Capitolo 3 - A scuola

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Seth come al solito teneva il naso affondato fra le pagine del libro di turno e non si accorse dell'amica neanche quando si sedette al suo fianco, facendolo sobbalzare. 

"Seth! Per l'amor di Dio guardami!" disse disperata.

"Che succede?" chiese, finendo di leggere le ultime righe del capitolo. "Be', un colore alquanto bizzarro. Potevi metterti il cappuccio se volevi nasconderli. E lui chi è?" Individuò John, seduto comodamente di fianco a lei, occupando tutti e due i sedili rimanenti.

"Oh, cavolo è vero! Il cappuccio!" sobbalzò Loto coprendosi i capelli. "Lui è... un'idiota!" concluse indicando John.

"Ciao, mi chiamo John, sono il cugino di Loto" disse allungando una mano verso il ragazzo.

Seth guardò la sua mano e poi John, poi tornò a riporre tutta l'attenzione alla carta stampata fra le sue mani. "Io sono Seth, verrai a scuola con noi?"

Loto guardò John con occhi sbarrati, in lingua adolescenziale voleva dire "non ci pensare neanche".

"Sì certo, fino alla fine della scuola." 

Loto non poté fare a meno di sprofondare nel suo cappuccio mentre Seth proseguì con la lettura. Rimasero in silenzio per tutto il tragitto, John guardava fuori dal finestrino, mentre le ragazze più indisponenti della scuola, si giravano di continuo verso di lui.

Quando entrarono nell'edificio scolastico, Loto era riuscita ad attirare l'attenzione di poche persone grazie al cappuccio della felpa ma una volta arrivata in classe, non ci fu modo di scappare dalla tragedia.

Il professore era già alla cattedra e gli studenti andarono a sedersi: la guardò infastidito. "Signorina Papetti, può gentilmente togliersi il cappuccio? È maleducazione."

Loto, ormai scoraggiata, se lo tolse attirando gli sguardi dei compagni.

Il professor Borto sgranò gli occhi. "Ora capisco molte cose..."

"È uno scherzo di mio cugino, è venuto a stare da noi per un po'... È un ragazzo alquanto immaturo." Sbuffò seccata, per evitare che le facessero altre domande.

Ripeté questa scusa a tutti quelli che le chiedevano spiegazioni sull'insolito colore dei suoi capelli finché la campanella della ricreazione suonò ed ebbe modo di scappare fuori di corsa: aveva voglia di cambiare aria e di tenere il muso senza dare spiegazioni a nessuno.

La scuola era un grande edificio, per alunni delle elementari e delle scuole secondarie.

Lei e Seth solitamente andavano a sedersi sempre sotto al solito albero, lo avevano conquistato qualche anno prima, dopo che gli altri studenti erano passati al liceo.

Col cappuccio in testa e le goccioline di sudore ad imperlarle la fronte, giurò di non toglierselo più per il resto della giornata.

Sbuffò, pensando che le cose non sarebbero potute andare peggio quando vide Seth e John che parlavano di serpenti.

"Che ironia" bofonchiò Loto, ascoltando i loro discorsi. 

Seth era un collezionista appassionato del genere, mentre John era un rettile a tutti gli effetti.

Ma dopo qualche minuto Loto non li stava più ascoltando, la sua attenzione veniva costantemente attirata da uno sciame di farfalle giganti e multicolori che volavano attorno agli studenti senza che questi se ne accorgessero; l'erba si muoveva anche se non c'era vento, stormi di uccelli apparivano dal nulla e svanivano per comparire a qualche metro di distanza.

Ripensò all'ora di matematica, in cui aveva fatto fatica a stare attenta a causa di una lucertola in testa al professore e agli scarafaggi marroni che entravano e uscivano dalla tasca dello zaino del suo vicino di banco.

Per non parlare delle piante, seguivano il passaggio degli studenti mentre le foglie si arricciavano e roteavano.

E anche se era bellissimo da guardare, tutto quel movimento le stava prosciugando le energie. Seth e John continuarono a parlare senza badare a lei e ne fu felice, le permise di osservare con attenzione il prato che le stava di fronte.

I ragazzi della sua età camminavano fra le meraviglie della natura senza neanche rendersene conto: scorse due ragazzini seduti uno di fronte all'altro che con le loro console portatili giocavano a guerra navale, mentre una farfalla grande quanto una mano, con le ali blu e verdi che brillavano al sole, cercava la loro attenzione senza sortire l'effetto desiderato.

Quando la campanella suonò la fine della ricreazione, Seth salutò Loto e John. Lui attese che l'amico fosse lontano per chiederle come stava andando la giornata.

"Terribile, il giorno più brutto della mia vita! Non riesco a stare attenta, vengo richiamata in continuazione perché rincorro cose che gli altri non vedono. Non vedo l'ora di arrivare a casa" mormorò demoralizzata. "In più, ciò che vedo mi riempie di tristezza, è come un mondo che chiede di essere visto ma che nessuno sente o percepisce."

"Sei e fortunata ad avere la vista. Invece di apprezzarlo come un dono, ti lamenti come una bambina viziata." Sbottò.

Loto si voltò a guardarlo stizzita. "Ma come ti permetti? Mi hai chiesto tu come mi sento e io ti ho risposto!"

"Speravo che non fossi così stupida da sentirlo come un peso! La gente è infelice, e anche la natura! Pensi che sia bello essere a questo mondo e non essere mai visti da nessuno o non poter parlare con nessuno? Vorrei sapere inoltre, qual è lo scopo per il quale una pianta deve essere messa in una classe senza che nessuno si accorga di lei..."

Loto non fece in tempo a ribattere perché l'amico aveva già fatto il giro dell'albero ed era scomparso.

Quelle parole la fecero sentire in colpa: forse stava considerando le cose nel modo sbagliato.

***

Anthea #WATTYS2017Donde viven las historias. Descúbrelo ahora