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Ero sempre io quello che lo feriva.
Eppure lui tornava sempre.
«Isak. Guardami. Ce la fai?» mi sussurrò più tardi.
Io volevo solo dormire. Volevo che lui se ne andasse.
Ma sapevo anche che quello che mi dicevo era una grande e grossa bugia. Senza di lui non posso farcela.
Perciò chiusi gli occhi e pensai. Pensai alle volte in cui era arrivato nell'abisso in cui stavo sprofondando e mi aveva riportato in superficie, salvandomi prima che fosse troppo tardi.
Poteva farlo di nuovo. Voleva farlo di nuovo. Stava cercando solamente il mio permesso.
Non dovevo fare altro che darglielo.
Fare un piccolo sforzo e allungare una mano e permettergli di afferrarla.
Mi girai verso di lui e aprii gli occhi.
Mi rivolse quel sorriso bellissimo che non ho mai visto formarsi sul viso di nessun altro.
Quel sorriso era unico. Ed era per me.
Valeva la pena sforzarsi per questo, no?
«Ti ricordi il gioco?»
«Isak ed Even, minuto..»
«Sì, sì.» Mi bloccò. Stavamo sussurrando, i nostri volti a pochi centimetri di distanza. «Ma non ci giocheremo. Voglio solo che tu pensi a quanto è bella la tua vita e alzi il culo e ti fai una doccia.»
«Ah, e così puzzo?»
«Proprio così.» sorrise.
Io no.
«Isak,» dissi in tono serio. «Perché lo fai?»
«Perché è il tuo compleanno..»
Allungò una mano verso di me mentre mi guardava come si guarda un animale che non si vuole spaventare. Alla fine si accorse che non avevo intenzione di morderlo e mi sistemò i capelli. Poi scese e mi accarezzò la guancia. Chiusi ancora una volta gli occhi..
«..perché ti amo.»
Allora mi sforzai.
E sorrisi.

Evak;Where stories live. Discover now