4 - Mi sconvolgi le priorità

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Capitolo 4
Mi sconvolgi le priorità

16 settembre 2016


La partita col Genoa è stata una merda totale.
Quella con il Paok non ve lo dico proprio.
E dopodomani c'è la Roma.
Ho una voglia assurda di vincere una cazzo di partita e che palle.
Ho bisogno di segnare.
"Calmati Fede, altrimenti il sacco da boxe lo fai venir giù" mi consiglia Borja, uno dei pochi rimasti con me per questa sessione extra in palestra alla sede sportiva.
In effetti ha ragione.
"Devo scaricare la rabbia di queste due partite" mi giustifico, col fiato corto.
Lui annuisce, so che anche agli altri brucia aver sprecato sei punti così.
Quel dannato infortunio al malleolo che mi ha tenuto lontano dal campo lo scorso anno mi ha dato ancora più voglia di fare, di lottare e di vincere.
"Ti squilla il cellulare" mi dice il mio compagno, indicandomi l'iPhone abbandonato sul borsone poco più in là.
Mi sfilo rapidamente le fascette e appena leggo il nome del mittente sorrido, rispondendo senza esitazione.
"Ehi piccola"
Ormai è diventata un'abitudine chiamarla così.
Del resto Giulia è la mia piccola.
Dalla giornata al mare ci sentiamo tutti i giorni ma siamo riusciti a vederci solo di sfuggita agli allenamenti, tra i suoi impegni ed i miei sembra un miracolo avere del tempo per parlare al telefono ora che la stagione è ingranata.
"Fede! Come ti senti?"
Dopo questi due risultati di merda Giulia si è subito interessata per sapere come l'avessi presa, se mi stavo uccidendo di lavoro come al solito e se fossi nervoso.
Tipico di lei, preoccuparsi sempre per gli altri... per me.
"Motivato per la prossima, non abbiamo alternative, bisogna vincere"
"Andrete alla grande! Hai il fiatone, sei in palestra?"
Il suo tono è puramente curioso, non si è mai permessa in questi giorni di fare delle scenate o di porre troppe domande.
Un po' è nel suo carattere immagino, per via della sua timidezza, o forse proprio come me è totalmente confusa su ciò che c'è tra di noi e non vuole prendersi troppe libertà.
Anche se lo facesse non avrei nulla da rimproverarle, in ogni caso.
"Ho quasi finito..." sto per aggiungere altro quando incontro lo sguardo di Cristian e Nikola che mi incoraggiano con dei cenni.
"Segui il cuore, imbecille!" esclama il croato, facendomi mimare gesti poco educati.
Spero che Giulia non lo abbia sentito, almeno.
"Fede?"
"Uhm si, mi chiedevo..." — lancio un'ultima occhiata ai miei compagni, che abbiano ragione? — "...ti va di uscire, stasera?"
Rimane qualche istante in silenzio.
Wow, l'ho stupita. Mi sento soddisfatto, mi piace sorprenderla.
Quei due coglioni accennano addirittura un applauso ma io li blocco con un'occhiataccia.
Era da un po' che ci pensavo e i ragazzi rompevano le palle dicendo che da quando frequento Giulia sorrido di più e tutte queste cazzate che solo loro potevano notare.
"E' un appuntamento?" mi chiede incerta, ma posso giurare che stia sorridendo.
Sorrido anch'io, grattandomi la nuca.
"Beh, se vogliamo metterla così... sì, è un appuntamento"
A quel punto Cristian, Borja e Nikola esplodono in un urlo liberatorio, mentre dall'altra parte del telefono Giulia scoppia a ridere.
Bella figura di merda.
Sono arrossito, ma ci rendiamo conto?! Nemmeno a cinque anni. Meno male che non può vedermi.
"Beh fanno il tifo per te" commenta, divertita.
Fanno il tifo per noi, ma non glielo dico.
"A quanto pare" — ridacchio — "passo a prenderti tra un'ora, va bene?"
"Certo ma... devo vestirmi elegante?" mi chiede, improvvisamente in difficoltà.
Sorrido intenerito, si fa proprio seghe mentali inutili.
Ma non capisce che è bella sempre?
E il fatto che non lo noti la rende ancora più bella.
Non gliel'ho mai detto, perché anche io sono timido a modo mio... in queste manifestazioni d'affetto, ecco.
"Tu sei elegante sempre, piccola"
Borja fa finta di mettersi un dito in gola e vomitare mentre gli altri due sghignazzano.
Me la pagheranno.
"Ti aspetto, allora!"
Si conclude così la telefonata, osservo il telefono con un altro sorriso dopodiché afferro l'asciugamano e becco Nikola dritto in faccia.
Sorrido soddisfatto.
"Chi la fa l'aspetti!"
I due per tutta risposta corrono negli spogliatoi ridendo.
Scuoto la testa divertito, non cambieremo mai, siamo una banda di disagiati.
Finisco di mettere la roba nel borsone e mi avvio verso il parcheggio, seguito da Borja; meglio se faccio la doccia a casa, altrimenti con quei due scemi ci metto una vita.
"Quindi questa ragazza è speciale..." dice lo spagnolo, catturando la mia attenzione.
Borja è sempre stato come un fratello maggiore qui in squadra, mi ha aiutato tanto quando sono arrivato e mi ha subito dato fiducia.
E' un simpaticone poi, un ottimo complice.
Faccio un sorriso sghembo.
"Molto" rispondo senza esitazione.
"E tu che intenzioni hai?"
Bella domanda.
Sospiro, poggiandomi contro la portiera della mia auto.
"Non ne ho idea... Io non ci capisco un cazzo di queste cose, Borja"
Solo in questi momenti mi rendo conto per davvero di quanto sono giovane.
"So solo che mi fa stare bene" — aggiungo — "davvero bene"
Mi dà una pacca sulla spalla prima di entrare in macchina.
"Fidati Federì, non fartela scappare e non aver paura dei tuoi sentimenti"
E poi entra, mette in moto e mi lascia qua come un cretino.
Ci prende proprio in pieno lui, eh.
Non voglio pensarci adesso però, non è stasera il momento di riflettere, voglio solo godermi del tempo con Giulia... ed ho già in mente dove portarla.
Nel giro di un'ora, fresco di doccia, i capelli sistemati col gel, una camicia blu (colletto rigorosamente alzato e i primi due bottoni lasciati aperti) e jeans scuri, mi ritrovo sotto al condominio dove Giulia ha in affitto il suo appartamento.
Busso al citofono.
"Pronto?!"
Sorrido, è in panico.
"Ehi, pensi di scendere?" la prendo in giro.
"Puoi salire tu un attimo? Devo finire di prepararmi... ci metto un secondo!"
Sì, è proprio nel pallone.
Chissà cosa sta combinando.
Non pensavo di metterla così in crisi con questo appuntamento.
"Prendi un respiro, piccola"
"Certo... certo, sì"
La sento sospirare.
Sono qua con la spalla poggiata contro il portone del palazzo e me la immagino lì, tutta in ansia, che non sa che mettersi, che vuole essere bella per me. Per me. Al pensiero sorrido di nuovo.
Forse i ragazzi hanno ragione...
"E' il terzo piano" aggiunge, prima di aprirmi.
Appena metto piede nell'androne Francesca quasi mi travolge.
Se ha fatto addirittura venire lei deve proprio significare molto quest'uscita.
"Ehi! Ne ha per molto la tua amica?" chiedo scherzosamente.
"L'hai mandata in tilt, Fede!" esclama.
Scuoto la testa divertito e salgo i primi due scalini quando la fidanzata di Davide mi richiama.
"Federico!"
"Cosa?"
"Non spezzarle il cuore"
Il tono serio e preoccupato con cui pronuncia queste parole aggrava ancora di più il peso dei dubbi che mi ha insinuato Borja e che già di mio avevo.
Faccio un cenno col capo senza dire nulla e continuo a salire.
Forse quest'invito è stato un errore, forse ci sono troppo aspettative.
Non so nemmeno cosa voglio.
O cosa vuole lei.
Ho appena bussato il campanello di casa quando l'idea di darmela a gambe mi attraversa la mente.
Io, che sia in campo che fuori non mi arrendo mai davanti alle difficoltà, ora vorrei solo correre ai ripari. Al riparo dai miei sentimenti.
Nel preciso istante in cui Giulia apre la porta però tutto ciò che ho in testa sparisce.
L'accarezzo con lo sguardo, mentre lei mi sorride insicura come sempre.
E' meravigliosa.
Il vestito color panna le arriva poco sopra il ginocchio e le accarezza morbido il busto, ha il corpetto leggermente aderente lucido al contrario della stoffa sottile della gonna.
Le sue curve non sono volgari come quelle delle ragazze che sono abituato a vedere in giro per locali, sono delicate e poco accennate e comunque in grado di farmi mordere il labbro mentre la guardo.
Indossa dei sandali con la zeppa di sughero e un fiore bianco sul davanti ma nonostante i centimetri in più mi arriva comunque alla spalla.
I capelli biondi le ricadono leggeri e ribelli sulle spalle senza fronzoli vari.
Nessun gioiello se non delle perle ai lobi.
Non credo di aver mai prestato così tanta attenzione al corpo e all'abbigliamento di qualcuno prima d'ora.
"Sei bellissima" — le parole escono involontarie dalla mia bocca mentre la osservo incantato.
Lo penso davvero, diavolo se lo penso.
Stavolta l'ho detto e non c'è niente e nessuno che possa mettere in dubbio la sua bellezza.
Lei arrossisce e abbassa lo sguardo, sorridendo imbarazzata.
Le prendo il viso tra le mani, lasciandole un bacio a fior di labbra con una delicatezza che non credevo mi appartenesse.
"Non devi essere in imbarazzo con me, mai" le sussurro.
Dopo esserci chiusi la porta ed ognuno le proprie insicurezze alle spalle, almeno io in apparenza, saliamo in macchina.
Ho prenotato un tavolo per due ad un bel ristorante a Piazza della Signoria, dove si mangia della carne ottima.
A volte essere Federico Bernardeschi aiuta quando prenoti con un'ora di preavviso.
Giulia resta a bocca aperta quando scende dall'auto.
"Non mi sembri tipo da cena romantica"
"Nemmeno tu"
Scoppiamo a ridere entrambi.
Sentivo l'irrefrenabile necessità di rendere questa serata quanto più speciale fosse possibile.
Visto in un'ottica distorta potremmo definirlo il nostro primo appuntamento.
"Tu mi stravolgi le priorità, Giulia" dico improvvisamente, con nuda sincerità.
Lei mi guarda, come sempre oltrepassandomi col suo sguardo, poi lentamente avvicina la sua mano alla mia.
Si sfiorano, si cercano ed io intreccio le mie dita con le sue.
Mi sorride.
"E' questo il vero Federico. Smettila di nasconderlo. Sei il ragazzo più umile e dolce di Firenze dietro quello sguardo da fighetto"
Ed ha ragione, cazzo, ha perfettamente ragione.
E' che per farti strada nel mondo del calcio spesso devi allargare le spalle ma chi mi conosce veramente sa come sono.
Sa che negli spogliatoi resto zitto ad ascoltare il mister.
Sa che non mi tiro mai indietro per aiutare un amico.
Sa che quando ho torto non ribatto.
Sa che mi preoccupo per chi amo.
Guardo negli occhi Giulia e lo vedo, vedo che lei lo sa.
Sospiro, come se mi liberassi di un enorme peso, e le regalo anch'io un sorriso dolce.
"Allora signorina, posso scortarla dentro?" le dico, facendo un passo avanti ed indicando con la mano libera l'entrata del locale.
La sua risata riempie la notte di Firenze ed il mio cuore.
"Ma naturalmente"

Philophobia | Federico BernardeschiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora