Capitolo 2

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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.
Chiedo scusa per eventuali errori di battitura o peggio di grammatica
Buona lettura :D




- Allora - iniziò appena si staccarono - dove andiamo? -

Steve non gli rispose e, con la mano ancora stretta in quella dell'altro, lo trascinò tra i banchetti pieni di cibo.

Comprarono qualche dolcetto e delle caramelle che il biondo teneva in mano in un sacchetto di carta dal quale il moro attingeva frequentemente e girarono un po' per il luna park prima di decidere di tentare con le montagne russe.

Rispetto alla precedente, quella giostra faceva molto meno paura a Steve, non solo per l'altezza e le curve inferiori, ma anche perché adesso si sentiva più sicuro ed era convinto che niente potesse fermarlo.

Infatti non lo fermò la paura, non lo fermò l'asma e non lo fermo neanche l'uomo all'ingresso, nonostante l'avesse guardato curioso.

A fermarlo fu la nausea che lo colse non appena il carrello prese a girare su sé stesso in un turbine di curve e discese spericolate, facendogli tornare alla bocca il sapore delle caramelle appena mangiate.

Appena sceso da quella trappola infernale, si diede un contegno, provando a mascherare il malessere ma il suo colorito tendente al verde non sfuggi a Bucky.

- È stato proprio bello eh? - gridò emozionato, prendendo sotto braccio il biondo in una stretta amichevole, nascondendo con quel gesto che lo stava reggendo in piedi - Direi di farci un altro giro -

Steve annuì, stringendo forte la camicia dell'amico, che lo condusse dietro a dei tendoni lontano dalla folla, e li poté lasciarsi andare.

Liberò completamente lo stomaco mentre Bucky gli tirava indietro i ciuffi biondi e gli accarezzava dolcemente la schiena.

- Si, dovremmo proprio rifarlo - esalò Steve, facendo sorridere l'altro.

- Sicuro di stare bene? – gli chiese Bucky.
Steve si pulì i lati della bocca e annuì.
Si diede mentalmente dello stupido per quella scena pietosa che aveva dato davanti agli occhi del suo migliore amico ma non poteva nascondere che le attenzioni di Bucky nei suoi confronti lo avevano reso felice.
Se doveva essere pienamente onesto con sé stesso, ciò che gli aveva fatto maggiormente piacere erano state quelle dolci carezze sulla schiena. Erano lente, delicate e calde e Steve aveva avuto il malsano pensiero di immaginarsi le grandi mani di Bucky che lo carezzavano allo stesso modo per tutto il corpo.
Quel pensiero gli imporporò le guance di un rosso acceso e la sua mente continuava a gridargli di essere un grandissimo cretino ad avere certi pensieri.
Peccato che non fosse la prima volta che certe immagini gli si presentavano alla mente.
La prima volta che ci aveva pensato era stata una sera di qualche anno prima.

Era inverno e Steve era stato costretto a letto da un'influenza abbastanza grave, con la febbre che sembrava non volesse scendere per nessuna ragione al mondo. Sua madre aveva un turno all'ospedale e Bucky si era proposto per passare la notte a vegliare sul biondo.
Gli aveva preparato la cena e gli cambiava costantemente il fazzoletto sopra la fronte, pregando un Dio a cui non credeva di far stare meglio il suo amico il prima possibile perché ogni qualvolta Bucky vedeva Steve in quelle condizioni si spaventava da morire.
Passata la mezzanotte, il moro cominciava a sentire gli occhi pesanti ma si era ripromesso di non dormire per nessuna ragione, doveva rimanere sveglio nel caso il biondo avesse bisogno di qualcosa.
- Bucky -
Aprì gli occhi di scatto. Si era appisolato e adesso, in piedi davanti a lui, c'era Steve nel suo grande pigiama color cielo.
- Che diamine fai in piedi? – lo sgridò.
Il malato non gli diede risposta, lo prese per mano e lo condusse a letto, dove lo obbligò a sdraiarsi con lui sotto le coperte.
- Devi dormire – disse solo, coprendolo con le coperte.
- Ma io devo rimanere sveglio – biascicò in uno sbadiglio.
Il biondo gli sorrise, tappandogli la bocca con un dito e dicendogli di dormire tranquillo.
Bucky chiuse gli occhi e Steve continuò a sorridere, felice di avere un amico come lui al suo fianco, e senza pensarci prese ad accarezzargli i ciuffi color cioccolato.
Fu in quel momento che si ritrovò a constatare di quanto l'altro fosse bello. Peccato che si rese conto che quel pensiero aveva preso forma nella sua mente in una maniera non del tutto consona ad un semplice amico e quelle carezze che stava riservando all'altro si stavano trasformando in gesti troppo dolci per poterli definire semplicemente fraterni.
Dando la colpa alla febbre, le sue guance divennero rosse e iniziò a tremare.
Bucky si svegliò dal suo tepore nel sentire l'altro agitarglisi vicino.
- Che succede? – gli chiese spaventato. Non avrebbe dovuto addormentarsi, maledizione a lui.
- Ho freddo – mentì subito il biondo, perché non poteva mica dirgli quello che la sua mente aveva creato, a detta sua, nel delirio della febbre e che gli avevano fatto provare quelle sensazioni così diverse dal solito nei suoi confronti.
Senza pensarci, Bucky si era avvicinato e aveva stretto forte Steve in un abbraccio, facendogli poggiare la testa sul suo petto.
- Che fai? – Se prima era rosso, ora era bordeaux.
- Così non dovresti avere più freddo -

Coney IslandWhere stories live. Discover now