico poggio la mano sulla ferita e punto lo sguardo verso lo specchio, come Paolo mi ha detto.

Dentro di me, si riaccende la stessa fiamma di quella sera, ma davanti a ciò che vedo questa volta i secondi paiono durare secoli: i miei occhi... le iridi sono rosse, però non rosso fuoco, uno appena più scuro: sangue.

Mollo la presa e il calore sotto il mio petto si spegne. Paolo si massaggia il braccio tornato normale: non sembra per niente stupito. Al contrario di me.

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