0. Prologo (raccontato da Erik)

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In the woods somewhere

Dedicato a Carlotta



Prologo

Insomma, esplosioni per tutta la città, svariati morti, fantocci impazziti che vagano convinti di avere un'anima ... e che fanno a pezzi le persone.

E venite da me a lamentarvi? Tu poi, con la faccia da duro, credi di spaventarmi? Credi basti uno sguardo truce per farmi parlare? Sono quattordici anni che frequento assassini e ladri, e non sono esattamente un santo.

Puoi continuare quanto vuoi, non mi scucirai una parola.

...

Dai smettila.

...

...

Ok, va bene, lo ammetto: centro qualcosa.

...

Forse è colpa mia.

...

... ok è colpa mia :)

Sul serio, tutta colpa mia.

Dio che casino.

Non guardarmi così! Non volevo finisse in questo modo, non credevo certo di ribaltare le leggi che gestiscono il mondo.

Aiuta dire che credevo fosse la cosa giusta da fare?

Cosa, vuoi sapere quando è cominciata la mia storia? Ah, questa è carina, nessuno dei tuoi colleghi si era ancora interessato alla mia vita. Beh, è simpatica. Forse speri di ricavarne qualcosa che ponga fine al trambusto, dubito fortemente possa funzionare ma ehi, a me piace parlare, è praticamente ciò che so fare meglio oltre a combattere e vendere.

Non è esattamente una narrazione breve quella che stai per ascoltare, ma dato che sembrate tutti desiderosi di capire per quale motivo le strade siano in fiamme e il cielo sembri dover crollare al suolo da un secondo all'altro, parlerò.

Sono passati quattordici anni dalla notte in cui entrai nei Freaks; un'eternità. Ogni giorno da allora l'ho trascorso per strada con indosso la loro divisa, che poi è diventata la mia, trasformandosi da semplice vestito a seconda pelle, diventando poi la mia sola e unica pelle. Da allora sono cambiate parecchie cose.

E si, se ho quasi distrutto la nostra civiltà (se non per intero, lo scopriremo nelle prossime ore) dobbiamo la cosa a quella notte lontana: se non mi avessero salvato la vita allora, nulla di ciò che è successo sarebbe potuto accadere.

Quattordici anni fa (o giù di lì, è un calcolo approssimativo)

Lo ricordo come fosse ieri.

Ricordo il fango, come prima cosa; una massa marrone scuro schiacciata contro la mia faccia, la sensazione di affondarvi dentro, la certezza di starmi squagliando fondendomi al suolo: ero solo un ragazzino in preda al terrore, ma mi ero talmente convinto che fosse possibile da riuscire a percepire le braccia e le gambe liquefarsi.

Ricordo i miei occhi pieni di polvere e terra, e la guancia destra che, sfregiata dal coltello di un Agente, sanguinava copiosamente ricoprendomi per intero il corpo e pitturandomi di rosso.

Ricordo la pioggia; pioveva. Piove sempre.

Anche adesso, solo che voi non lo sapete.

Ricordo le lacrime che si fondevano alla pioggia, e la consapevolezza che tra le une e l'altra non ci fosse differenza.

Non interrompetemi, non sto delirando! Non avete idea di come fosse la nostra vita. Dove vivo io sono in pochi coloro che non hanno perso qualcuno per colpa degli Agenti, e ancora meno coloro che non hanno passato metà della loro vita in una baracca. Dopo un po' vedi solo sofferenza, e non riesci più a piangere; esaurisci il tempo da passare a disperarti, e ottimizzi, lasci che sia la pioggia a solcarti le guance, e dato che piove sempre si è sempre certi di avere il volto bagnato quando serve.

Torniamo alla storia?

Sangue, acqua, fango: una notte orribile per vivere in strada.

E poi, arrivarono loro.

Ricordo i passi del Golem di Sfondamento che facevano tremare il suolo.

Ricordo lo sguardo privo di vita di quella marionetta di pietra gigante, mi fissava attraverso quelle lenti bluastre che brillavano nell'oscurità, ma non sembrava vedermi, non sembrava capire che di fronte a sé aveva un essere umano. Il suo era più lo sguardo che avrebbe avuto una pistola, semmai un'arma potesse osservare qualcosa, mi puntava ed eseguiva ciò che i suoi padroni le dicevano di fare.

Ricordo che stavo per morire.

Avevo cinque anni.

Ero un bambino; i miei genitori se ne erano andati già da un pezzo, gli Agenti dell'Ordine li avevano fatti secchi dicendo che avevano rapporti stretti con la malavita, e che facevano da fattorini per il commercio illegale di Kril; in realtà, ho la certezza che non fossimo criminali, solo semplici senzatetto. Non avevamo una casa, né un lavoro, e personalmente, a differenza degli altri miei coetanei e simili, non sono nato in uno degli ospedali della mia città, ma in un vicolo buio circondato dall'immondizia e da pochi stracci che mi impedirono di morire assiderato.

A Kolku, la mia città natale, la povertà dilaga come peste, e proprio come appestati veniamo soppressi prima di infettare gli altri; le nostre forze dell'ordine usano la mafia come espediente per fare piazza pulita nelle strade ed eliminare la feccia, e a quanto pare noi eravamo feccia.

Quella notte ero andato a nascondermi nella mia tana, un rimasuglio di ciò che chiamavamo casa quando i miei ancora camminavano tra i vivi; ero solo, affamato e infreddolito. E avevo raggiunto il limite.

Non mangiavo da giorni, non avevo soldi, il fuoco si stava spegnendo, e credo che la febbre mi stesse procurando le allucinazioni.

Quando la retata iniziò avevo già un piede nella fossa, e quando le pareti delle baracche cominciarono a venire incendiati, e i poveri e gli affamati venivano sgozzati o fucilati sul posto, io avevo ormai la certezza che la mia ora fosse giunta.

E poi, arrivò lui.

Lo ricordo come fosse ieri.

Ricordo di essere stato gettato a terra dall'Agente dell'Ordine, ricordo di aver schivato una coltellata per un soffio, e che le ferite che mi avevano procurato quel giorno stesso stavano avendo la meglio.

Ricordo di essere caduto a terra, e che il Golem si avvicinava sempre più, pronto a schiacciarmi. Ricordo quegli occhi blu che continuavano a fissarmi disinteressati, senza capire.

E ricordo Luke.

Comparve dal nulla, gettò nell'aria una granata al Kril, e pronunciando la formula sprigionò una fiammata violacea che sbalzò il colosso di pietra contro la parete della casa, mandandolo in pezzi.

Rimasi disteso ad assaporare il tetro spettacolo offerto dal massacro, loro erano in sette e lui era da solo, erano tutti esperti Manipolatori, ma lui li spazzò via come se niente fosse.

Nel mezzo di una notte piovosa e oscura, tra i vicoli di una città isolata dal mondo, sprigionando lingue di fuoco e usandole per sferzare l'aria come fruste, un uomo sconosciuto mi salvò da morte certa e mi trascinò via promettendomi un futuro migliore ed una vita di ricchezze.

Fu allora.

L'inizio della storia corrisponde alla notte in cui entrai nei Freaks; fu allora che divenni un membro attivo della maggiore gang di Kolku, sotto il diretto comando di Luke, suo leader e fondatore.

Ma forse non era questo l'inizio che volevi sentire, vero? No, tu vuoi sapere cosa ci faccio qui, e per quale motivo i Lupi delle foreste e i Corvi delle Paludi stanno assaltando la vostra città.

Beh, ti avevo avvertito: è una storia lunga.

In the woods somewhereWhere stories live. Discover now