Capitolo XXXVIII - Il tramonto

Comincia dall'inizio
                                    

"Il sole è troppo egoista secondo me: se ne sta lì, fermo ed immobile, mentre tutto un sistema gli gira intorno. La luna invece è affidabile, sincera. Continua a girare, girare.. intorno alla Terra ed allo stesso sole. E poi, cosa più importante, è il simbolo dell'amore. Non c'è cosa più fantastica della luna quando si parla di metà. Il sole è sempre integro, la luna quasi mai. È mezza piena, mezza vuota, un po' come sono io senza te."

Guardò fuori dalla finestra. Il tramonto era in arrivo, e lui l'avrebbe guardato da solo. Tutti avevano avuto il proprio lieto fine. C'è una tristezza mistica nei tramonti, una luce stranamente coinvolgente. Essi sono come il lieto fine di un libro: tristi eppure allegri.

I pensieri andarono a Marylin, poi a sua madre, tutte morti di cui si incolpava. L'allegra Marylin, la persona che più di ogni altra cosa, persino più della guerra, era riuscita a farlo ricredere sui babbani. Che lo aveva fatto sentire a casa, per la prima volta, senza pareti che si stringessero, soffocandolo. Che lo aveva abbracciato veramente, nonostante i mangiamorte avessero ucciso la sua famiglia. E poi Narcissa, sua madre. Era diventata l'ombra di se stessa da quando suo padre era andato ad Azkaban. Non gli parlava, non curava la casa, non si preoccupava di nascondere gli oggetti oscuri che gli Auror avrebbero potuto trovare in casa per incriminarli. Lo guardava, senza vederlo realmente, trascinarsi nelle sue giornate buie ed incerte. Avrebbe voluto soltanto salvarla.

Scivolò in ginocchio, lasciando che il libro cadesse con lui. Avrebbe voluto poter essere normale, persino babbano, pur di non dover sopportare tutto quello. Emise un gemito disperato, raggomitolandosi su se stesso e cominciando a singhiozzare. Non appena chiuse gli occhi, per non vederli inumidirsi di lacrime, ancora una volta due occhi castani gli si piazzarono davanti. Gli sembrò incredibilmente ingiusto, tutto quello. Una battaglia la cui vittoria era stata solo un'illusione. Si accorse di aver effettivamente perso, quando era convinto che non ci fosse più nulla da perdere. Era rimasto olo perché aveva lei a sostenerlo. Ed avrebbe continuato a combattere, a lasciarsi ferire, se lei fosse tornata.

Rimase in quella posizione per ore, senza che nessuno lo disturbasse. Pianse al punto da finire le lacrime, cercando in ogni modo di calmare il proprio respiro irregolare. Poi, con la gola secca ed il viso sudato, si accorse di non avere neanche più la forza di piangere. Si sentì vuoto.

Che cosa triste, le storie finiscono. Le battaglie si combattono, ma non sono eterne. Come le vittorie e come le sconfitte. C'è sempre qualcosa che possiamo fare, per cambiare. Ma essere accettati per come si è davvero rimane la cosa più fantastica che possa esserci al mondo. Ed Hermione lo aveva scoperto ed accettato, come mai nessuno aveva fatto. Così come lui aveva finito per accettare lei, inevitabilmente, arrivando addirittura a desiderarla accanto. Per il resto della vita.

Glielo aveva detto?
Che domande, certo che no.

Ma doveva essere ovvio, no? Doveva averlo capito, naturalmente. Lui non era mai stato bravo con le parole, in quel senso, si limitava agli sguardi o ai gesti appena accennati.

Resterai?

Nonostante tutto quello che ho fatto, nonostante chi e cosa siamo, nonostante tutto debba andare in un altro modo. Cercheremo di cambiare questo finale triste?

Resterò.

Strinse i denti, rialzandosi. Adesso basta. Avrebbe messo le cose a posto.

***

La mano le tremò leggermente, mentre le dita sfioravano il piccolo pulsante del campanello, incastonato nelle fauci di un'imperiosa testa di serpente. La grifona che si fida della serpe, quasi lasciandosi mordere dalle due zanne di marmo della statua. Per un attimo, le sembrò addirittura di vedere la sua mano e, come un rilfesso, ritrasse violentemente la mano. L'idea di andare da lui... non era stata propriamente un'idea. Dopo aver assistito ad uno scambio colorito di opinioni fra Harry ed Anna Pattinson, senza tuttavia la forza di parteciparvi, la bionda corvonero se n'era andata; annunciando che dal giorno dopo in poi il Ministro della Magia sarebbe tornato ad occupare il suo posto. Hermione si era concessa un sospiro di sollievo, continuando a tenere gli occhi bassi. Poi, quando Harry le aveva chiesto come stesse, non aveva resistito più. Gli si era buttata tra le braccia ed aveva cominciato a piangere, mormorando una sequela di scuse infinite. Si era scusata per la rottura tra lui e Ginny, per Ron e per altre cose assurde, che non erano per niente di sua responsabilità. Alla fine, erano bastate poche parole per rimettere tutto a posto.

MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora