Percepii un movimento con la coda dell'occhio e i miei muscoli si irrigidirono, pronti ad un eventuale attacco.

Mi addossai allo scaffale dietro cui si nascondeva la scrivania di mio zio, socchiudendo gli occhi. Avevo la mente ancora annebbiata, ma riuscii ad estenderla quanto bastava per raggiungere quella dell'intruso e riconoscerla.

Mi rilassai sentendo quell'aura familiare e nello stesso momento uscii dal mio involontario nascondiglio per andare incontro al mio migliore amico. «Stavo per lanciarti un coltello. Pensavo fossi un aggressore» lo salutai.

Lui sembrava assorto nei suoi pensieri e quando sollevò la testa verso di me capii dal suo sguardo che non aveva ascoltato una sola parola fra quelle che avevo detto. «Cosa?» domandò, confermando la mia ipotesi.

Roteai gli occhi, trattenendo una risata alla sua espressione confusa. «Niente. È successo qualcosa di significativo? Si sono svegliate?» mi informai.

«Juliette si è ripresa da un po'. È già cosciente e mi ha raccontato l'accaduto. Era ed è ancora furiosa come una iena.»

«Immagino» commentai con un debole sorriso. In fondo era pur sempre mia sorella, e oltre all'aspetto fisico condividevamo anche parte del carattere. In particolare la parte aggressiva, violenta e sarcastica. «Cosa ti ha detto di preciso?»

«A quanto pare Kyle si è lasciato mettere al tappeto da lei poco fuori dai bagni. Gli ha puntato un pugnale contro e di conseguenza non poteva scappare. May allora ha pensato di sfruttare il loro apparente vantaggio per farsi portare dalla sua amica succube.»

"Naturalmente" pensai con ironia. "Chi altro avrebbe potuto essere così sprovveduto?"

Kenneth continuò, ignorando il mio pensiero. «Lui le ha condotte nel cortile con la fontana bianca dove siamo stati anche noi, e lì c'era la ragazza che cercavano. May è corsa da lei, anche se non poteva riconoscerla, e approfittando di quell'attimo di distrazione Kyle si è liberato dalla presa di Juliette. Ha usato delle erbe soporifere per farle addormentare e alla fine deve averle trascinate dall'altro lato dello spiazzo, a giudicare dagli strappi e dalle abrasioni su vestiti e pelle.»

A quelle parole un odio da poco assopito tornò a farsi spazio nel mio cuore. Contrassi la mascella e strinsi i pugni, come se potessi colpire Kyle anche senza averlo davanti a me. Se avessi potuto, l'avrei fatto volentieri. «Gliela farò pagare» mugugnai fra me. «Dovrò aspettare finchè la faccenda non sarà conclusa, e non so quanto ci vorrà, ma gliela farò pagare amaramente, può starne certo.»

Kenneth sospirò e si appoggiò ad una parete, come se avesse bisogno di aiuto per reggersi in piedi. Aveva gli occhi cerchiati, sembrava infinitamente esausto. «Sei sicuro che la vendetta ti faccia davvero bene, Ewan? Sai già come è andata a finire l'ultima volta» mormorò. «Potresti sopportarlo ancora?»

Scoppiai a ridere con amarezza, ricordando quell'episodio. «Non posso dire che mi sia dispiaciuto aver fatto ciò che ho fatto, perchè mentirei. Non me ne pento, e ho adorato la sensazione che le mie azioni, per quanto pessime, mi hanno procurato. Mi sono sentito così... invincibile. Anche giusto, in un certo senso. Ma in fondo hai ragione, vendicarmi in un modo simile servirebbe solo a distruggere quel poco di buono che mi è rimasto. Mi limiterò a spaccargli la faccia, giusto per non fargli dimenticare la brutalità con cui ha trattato mia sorella.»

«Juliette sta benissimo, Ewan. Ed è troppo orgogliosa per lasciare a te il piacere di vendicarsi.»

«Probabilmente hai ragione» dissi, facendo spallucce. «Ma non è detto che Kyle non meriti una doppia punizione.»

Kenneth aggrottò le sopracciglia in una linea interrogativa. «Ewan, ti stai ascoltando? I tuoi propositi sono contro la legge. Questo non è il modo in cui parlerebbe un capo degno di questo nome. Cerca di riprenderti.»

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