CAPITOLO 63

2.5K 117 9
                                    

Il mio cuore manca di un battito perché non so cosa potrà succedere. Il mio ragazzo tira un pugno sul letto prima di scattare in piedi.

《Jon stai calmo.》

《No! Ora mi sente》dice a denti stretti.

《Jonathan sei a casa?》chiede la donna dal soggiorno.
Ho l'impressione che ci sarà una dura discussione.
Lui non risponde ma afferra le carte e le fotografie sparse sul pavimento della camera.

《Jonathan che fai?》

《Stai zitta Rebecca》mi avverte. Guardo ancora i suoi occhi infranti dopodiché lui esce dalla stanza lasciandomi sola.

《Jonathan!》esclama sua madre adottiva dal soggiorno, credo per lo stupore nel vedere il figlio in quello stato.
Devi fare qualcosa.
Velocemente faccio capolino anche io nel salotto dove si trovano già gli altri due. Quindi gli occhi scuri della signora si spostano su di me ed innarca le sopracciglia. È una bella donna. I capelli mossi sono sciolti sulle spalle, ha un fisico minuto e pochissime rughe. È ben vestita ed indossa molti gioielli.

《Chi sei tu?》

《Io sono Rebecca, piacere》rispondo strigendole la mano.

《Basta, non è il momento delle presentazioni questo! 》

《Figlio mio ma che ti succede? Stai bene?》
Lei si inquieta portandosi una mano sul cuore.

《No, non chiamarmi figlio mio!》
Arretreggio e trattengo il respiro.
Vedo gli occhi dell'altra spegnersi, come se avesse già capito tutto.

《Ho scoperto la verità finalmente!》urla Jonathan furioso laciando su di lei i fogli che teneva in mano.

Essa sussulta. Guardo i movimenti del suo petto affannosi e poi leggo il dolore nei suoi occhi nel vedere il ragazzo a pezzi.
Nel frattempo io osservo la scena impaurita e sbigottita. Riesco solo ad udire i battiti intensi del mio cuore.

《Io non so come chiederti perdono...》

《Già, ora tu non sai eh! Perché!?》
Il mio ragazzo inizia a camminare  per la spoglia stanza strattonandosi i riccioli.

《Posso spiegarti?》

《Spiegami!》
Tremo anche io e mi sento un'intrusa.

《Prima calmati》lo prega la donna piangente.

《Calmarmi? Dopo ventuno anni scopro che in realtà non ho mai avuto dei genitori! E poi siamo sinceri, non sei mai stata una buona mamma da quando pa...tuo marito se n'è andato, quel fallito. Ci hai sempre trascurati!》

Stringo i pugni sperando che Jonathan si calmi.

《Ma poi Mike, il tuo vero ed unico figlio, è cresciuto bene mentre io, quello falso, sono venuto su male. Ti ricordi eh? Quando piangevi perché io bevevo? Poverina! Invece quello stronzo di tuo figlio è sempre stato la tua salvezza. Se solo lo avessi saputo prima!》
Ormai è rabbioso, gesticola, urla.

《Non è così》singhiozza l'altra.

《Io ti ho amato come mio figlio, tu sei tutto per me...》

《Basta! Spiegami solo perché mi avete adottato cazzo.》

《Okay...io e Michel non riuscivamo ad avere un figlio, ai tempi l'inseminazione non era ancora molto conosciuta e così abbiamo pensato all'adozione. È una bella cosa alla fine. Tu eri in un orfanatrofio qui a Seattle, non sappiamo granché sul tuo passato...》

《Cazzo!》la interrompe l'altro piangendo nuovamente.
Io e la donna siamo impaurite.

《Lasciami finire! Avevamo deciso di non dirti nulla fino alla tua adolescenza, ma poi tuo padre se n'è andato e tu hai iniziato a bere e a star male, io non potevo dirtelo.》

《Oh sì che potevi! Perché non lo hai fatto! Non sai cosa significhi per me scoprirlo in questo modo!》

Ora si trovano uno di fronte all'altro mentre io sono appoggiata al divano.
Gli occhi verdi di Jonathan sono fissi sulla signora anch'essa a pezzi.

《Mi dispiace! Non volevo, io ti amo lo sai, ho fatto il possibile per vederti crescere...》

《Mike lo sa?》

《Cosa?》

《Mike lo sa?!》
Le piccole labbra di lei si aprono ed esita prima di parlare. Temo la risposta.

《Sì.》
Merda. Mi stupisco sempre di più sul conto di quel ragazzo, lui lo ha sempre saputo, come poteva tenerselo dentro.

L'altro grida e poi tira un calcio contro un mobile.

《Lo hai detto a lui...e non a me! Che figlio di puttana.》

《Non è colpa sua...ti prego.》

La donna ormai sembra sull'orlo di crollare. Ha il viso rosso ed umido e le mani tremanti.
Jonathan si lascia cadere sulla poltrona marrone, distrutto. Con poca sicurezza mi avvicino a lui che però mi respinge.

《Chi sono i miei genitori allora?》domanda egli con un filo di voce. L'ansia e il dolore traspaiono dalla sua espressione. Ho la gola secca, lo stomaco stretto.

《Non lo so, tua madre ti abbandonò perché viveva per la strada e tuo padre non si sa chi sia.》
Il mio ragazzo stringe i braccioli della poltrona attraversato dalla rabbia.

《Quali documenti hai su di loro?》

《Nessuno》singhiozza lei coprendosi il volto con le mani.
Mi sento cadere quindi mi appoggio al muro.

《Fanculo! Sei una stronza, assieme a tuo marito e a tuo figlio! Io non ho mai fatto parte di questa famiglia infatti.》

La donna rimane in silenzio, ferita.
Poi Jonathan si alza e raccoglie le carte e le fotografie per terra.

《Lì c'è tutto ciò che puoi sapere》farfuglia lei.
Lui non le da' retta e si reca in un'altra stanza lasciandoci sole.

《No》cade a terra l'altra piegandosi su sé stessa. Mi torna in mente la mia di famiglia, mia madre, mio padre. Le lacrime sgorgano ormai sul mio viso.

《Signora?》
Mi avvicino a lei sedendomi accanto al suo corpo fragile.

《Non doveva scoprirlo così, ha ragione, non sono stata una madre!》
Fai qualcosa. Provo tenerezza verso questa donna.
La abbraccio semplicemente.

《Un giorno lo capirà, non si torturi così》dico.

《No! È difficile...》

《Lo so, ma lui è arrabbiato ora, non la condannerà per sempre.》

《Ti prego, convincilo tu.》
Ella mi guarda con gli occhi innondati dalle lacrime. Respira male, singhiozza.

《Io...non lo so.》

I passi pesanti di Jonathan rimbombano come un suono amaro nella stanza.
Sulle spalle ha uno zainetto.

《Rebecca andiamocene!》

Mi alzo subito. Egli mi raggiunge afferrandomi il braccio e poi mi trascina verso la porta.

《Aspetta》lo fermo.

《Cosa c'è?!》
Io indico la donna sul pavimento.

《Non ti ci mettere anche tu.》

《Jon non te ne andare!》grida lei. Mi si spezza il cuore per entrambi, ma ovviamente sto dalla parte del mio ragazzo.

《Addio!》urla suo figlio adottivo e poi mi spinge fuori dalla porta richiudendosela alle spalle. Udiamo ancora i lamenti dell'altra.
Sempre tenendomi per mano camminiamo in silenzio per qualche minuto sul ciglio della strada. Vorrei chiedergli come sta, cosa vuole fare, dove stiamo andando. Però non ne ho il coraggio. Ora ha smesso di piangere. Sono così intontita e dispiaciuta per tutto quello che ha dovuto subire. Vorrei solo sostenerlo ed aiutarlo.

La vita è così ingiusta, soprattutto con noi due. Ora la mia unica certezza è la mia mano stretta nella sua.

《Dove stiamo andando?》gli domando poi titubante.

Ho aggiornato abbastanza in fretta yep.
Spero stiate bene:)
Se il capitolo vi è piaciuto lasciate un commento 💘
Un bacio tesori!

BURN (in revisione)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora