Chapter 3

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Apro gli occhi, mi sembra di aver dormito ore nonostante la notte scorsa non sia andata a letto prima delle quattro di mattina. L'orologio segna le 8 eppure mi sembra impossibile. Poi, inizio a vedere. Uno spiraglio di luce entra da una finestra che non è quella della mia camera illuminando tutto quanto.

Dove sono?

Di certo non a casa mia ma non ricordo nulla di vagamente simile a questa stanza nemmeno per quanto riguarda la casa di miei amici o parenti.
Le pareti sono tanto bianche da accecarmi, le tende, l'armadio e pure le lenzuola lo sono.

È tutto bianco.

Buon Dio, sono morta? È il Paradiso? Non credevo fosse così, lo immaginavo un po' più stile hawaiano. Forse sono in quella specie di sala d'attesa. Com'è che la chiamano? Ah sì, Purgatorio. 
Era più carina la versione di Dante Alighieri però, la mia è piuttosto monotona e bianca, tanto bianca da pizzicarmi gli occhi. È abbagliante! È questa la luce in fondo al tunnel? Certo che la mia è a dir poco triste. Una stanza che brilla di luce propria, mi accieca e...puzza?
Sento un odore strano, che mi punge il naso. Credo sia disinfettante misto a qualche altro aroma per nulla invitante.
No. Io non sono morta, ho solo dormito troppo e il mio cervello sta faticando a riprendere i ritmi. È tutto troppo reale e oltretutto la starei prendendo fin troppo bene se fosse il contrario. Credevo che le anime fossero più leggere ma a me pare che la forza di gravità con me stia funzionando decisamente bene.
Fantastico, vorrei poterne gioire ma non è che questa stanza sia proprio carica di aria festosa.
C'è parecchio traffico fuori dalla porta.
Il mio comodino è spoglio, come tutto il resto, se non fosse per un libro solitario che se ne sta lì, a fissarmi comprensivo ed io mi lascio catturare.


Evidentemente erano loro i primi a pensare che avessi un piede nella fossa perché in due ore, dal trafficato corridoio, nessuno ha messo piede in questa specie di bunker.
Ho preso pure in considerazione l'idea di gridare al vento qualche volta ma fortunatamente la lettura mi ha tenuto buona compagnia.
In due ore non ho fatto altro che leggere, non che mi dispiacesse ma è anche vero che di alternative non ne avevo. Poi per errore, per destino o che altro l'umanità ha ripopolato il mio tempo ed eccoli lì, tutti intorno al letto: chi scribacchia su cartelle, chi telefona e chi mi guarda come se fossi una specie di alieno. Tra questi c'è pure chi si ricorda che invece sono umana e che dalla faccia a forma di punto di domanda che ho al momento probabilmente ho bisogno di sapere qualcosa in più e di diverso dalla pressione sanguigna che per inciso è sempre stata perfetta anche durante la convalescenza. Così pare almeno.
<<Bentornata, Kim! Io sono Charlotte. Ti senti bene? Domanda sciocca...>> dopo di che iniziò il monologo. Mi disse che avevo avuto un incidente ma che nessuno era mai stato in grado di ricostruirne le dinamiche, ero sola presumibilmente perché non vi era traccia di altre presenze. Nessuno pensava che avrei potuto farcela. Io non ricordavo nulla ovviamente, ma immaginai perfettamente ogni cosa. Il suo racconto era carico di dettagli, ricordava tutto come fosse accaduto cinque minuti fa. L'immagine del mio corpo privo di sensi, disteso su una barella circondata da medici ed infermieri indaffarati mi balenò nella mente ed era facile da trattenere. Mi sentivo come se stessi guardando un film solo che il povero disgraziato ero io e quella era la vita reale. <<È stato un miracolo,>> continuavano a ripetermi tutti sovrastando il suono cadenzato delle macchine <<uno straordinario regalo della natura!>>
Avevano ragione, eppure io miracolata non mi ci sentivo, non dopo che seppi di essere stata in coma per un' eternità.

Non spiccicai parola per tutto il tempo e Charlotte non sembrava aspettarsi una risposta.
Quanto avevo perso della vita dei miei genitori e di tutti quelli che conoscevo? Quanto? E adesso mi sveglio per cosa? Morire di nuovo di vecchiaia?

<<Io odio gli ospedali>>  

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⏰ Last updated: Sep 21, 2017 ⏰

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