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Non so quanto tempo passò prima che la sua voce sussurrasse abbastanza forte da essere udibile nel silenzio e abbastanza piano da spezzarmi il cuore. «Even?»
Io non dissi nulla. Mi pizzicavano gli occhi.
Sentii un sospiro, poi lui si alzò. «Even.»
A quel punto mi voltai a guardarlo. Il maledetto stava facendo quella faccia che avrebbe fatto sentire un sicario in dovere di comprargli un palloncino.
Lo guardavo. E lui guardava me.
«Entra.» Gracchiai.
E lui entrò.
Il modo incerto in cui socchiuse ancora di più la porta e fece un passo dentro la stanza mi fece venire una gran voglia di sorridere.
Che creatura meravigliosa che era. Sapeva come mi sentivo, era l'unico che capiva sempre. Voleva entrare, voleva stare con me, ma sapeva.
Lo osservai avvicinarsi con il passo leggero di un gatto e il terrore di un topolino. Aveva paura che avrei reagito di nuovo male, o forse aveva paura di sbagliare, di prendermi per il verso sbagliato, di rovinare tutto. Se solo avesse potuto entrare nella mia testa, forse avrebbe capito quanto si sbagliava. Ero io quello che rovinava tutto. Lui era quello che rimetteva insieme i pezzi. E' così che la vedevo io.
Era arrivato ai piedi del letto e mi fissava con quegli occhioni tristi quando mi schiarii la voce. «Non voglio che stai lì a guardarmi in quel modo..» chiusi gli occhi. «Perché sei ancora qui?»
Seguì un breve silenzio. «Intendi "qui" nella tua stanza, o "qui" nella tua miserabile vita di merda?» Il cambiamento nella sua voce mi fece sussultare. Aprii gli occhi mentre continuava. «In entrambi i casi, sono qui perché voglio esserci.»
Continuai a fissare il vuoto davanti a me. Non aveva finito.
«Sono qui perché voglio esserci..» ripetè. «E non ti chiederò se tu vuoi che io ci sia, perché la risposta potrebbe cambiare tra un mese o tra una settimana o tra un giorno o tra un'ora o tra un minuto e lo so. Ok? Lo capisco. E lo accetto. Per cui adesso continuerai a non parlare mentre io sto "qui". Perché è il tuo compleanno e non ho intenzione di lasciarti da solo."
Si tolse la giacca e la lasciò cadere per terra. Poi si avvicinò al letto e si sistemò accanto a me.
Era a pancia in sù, e io continuavo a guardare dritto, girato su un fianco.
«Buon compleanno, Even.»



Evak;Where stories live. Discover now