Capitolo 20 - A Rockwood

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«Cosa diavolo sta succedendo?» pensò John fra sé.

Erano fermi come spaventapasseri, disposti uno di fianco all'altro, intorno alla proprietà di Mr. Ego.

L'unico momento in cui aveva pensato fossero ancora vivi, era stato quando un uccellino aveva deciso di appoggiarsi sventuratamente sulla spalla di uno di essi. Lo ridusse in polvere prima che l'uccellino ebbe il tempo di capirlo.

Erano vestiti di nero, anche la faccia era coperta, tranne gli occhi che erano di un azzurro iridescente, come se dentro di loro ardesse una un fuoco di ghiaccio.

Guardarli gli metteva i brividi, c'era qualcosa di innaturale nel loro modo di fare.

Pensò a un modo per entrare in quella villa. Il cielo si stava oscurando all'orizzonte, le nuvole avanzavano portando aria di pioggia ovunque. Il bosco, in attesa della tempesta, si era fatto più silenzioso e tetro, sospeso nel tempo.

Il giorno prima, uno di loro lo aveva scoperto passeggiare nei boschi. Se fosse stata una persona normale sarebbe probabilmente morto. Una sentinella mandata ad ispezionare i dintorni. In realtà John era pronto all'attacco ed era riuscito a sorprenderlo alle spalle, da giorni studiava il nemico e attendeva il momento giusto per fare la sua mossa.

Si era acquattato dietro a un grosso albero monco, uno dei tanti scempi che avevano disseminato nel bosco di Rockwood.

Lo aveva visto camminare sempre più vicino e spietato. Lo aveva morso ripetutamente e si era impadronito dei suoi vestiti, per poter fare la mossa successiva.

Prendendo coraggio e indossati gli abiti neri, aveva posizionato la fascia davanti alla bocca che aveva un vago odore di tabacco, misto ad alito puzzolente e spezie.

Solo gli occhi erano visibili.

John camminò attraverso il prato lentamente, ma con passo deciso. Le mani gli tremavano ma cercò di calmare il respiro. Si avvicinava sempre di più alle sentinelle. Sentiva gli occhi azzurri, glaciali e spietati su di lui.

John fece un altro passo e per sua sorpresa, le sentinelle tornarono a guardare davanti a loro. Il suo cuore sussultò.

Un odore nauseante lo investì, accompagnato da un conato di vomito che riuscì a controllare e rispedire in fondo alla gola.

Procedette con passo sicuro e raggiunse la villa che un tempo aveva attraversato in altre vesti. Fece il giro, entrando dal cancello spalancato, si guardò attorno in cerca di qualche indizio o pista da seguire.

«Ehi attento!» gli urlò un uomo ciccione con la barba incolta alla guida del camion.

John lo fece passare e poi fu il suo turno.

Attraversò i confini della villa, osservò la piscina coperta da un telo verde. Un gruppo di tre Archema parlavano fra loro ai piedi della scalinata. Altri invece erano fermi come statue, come quelli che aveva visto all'esterno. Fissavano il vuoto con quello sguardo che faceva venire i brividi.

John continuò per la sua strada, all'interno della villa. Quella grande sala, che una volta conteneva un gruppo di ragazzini pronti a festeggiare la fine degli esami, ora sembrava un ritrovo per serial killer.

Ovunque c'erano Archema che, indaffarati, camminavano con passo sicuro da una parte all'altra e anche li c'era il ricordo dell'odore nauseante che aveva sentito all'esterno.

«Tu!» gli gridò un Archema.

John cercò di rimanere impassibile, controllando le proprie emozioni. Un Archema avanzò, accompagnato da uno di "quelli". Non appena furono abbastanza vicini la nausea lo assalì, raschiandogli la gola.

Anthea #WATTYS2017Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora