Capitolo uno

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Il parchetto situato di fronte la mia vecchia casa, è uno di quei posti che puoi amare solo da bambina, quando riesci a vedere i tuoi coetanei giocare a palla o portare il barboncino a fare la popò. Non so perché ho chiesto al mio amico di fermarsi proprio qui, ma forse è solo un modo per sentirmi di nuovo una di quelle bambine diverse, che giorno per giorno motivava questa sua etichetta rifiutandosi di cambiare il pannolino alle bambole. A quei tempi non dovevo davvero pensare a qualcosa, perché purtroppo o per fortuna, non ero in grado di capire molte delle vicende che accadevano in casa mia. "Magari potessi tornarci", penso tra me "non dovrei portare sulle spalle il macigno di una decisione così difficile".

«Non posso credere che tu voglia farlo davvero, sei matta». Sento la voce di Lake che mi scuote dai miei pensieri. «Smettila Lake, non cercare di dissuadermi, faccio quello che mi pare». Osservo il mio migliore amico prendere una sigaretta dal pacchetto e metterla in bocca. L'accende e fa un lungo tiro, per poi buttare via il fumo. «Nessuno sta cercando di darti degli ordini, Lorna. Sappiamo tutti come finisce quando qualcuno cerca di deviare i tuoi progetti, ma parliamoci chiaro: questa è una cazzata bella e buona. Non voglio intromettermi nella tua vita, ma ti voglio troppo bene per lasciare che sbagli senza nemmeno provare a farti cambiare idea». Osservo i suoi lineamenti e i suoi occhi preoccupati, e non posso fare altro che pensare al fatto che davvero tiene tanto a me. Vuole aiutarmi, questo è certo, ma non riuscirà a convincermi. Nonostante la temperatura primaverile, sento brividi gelidi scorrermi lungo la schiena. Pare che il mio corpo mi stia mandando dei segnali di ammonimento, ma ormai la decisione è stata presa, e né lui né nessun altro mi farà cambiare idea. Mi perdo di nuovo tra i pensieri quando li interrompe per l'ennesima volta in venti minuti dicendo: «Dammi retta, Lorna, ti prego». Mi fissa dritto negli occhi, con i suoi occhioni grigi così dolci, ma talmente tanto tristi. Ho paura che da un momento all'altro potrò sentirmi giudicata anche da lui, ma non posso permettergli di cambiare i miei piani solo perché mi prega guardandomi in quel modo. E' troppo persuasivo; credo che sia uno dei suoi pregi migliori (anche se quando lo usa con me, lo considero più un difetto che altro). Riesce a convincere chiunque, ed è per questo che Vane, mia cugina, ha mandato lui a parlarmi. Lei si sarebbe rivolta a me urlandomi in faccia se necessario, ed io avrei risposto ignorandola, fingendo di non ascoltarla, oppure urlando a mia volta. Lake sa esattamente come prendermi, ed è per questo che credo sia la persona più vicina a me, subito dopo Vane.

«Lorna, mi stai ascoltando?» Sento una lieve irritazione dentro di me a quella domanda, ma il suo tono di voce così pacato mi fa pentire di reagire male ogni volta che qualcuno cerca di evitarmi guai. «Lake, ti prego, stanne fuori». Mi osserva per qualcheistante privando i suoi occhi di qualsiasi espressione e dice: «Dai, andiamo a casa. Per oggi basta così» e mi accarezza i capelli. Mi sento subito sollevata, anche se capisco che non posso trascinare giù con me tutte le persone che mi circondano. E' anche per questo che non voglio altri amici: non voglio più causare guai a nessuno. Saliamo nella sua macchina, e mi riaccompagna a casa. Faccio per scendere, ma lui mi prende per un braccio, fermandomi. «Lorna, una cosa sola, pensaci bene, okay? Non devi per forza sacrificarti in questo modo». Annuisco, forzo un sorriso al massimo delle mie capacità, e scendo. Sento il motore della sua macchina ancora acceso, finché trovo la chiave, la giro nella toppa ed entro. Mi chiudo la porta alle spalle, e lo sento ripartire.

Un anno dopo...

Apprezzerei molto se esprimeste il vostro parere con un commento o un voto, e sarei felice se continuaste a leggere, non mancheranno i colpi di scena! Accetto correzioni di qualsiasi tipo, spero vi sia piaciuto, un bacio, Noemi.

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