Non mi sarebbe pesato guardarli per ore: il gigante burbero e la bambina splendente, chini su quei pezzi finemente intagliati e privi di volto, mentre decidevano con lucida spregiudicatezza chi sacrificare e chi salvare per la propria causa.
Una guerra di fine intelletto e gelida ferocia, combattuta con un fondale di fiamme.

Eppure mi sentii un'intrusa lì sulla soglia, così feci per richiudere la porta, ma questa mi tradì con un lamento secco.
Gli occhi azzurri di Clarisse mi trovarono subito e un sorriso luminoso sciolse la sua fronte aggrottata.

«Shari» esclamò sorpresa, «Non osare fingere di non averci visti. Vieni qui.»

Non era possibile negarle alcunché, così mi ritrovai ad avanzare verso di loro, rigida.

«Sono così contenta che tu stia bene» disse lei, alzandosi in piedi e lasciando cadere le pedine conquistate, «Naturalmente ho saputo. Mi dispiace così tanto.»
Il suo bel volto si oscurò; sembrava sinceramente rammaricata per quanto mi fosse successo.
«Temo che sia stata anche colpa mia. Se non avessimo passato il pomeriggio insieme, Ambrose non ti avrebbe punita così duramente» continuò, guardandomi mesta, «Protettivo non rende lontanamente l'idea.»

Scossi la testa, imbarazzata.

«Ti prego, non scusarti» replicai, sforzandomi di sorriderle. Ero stanca di sentire gli abitanti di quella casa ammorbidire le colpe di Ambrose, come se non fosse mai completamente responsabile.

«Ce ne hai messo, a riprenderti» commentò Luc, osservandomi e poggiando le spalle contro il divano in una posa rilassata, «Io e Gaspar abbiamo scommesso sulla tua sopravvivenza. Gli devo parecchie sterline.»

Clarisse lo fulminò.
«Sei un villano» commentò disgustata.
Deglutii.

«Non ho avuto modo di ringraziarti» gli risposi invece, vincendo le mie naturali resistenze. Sebbene non avessi dimenticato il nostro burrascoso incontro in biblioteca e il suo sadico divertimento nello spaventarmi, non potevo ignorare il modo in cui si fosse preso cura di me, «Per quello che hai fatto. Per avermi salvata.»

Per un attimo sembrò sinceramente sorpreso dalle mie parole; ma nascose quell'emozione dietro una maschera di manifesta strafottenza.

«Non ringraziarmi, bambolina Selvatica. Se Ambrose mi avesse chiesto di trovarti e poi ucciderti, l'avrei fatto.»

Clarisse gli lanciò l'ennesima occhiata di fuoco.

«Ora basta, Luc. Sono stufa di questa storia. Sono giorni che ripeto ad Ambrose di smetterla di trattarla come una prigioniera, o è naturale che reagirà di conseguenza» disse, sollevando il mento e sfidandolo a contraddirla, «Per non parlare di quell'imbecille, che ogni notte si nasconde alla Corte come un maledetto coniglio. Il suo signum dovrebbe essere la carota, non certo l'iris.»

La sorpresa mi seccò la gola.
«La Corte dei Fiori di Vetro?» domandai, stupita.

Clarisse mi guardò, un sopracciglio perfetto inarcato per l'incredulità.
«Ti ha parlato di quel postribolo? Ha un bel coraggio.»

«No» risposi, sentendo le guance avvampare, «No. E' solo che volevo parlargli in merito alla morte di quel vampiro, Armand. Ho delle informazioni che potrebbero interessargli, ma immagino che dovrò aspettare fino a domattina.»

«Beh» commentò Clarisse, lanciando un'occhiata esitante all'indirizzo di Luc, «se è urgente, immagino che potremmo portarti da lui...»
Luc quasi si strozzò.

«E che diavolo potrebbe esserci di così urgente?»

Clarisse lo ignorò, tornando a rivolgermi la sua attenzione.
«Certo, Ambrose potrebbe non gradire, vista la tua fuga. Ma se ci fossimo noi, non vedo come potrebbe obiettare...» rifletté, parlando più a se stessa che a qualcuno in particolare.

Dies SanguinisWhere stories live. Discover now