I - Il risveglio

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Respirai polvere e tossii. Mi misi a sedere, cercando di distinguere qualcosa oltre al velo di lacrime che mi offuscava la vista. Avevo pianto. Avevo pianto molto. Avevo pianto mentre morivo e un'infermiera carina cercava di salvarmi schiacciandomi lo sterno e urlando — Vivi, vivi! — come se a un passo dalla morte ci fosse stata lei e non io.

Avevo pianto e se mio padre fosse stato lì avrebbe voltato la testa dall'altra parte, vergognandosi di avere un figlio così codardo da non essere nemmeno capace di affrontare la morte con un composto sorriso sulle labbra, il canto nel cuore e la pace nell'anima.

Ma mio padre non era lì. Non era lì perché da più di tre anni giaceva sepolto al cimitero di Primofiore, sotto due metri di terra e cinque centimetri di ghiaino bianco che brillava al sole e scricchiolava se ci camminavi sopra. Lui aveva sorriso mentre moriva. Colpa della morfina, credo. Della morfina e dello choc provocato dal fatto di aver perso entrambe le braccia fra i cingoli di un nastro trasportatore.

In ogni caso non pensai a mio padre mentre tossivo polvere nel bel mezzo del nulla. Pensai a Lara, alla sua pelle abbronzata e ai suoi occhi verdi e alle sue mani che sembravano danzare sui tasti d'avorio del pianoforte. Pensai che non l'avrei mai più sentita suonare e dirmi che mi amava e fu come se qualcuno mi stesse strappando il cuore a mani nude.

Quando smisi di tossire mi asciugai gli occhi. Mi ritrovai a fissare la terra. Era rossa, senza ombre, liscia come il vetro. Sembrava solida. La guardavo e non riuscivo a capire come la suola delle mie scarpe potesse sprofondarci dentro.

— È strana, vero?

Mi voltai in direzione della voce e scoprii che c'era un uomo disteso a un paio di metri da me. Era magro e pallido, con la barba a chiazze e capelli lunghi e scuri che gli spiovevano ai lati della testa toccando la cosa rossa. Sul collo aveva tatuata una scritta: BRIC

Annuii.

— Eh, già. Tutto è strano, qui. — sospirò. — Soprattutto il cielo. Di' un po': hai mai visto in vita tua un cielo così?

Alzai la testa e mi sentii male. Sopra di noi il cielo era completamente nero, senza stelle, senza luna. Si muoveva e vorticava. Sembrava fatto di pelle tesa e qualcosa, migliaia di cose, stavano cercando di sfondarla per scendere. Pensai che era da lì che venivano gli incubi.

— No. — balbettai.

— No. Certo che no... lo giuro, ragazzo: se non ci fosse il Rosso impazzirei a dover starmene qui nel Buio.

— Il...Rosso?

— Guarda. — disse, e indicò qualcosa in lontananza.

Guardai.

All'orizzonte, fra la terra e il Buio, brillava un piccolo puntino che irradiava la sua luce rossastra in tutta la pianura.

— Senza il Rosso — spiegò l'uomo — anche la terra su cui sei seduto sarebbe Buio.

— Ah, capisco. — dissi, anche se non capivo. — Bric è il tuo nome? — chiesi accennando al tatuaggio.

— Sì, beh, non è granché come nome, ma è meglio di niente. Mi aiuta a ricordarmi chi sono stato. Il nome, intendo, non il tatuaggio...il tatuaggio neanche lo vedo. Ormai sarà anche sbiadito. È sbiadito?

— No.

— Strano.

— Da quanto sei qui?

Bric si strinse nelle spalle — Non ne ho idea. Qui non esiste il tempo. Forse anni, forse mesi. Chissà.

— Sono morto, vero?

— Sì. — rispose.

— E questo posto è...?

— Questo è il Dopo.

— È orribile.

— Ci si abitua.

Ripensai al Buio, alle cose che ci si agitavano dentro. Mi sembrava impossibile abituarsi a qualcosa del genere — Come faccio ad andarmene?

Bric si rotolò sul fianco e piantò i suoi occhi incredibilmente azzurri nei miei. — È meglio se non ci provi, ragazzo. Non hai nemmeno idea di quanti ne ho visti tentare e fallire...

— Non importa. Cosa devo fare?

— Bada, non so quanto vero sia, ma quelli che erano qui da prima che arrivassi io sostenevano che correndo fino al Rosso si potesse tornare in vita.

— Bisogna arrivare al Rosso, insomma.

— Già.

— E...quelli che c'erano prima? Dove sono finiti?

Bric indicò il Buio. — Lassù. Tutti, chi prima chi dopo, hanno provato a tornare indietro...e tutti sono stati divorati.

— Cosa? Divorati?

Annuì — Divorati. Erano tipo a metà strada e bam! le cose che stanno nel Buio hanno strappato la pelle che li confina lì e sono scesi giù come falchi. Di quei poveretti non è rimasto niente, ma sospetto che siano diventati anche loro...beh, come le cose che li hanno mangiati. Eh, ma cosa vuoi...tutti scemi. Come le falene, hai presente? Volevano volare fino alla luce e sono rimasti fulminati.

— E tu? Non vuoi andartene da qui?

— Certo che voglio andarmene, che domande.

— E perché non ci provi?

— Non voglio diventare un essere strisciante nel Buio. Preferisco aspettare. Qualcosa succederà, prima o poi.

— Come preferisci. — Mi alzai in piedi. Guardai Bric. — Io vado. — dissi. E mi incamminai.

— Stai facendo la più grande cazzata della tua non—vita, ragazzo. — urlò Bric alle mie spalle — Sarai nel Buio prima ancora di accorgertene!

— Se decido di starmene qui è come se ci fossi già, nel Buio.

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