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NOTE: Missing moment - Un anno dopo le vicende di The Mortal Instruments.

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Alec guardava assorto i fiocchi di neve che cadevano oltre la larga vetrata della lussuosa suite.
La torre Eiffel si ergeva maestosa di fronte a loro - come l'ultima volta in cui erano stati lì - e l'aria dicembrina conferiva a quel panorama un'atmosfera familiare.
Incrociò inquieto le mani dietro la schiena e gettò uno sguardo dietro di lui.
Sentiva l'acqua scrosciare oltre la porta, sintomo che Magnus non aveva ancora finito con il suo bagno rigenerante alle erbe.
Riportò lo sguardo su quella bellissima città e, nel farlo, prese distrattamente a rigirarsi tra le mani l'anello di famiglia che non abbandonava mai.
Era stato Alec a pregare lo stregone di ritornare a Parigi, per festeggiare il loro anniversario gli aveva detto, in realtà il cacciatore aveva ben altro in mente.
Un giorno, quasi per caso, mentre era intento a spostare alcune vecchie scatole dalla loro camera - sotto lo sguardo vigile di Presidente Miao - si era imbattuto in uno scrigno di legno dall'aspetto regale, intagliato con tanti piccoli e delicati geroglifici che gli conferivano un'aria piuttosto antica.
Il cacciatore si era guardato intorno circospetto per una manciata di secondi prima di lasciarsi vincere dalla curiosità ed aprirla, per ammirarne il contenuto.
Fu subito attanagliato dai sensi di colpa, e per un po' fu anche tentato di rimettere l'oggetto al proprio posto e far finta di non averlo mai trovato, ma poi qualcosa aveva attirato la sua attenzione e tutte le buone intenzioni si erano volatilizzate all'istante.
Lì, in mezzo a tantissimi altri oggetti di cui il giovane ignorava completamente l'utilità, trovò un piccolo pezzettino di stoffa e non capì il motivo - almeno non subito - ma qualcosa, una sorta di forza superiore, lo spinse a raccoglierlo.
Lo accarezzò con il pollice non riuscendo a riconoscerne il tessuto, aveva tutta l'aria di appartenere ad un altro secolo, inoltre era morbido al tatto quindi doveva essere stato utilizzato per coprire qualcosa di delicato, un oggetto prezioso magari o, comunque sia, qualcosa di fragile.
Fissò assorto quel cimelio per un'altra manciata di secondi, cogliendo particolari che durante la prima analisi gli erano sfuggiti: il colore era ingiallito, probabilmente si era scolorito nel tempo, i bordi erano tutti sfilacciati e piccole macchioline scure erano sparse lungo tutto il perimetro.
Lo annusò e fu avvolto da uno strano aroma familiare.
Nonostante una parte di lui gli suggerisse il contrario, era piuttosto sicuro di non aver mai visto prima quel pezzo di stoffa .
Se lo rigirò tra le mani, turbato per tutte quelle emozioni inaspettate, e qualcosa catturò, di nuovo, tutta la sua attenzione; in basso a sinistra, con una calligrafia raffinata - e sbiadita - c'era inciso qualcosa, forse un nome.
Lo avvicinò di più e solamente qualche minuto dopo capì quanto c'era scritto. Non si trattava di un nome e neanche di una data, ma per Alec fu sufficiente.
Forse qualcun altro non sarebbe riuscito a capirne il nesso, ma non lui, era tutto terribilmente chiaro per il cacciatore, limpido come la rugiada, cristallino come il cielo di un mattino d'estate.
Dicembre, diceva l'incisione.
Nient'altro.
Il giovane sentì i battiti del cuore accelerare e le mani diventare improvvisamente umide, percepì il respiro venire meno mentre gli occhi erano ancora incollati sull'oggetto di tutto quel turbamento.
Inspirò ed espirò lentamente, in un maldestro tentativo di mantenere la calma.
Conosceva Magnus abbastanza bene - ed abbastanza a fondo - da sapere che in genere custodiva tutto ciò che nel suo passato aveva avuto importanza, e quello era decisamente qualcosa di importante, o almeno, lo era per Alec .
Quel piccolo pezzettino di stoffa rappresentava qualcosa che molto tempo prima era appartenuta al suo fidanzato, era tutto ciò che restava del telo che aveva, secoli prima, avvolto il corpicino spaventato di quello che un giorno sarebbe diventato il sommo stregone di Brooklyn.
Era la coperta di Magnus, di quando era arrivato nel mondo.
Alec non poteva averne la certezza matematica, ma qualcosa - quella stessa sensazione che lo aveva portato a credere di aver trovato qualcosa di estremamente familiare - gli diceva che non si stava sbagliando.
Magnus era nato a dicembre.
Lo stregone era sempre stato un po' restio verso il suo passato, un atteggiamento che col tempo era andato via via diminuendo, soprattutto quando aveva deciso di affidare al giovane shadowhunter il suo taccuino con alcuni avvenimenti importanti della sua vita. Il ragazzo gliene era stato profondamente grato, aveva letto avidamente tutte le pagine, giorno dopo giorno, mese dopo mese e tutto ciò che vi trovava scritto non faceva altro che farglielo amare sempre di più.
Eppure una cosa Alec l'aveva notata in tutto quel marasma: non era mai riuscito a conoscere la data di nascita di Magnus.
Fu probabilmente per quel motivo che la scoperta di poco prima lo aveva destabilizzato ed al tempo stesso elettrizzato.
Aveva scoperto una cosa in più, un altro pezzo di quel magnifico puzzle che rappresentava il più grande amore della sua vita.
Magnus era nato a Dicembre ed il cacciatore doveva assolutamente fare qualcosa.
Dopo quel giorno Alec si era dedicato con estrema minuzia - ed anche una leggera ossessione - a scoprire il giorno esatto della nascita dello stregone.
Si era messo in testa di dover fare qualcosa per lui, di dovergli dimostrare - ulteriormente - quanto ci tenesse, e così aveva scomodato Izzy, talvolta anche Jace ed alla fine si era rivolto alla persona che tra tutti conosceva Magnus da più tempo, Catarina. In lei aveva trovato un'amica preziosa, un'alleata sagace e divertente che - non poi così facilmente e dopo non poche peripezie - gli aveva dato la risposta che tanto desiderava.
23 Dicembre.
Ed ora erano lì, in quella sontuosa stanza di hotel, dopo due giorni frenetici passati a fare - di nuovo - i turisti, con Magnus che aveva insistito a fare l'ennesimo giro sulla Senna, in pieno inverno, di notte, a bordo di un tappeto volante ed in tenuta da marinaio. Alec non aveva potuto fare altro che assecondarlo perché, per quanto non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, alla fine si sarebbe lasciato sempre convincere a fare anche le cose più impensabili se solo questo gli avrebbe consentito di vedere il magnifico sorriso dipinto sul volto del suo compagno.
Il cacciatore andò ad accomodarsi sul letto, si allentò la cravatta elegante che era stato costretto ad indossare e tornò a fissare il suo anello, estrasse poi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e vi trovò un messaggio del suo parabatai.

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