CAPITOLO 8. Paul.

Comincia dall'inizio
                                    

Io: Grazie. – Fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare in quel momento. 

M: Vogliamo andare? – Annuisco. 

MEZZ’ORA DOPO

Siamo da poco arrivati in questo… ristorante? Non credo si potrebbe chiamare così, data l’eccessiva eleganza. Improvvisamente mi sentì poco adatta a quel posto. 

M: Tutto bene, tesoro? – Dice mia madre interrompendo i miei pensieri. Annuisco portando alla bocca una forchettata di spaghetti al sugo. Il viaggio in macchina era stato parecchio silenzioso come, d'altronde, anche questa cena. 

Paul: Tua madre mi ha parlato molto di te, sai? – Dice interrompendo il silenzio che si era creato.

Io: Ah si? – Dico guardandola. Sorride.

Paul: Per dir la verità, non smette un attimo di parlare di te. – Sorrido.

Io: è fatta così. – La sento ridere – Posso, farle una domanda? – Dico rivolgendomi a Paul.

Paul: Dammi del tu, ti prego. – Annuisco.

Io: Voglio subito avvertirl… volevo dire, avvertirti. – Mia madre smette di mangiare, guardandomi – Non voglio vedere mai più mia madre soffrire, lo ha già fatto abbastanza in passato. Quindi, sa cosa deve fare, mi sbaglio forse?

M: Amber… - Dice cercando di rimproverarmi.

Paul: Lasciala finire, Libby. – Dice interrompendola.

Io: è, davvero, l’ultima persona in grado di farla soffrire e non voglio mai, mai vedere una cosa simile, chiaro? – Sorride. 

Paul: Hai un bel carattere, te l’hanno mai detto?

Io: Un miliardo di volte. 

Paul: Bene. – Si schiarisce la voce tornando a guardarmi – Non ho intenzione di far soffrire tua madre, non potrei mai farlo. – La vedo sorridere, abbassando il capo – Sei una ragazza meravigliosa. Ti prometto, ora e per sempre, che non vedrai mai scendere una lacrima dal viso di tua madre, non la vedrai mai triste. Saprò renderla felice, te lo assicuro. – Bene, spiazzata nel bel mezzo di una cena da uno che nemmeno conosco. Che cavolo pensavo di ottenere uscendomene in quel modo? Si vede lontano un miglio che ama mia madre, ma sono troppo orgogliosa da ammetterlo – Amber? – Oh no, ci risiamo. Alzo lo sguardo verso di lui – So che le tue non erano cattive intenzioni ma quando io mantengo una promessa, la porto sempre a termine. – I suoi occhi, verdi come lo smeraldo di scontravano contro i mie, azzurri come il cielo. Abbasso il capo, tornando a mangiare. Non voglio più parlare di questo argomento. Che la faccia felice, io sono apposto così. 

ORE 22.30

La cena è proseguita per il meglio, se è questo l’aggettivo che si può adattare. In questo momento mi trovo in camera mia, mentre mia madre è al piano di sotto con Paul, passerà la notte qui. E questa cosa non mi piace affatto. Forse esagero, forse sono troppo dura con lui, forse non dovrei comportarmi così ma non ce la faccio proprio. Una cosa è certa, può amare quanto vuole mia madre ma le cose per me non cambieranno, non riuscirà mai a prendere il posto di mio padre. Vedo il display del mio cellulare lampeggiare. Lo afferro e noto che è un messaggio da Taylor.

“Da: Taylor

Com’è andata la cena?”

Invio un semplice messaggio con scritto “Domani ti racconto” e mi corico sotto le coperte, fissando il cielo stellato fuori dalla finestra. 

Io: Quanto mi manchi, papà. – Una lacrima solca il mio viso pallido cadendo, infine, immobile, sul cuscino. Chiudo gli occhi, respirando a fatica a causa delle tantissime lacrime che solcano il mio volto. Un senso di vuoto si impossessa di me, del mio corpo e della mia anima. Mi ritrovo a piangere, forte, con la faccia schiacciata contro il cuscino. Trattengo un urlo di dolore, cercando di calmarmi. Perché? Perché sto pensando a quel bastardo? Perché non riesco a togliermelo dalla testa? Perché voglio averlo qui, accanto a me? Perché? Dannato Bieber, doveva proprio entrare nella mia vita? Questa volta urlo contro la stoffa del mio cuscino, prendendo a pugni il materasso. Sto impazzendo. Sto piangendo, per la prima volta… per lui? Mi volto di scatto, guardando il soffitto bianco sopra di me. Fanculo, fanculo e ancora fanculo! Lo odio, lo odio da morire! Eppure una parte di me… una parte di me, ha bisogno di lui. Scaccio via, dalla testa, quel pensiero assurdo. Mi ricopro con le coperte, prendendo sonno. 

LA MATTINA DOPO

Finisco di fare colazione. Mia madre, probabilmente, ancora dorme. Il mio sguardo si posa sul divano, vedo Paul leggere un giornale. Dovrei salutarlo? O non dovrei affatto? Opto per la seconda scelta. Raccolgo la mia borsa da terra e mi avvicino alla porta di casa, pronta per affrontare un altro, pesante, giorno di scuola. 

Paul: Non sapevo che stessi già in piedi. – Merda! Mi blocco, voltandomi verso di lui.

Io: Ho scuola oggi. – Dico seria. Annuisce.

Paul: Serve un passaggio? 

Io: Oh no, grazie. Non dista molto la scuola. 

Paul: Davvero, insisto. – Lo guardo negli occhi. Ma che palle!

Io: D’accordo. – Dico sorridendo appena. 

Paul: Bene. – Sorride a suo volta afferrando le chiavi della macchina. Usciamo di casa, salendo sulla sua Audi nera. Inutile dire che il silenzio che ci circondava era imbarazzante. Incrocio le braccia, picchiettando le unghie contro i gomiti – Sei sempre così silenziosa? 

Io: Capita, ma non con tutti.

Paul: Solo con me? – Cosa dovrei rispondere? “Si, caro, solo con te. Problemi?” 

Io: Nha… Siamo arrivati. – Ferma la macchina.

Paul: Buona giornata, Amber.

Io: Grazie, Paul. – Scendo dall’Audi, incamminandomi verso l’entrata della scuola. Taylor e Josh mi attendono davanti all’entrata guardandomi con un sopracciglio alzato. 

Josh: Il nonnetto ci ha già preso la mano, eh?

Io: Vi prego, lasciamo stare. – Dico trascinandoli verso l’aula di informatica.

Our love suicideDove le storie prendono vita. Scoprilo ora