Come animali in gabbia

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Qualche macchina sfrecciava veloce nelle strade di Boston, mentre dai bar uscivano giovani ubriachi disposti a stare svegli tutta la notte pur di divertirsi; la movida notturna non aveva subito alcun danneggiamento dalla presenza dello Spaccateste che si aggirava da diverse settimana per la città, fracassando il cranio delle giovani donne fuori dai locali. Il caso stava facendo impazzire la Omicidi, che non sapeva come gestire il polverone che si era creato. Il detective Rizzoli era stato più volte accusato di non essere all'altezza di garantire la sicurezza ai cittadini e, ormai, cominciava a crederlo anche lui. Un folle assassino si divertiva ad aspettare giovani ventenni bionde, minute, fuori dai locali per aprire loro il cranio con un piccone. I giornalisti si erano sbizzarriti con i titoli dei loro articoli: "Lo scenario horror di Boston", "Le donne la testa, la polizia la faccia", "L'inarrestabile Spaccateste di Boston"... Non c'era modo di fermare quella bufera mediatiche che aveva come unico scopo far impazzire Frankie, che quella notte era rimasto sveglio a passeggiare per il soggiorno.

La casa padronale era deserta: Maura stava a Washington e sua sorella era andata via prima di cena, dopo aver finito di studiare. Frankie guardava la dimora degli ospiti: era palese il gusto con cui la padrona di casa l'aveva arredata. Viveva in quell'appartamento da prima della nascita di Charlotte, parliamo di cinque mesi circa, ma ancora non si era abituato. In realtà, tutta quella nuova situazione lo eccitava e spaventava al contempo. Nel frattempo che lui si godeva una birra, Nina si era appisolata sul divano per la stanchezza: aveva messo a dormire la piccola (che sembrava non volerne sapere di smettere di piangere) e poi si era concentrata sulla richiesta di Jane. Il ragazzo che le aveva chiesto di cercare, Donald Graham1, dopo l'allontanamento dall'FBI aveva avuto diversi problemi con la giustizia: droga, guida in stato di ebrezza, stupri... Tutto messo a tacere dalle proficue somme che il padre aveva lasciato sulle scrivanie giuste. Era stato mandato per diverso tempo in un centro di recupero per persone disturbate, ma non ci rimase a lungo. Collegamenti importanti con agenti o studenti di Quantico non ne erano emersi, tranne per una ragazza, Jessica Levis, che aveva frequentato il suo stesso liceo, seppure in classi diverse. Nina avrebbe voluto informare Jane immediatamente, ma visto l'orario, preferì attendere la mattina, così anche lei si lasciò abbracciare da Morfeo. Frankie la guardava dormire come fosse l'immagine più bella che avesse mai visto; era pazzo di lei, di quello che gli aveva dato, del loro amore. Era sicuro di aver trovato la persona giusta, la metà perfetta del suo filo rosso. Il detective sorrise – Ti verrà un gran mal di schiena domani se resti qui – le sussurrò, ma Nina non sembrava aver sentito, così fu lui a prenderla tra le braccia con cura, per evitare di svegliarla, e la portò in camera. Una volta adagiata la sua futura sposa sul letto, Frankie si svestì e si infilò anche lui sotto le coperte.

Nel frattempo, a Washington, Maura e Jane avevano appena varcato la soglia di casa. Era notte fonda, forse le due o le tre del mattino, non lo sapevano: entrambe avevano perso la cognizione del tempo. Jane aveva capito che il modo migliore per non permettere al killer di vincere era godersi Maura, cercando di dimenticare la paura. Così fece. Prese l'amica e le fece visitare Washington: aveva trovato un ottimo ristorante che preparava il cibo che tanto piaceva a Maura, poi, insieme, scelsero qualche locale per un drink e alla fine si erano fatte le tre. Entrate in casa, entrambe si liberarono dei tacchi e dei vestiti.

- Che tortura! – sbuffò Jane, cercando di far scorrere la zip del tubino nero, mentre Maura sceglieva il pigiama con cui avrebbe dormito. La coroner aveva optato per un bel colore verde metallizzato che non convinse Jane: – Sembri un campo da calcio – le disse, ghignando, ma Maura non le rispose perché era troppo stanca. La guardò con un'espressione difficile da descrivere: un misto di sonnolenza, irritazione e divertimento. – Piuttosto che far battute – disse, mentre si legava i capelli – avvicinati che ti aiuto. – Jane non se lo fece ripetere due volte: avrebbe sparato volentieri a quella cerniera se fosse stata una persona. Maura le spostò i capelli da un lato, liberando le ciocche che si erano impigliate, poi con due dita afferrò il gancetto e percorse tutta la sagoma del corpo di Jane. – Ecco fatto! – esclamò – Ora vatti a mettere un pigiama. –

The Reunion - Il punto di partenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora