Solo per te

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"Di qualunque cosa le nostre anime siano fatte, la mia e la tua sono fatte della stessa cosa."
- Emily Brontë


*



Mario si girò un'altra volta nel letto prima di sbuffare pesantemente e mettersi seduto. Accese la piccola luce sul comodino e dopo essersi strofinato gli occhi, lo osservò. Claudio dormiva alla sua sinistra come tutte le sere che passavano insieme, stretto in una maglia nera che gli metteva in risalto le braccia muscolose. Stava sorridendo nel sonno e Mario sorrise di rimando sfiorandogli dolcemente i capelli, delicatamente, senza rischiare di svegliarlo. Erano le quattro del mattino eppure lui non riusciva a prendere sonno, mancavano cinque ore e Claudio sarebbe tornato a casa. Non voleva lasciarlo andare, si era già perfettamente abituato alla loro routine. In poco più di due settimane, quando erano insieme, aveva imparato ad alzarsi presto per preparare la colazione e rinfilarsi nel letto accanto al corpo caldo di Claudio. Il suo ragazzo lo stringeva forte e continuava a ripetergli: «Guarda che ti sento quando ti svegli.»
Eppure era più forte di lui, poi si riaddormentava e si svegliava tardi, ma fa niente, era contento così. Lo fissò ancora per un po' poi, cercando di fare il meno rumore possibile, si alzò. Recuperò dalla sedia la felpa verde che Claudio aveva indossato quel giorno e la indossò lasciando la stanza in punta di piedi. Prese il pacchetto di sigarette e uscì fuori, sul balcone, a guardare Roma. Le piccole luci della città lo rassicuravano e si chiese se qualcuno, come lui, ero sveglio a quell'ora con l'angoscia di dover salutare il proprio amato da lì a poche ore. Si strinse nella felpa, portando le gambe al petto così da poterle racchiudere nella stoffa. L'odore di Claudio gli stordì la mente per qualche secondo, complice il fumo della sua sigaretta che bruciava silenziosa. Mario chiuse un occhio e la spostò in avanti, lasciando confondere le luci del panorama con il tabacco acceso. Appoggiò le labbra sul filtro e fece un tiro, rilasciando il fumo poco dopo e storse il naso quando quell'odore nauseante si mischiò al profumo dell'indumento. Spense immediatamente la sigaretta e affondò il viso nella stoffa, poggiandosi poi sulle ginocchia, lasciando scoperti gli occhi per poter guardare. Era tutto ancora surreale nella sua testa eppure Claudio dormiva nel suo letto e baciava le sue labbra. Tirò su con il naso e sobbalzò spaventato, portandosi la mano al petto, quando una mano si appoggiò sulla sua spalla. «Ehi, che ci fai qui?»
«Come fai ad essere così bello anche appena sveglio?» Claudio alzò gli occhi al cielo sorridendo e avvicinandosi a lui. Tirò giù la zip della sua felpa e si fece spazio sulle gambe di Mario, sedendosi e poggiando la testa sul collo dell'altro. «Torniamo a letto, tra qualche ora devo partire e non voglio passare questo tempo lontani.»
Mario sospirò, accarezzandogli i capelli soffici, costringendolo ad alzare lo sguardo per perdersi nelle sue iridi. «Lo so che devi partire.»
«Sei qui fuori a quest'ora per questo?» Sorrise quando Mario fece una smorfia e lo baciò delicatamente sulle labbra. «Lo sai che puoi venire a Verona con me e restare tutto il tempo che vuoi!» Si guardarono per qualche secondo e quello era uno dei loro momenti preferiti, quando le loro anime si incontravano nei loro occhi. Mario riusciva a vedere in quel prato verde una vita intera e ne era affascinato e spaventato. Claudio si alzò, invitandolo a fare lo stesso, prima di stringerlo in un abbraccio e lui sentì subito quel calore familiare che partiva dallo stomaco e si spandeva per tutto il corpo ogni volta che lo stringeva tra le braccia. Quella sensazione di essere nel posto giusto nonostante tutto e tutti. Aveva trent'anni eppure, accanto a lui, si sentiva un ragazzino. Gli baciò il collo, ricevendo in cambio un bacio tenero tra i capelli.
«Se vengo su domani? Più tardi chiamo e prendo qualche giorno di ferie!»
Claudio gli regalò un sorriso e lo strinse più forte a sé prima di baciarlo dolcemente sulla guancia sinistra, lasciando piccoli morsi fino a stringere tra i denti il labbro inferiore dell'altro. «Andiamo?» E chi era Mario per rifiutarsi di seguirlo? Lo baciò di rimando, afferrando con una mano il suo viso per tenerlo lì, con lui, come spaventato di vederlo scivolare via. Quante volte in quei mesi aveva sperato di poterlo fare, di poter perdersi nei suoi respiri fino a sincronizzarli con i suoi. Il metallo freddo del piercing di Claudio lo fece sorridere e in risposta passò il suo su quelle labbra che agognava da tanto, lentamente, con la lingua fuori e gli occhi puntati in quelli dell'altro. «Sei uno stronzo.»
«Lo so.»


*


Lo aveva accompagnato alla stazione con gli occhi ancora assonnati e la voglia di trattenerlo. «Ci vediamo domani, fai il bravo senza di me!» Aveva fatto una smorfia giocosa e l'aveva visto salire sul treno, rimanendo fermo con una mano sospesa in aria, mentre andava via. Chiuse gli occhi e percorse la strada al contrario, verso la sua auto. Si fermò a fare qualche foto con alcune ragazze che l'avevano riconosciuto, sorridendo, eppure quando chiuse la portiera dell'auto rilasciò un respiro pesante. Si voltò verso il lato del passeggero e chiuse gli occhi, provava una strana sensazione dentro, si sentiva come sospeso in una sorta di limbo. Una parte di lui era lì, eppure un'altra era in viaggio con Claudio, ne era certo. Mise in moto e sfrecciò via tra le strade di Roma per tornare nel suo appartamento. Accese la radio, ma la spense dopo essersi voltato nuovamente dall'altro lato e non aver trovato Claudio a cantare. Si morse il labbro, ma non poté evitare di sorridere, cosa gli aveva fatto quel ragazzo? Le immagini del sorriso di Claudio si fecero spazio nella sua testa, come per dare una risposta alla sua domanda e Mario si ritrovò a sorridere di riflesso. Una volta a casa, si guardò attorno malinconico, era silenziosa e quel silenzio che aveva amato prima ora lo opprimeva, voleva sentire la risata di Claudio dall'altra stanza. Si incamminò verso la camera che avevano condiviso e sul letto trovò la felpa che aveva indossato quella notte, piegata e con un biglietto poggiato sopra: «Sei bellissimo quando la indossi, tienila tu».


Claudio prese le cuffie del suo cellulare e appoggiò la testa contro il finestrino, mentre il mondo scorreva al suo fianco e nelle orecchie risuonava una canzone di cui ricordava solo il ritornello, eppure lo faceva pensare a Mario e di conseguenza l'aveva lasciata in riproduzione. Controllò l'ora domandandosi se il suo ragazzo fosse già rientrato a casa, in attesa sbirciò qualche commento sul web. Ormai erano sommersi di messaggi e, nonostante le solite critiche, amava leggere i commenti dolci che in molti scrivevano sotto le loro foto. Quel sentimento per Mario era nato sotto gli occhi di tutti, gli occhi di chi si era reso conto di quello che provava ancora prima che se ne accorgesse lui perché l'amore è così, quando è intenso, quando è vero, non può passare inosservato. Il cellulare vibrò tra le sue mani e sorrise vedendo il nome di Mario, si affrettò ad aprire la conversazione e si coprì il volto con le mani osservando la foto che il ragazzo gli aveva mandato. Era avvolto nella sua maglia, con il labbro inferiore sporto in avanti e gli occhi grandi e lucidi. "Mi manchi già."
Passò una mano sullo schermo e cercò tra le foto del suo telefono, una dell'esterna del pontile. Osservò gli occhi di Mario anche in quella foto e il cuore si fermò per un secondo. "Non mi guardare così, non posso baciarti." Rispose in fretta, guardandosi attorno come se qualcuno potesse leggergli dentro. Sorrise come un bambino, agitato e ansioso di ricevere una risposta che non tardò ad arrivare: "Clà, non me provocà quando sei lontano".
"Scusa..."
"Domani, dobbiamo aspettare solo domani!"
Claudio accennò un sorriso, stringendo tra le mani il cellulare e ripetendosi che sarebbero passate velocemente quelle ore. Arrivato a Verona era riuscito a fare una doccia velocemente prima di recarsi al suo bar per lavorare. Il locale era gremito di gente e non poteva lamentarsene, si fermò a fare qualche foto e a scambiare due chiacchiere con chi era lì per lui e si precipitò dietro il bancone. Era bello stare tra le persone di sempre, nel suo posto, eppure si scattò una foto con dietro lo sfondo del locale e la inviò a Mario, perché si, stava bene, ma con lui stava meglio. C'era quella magia tra di loro, quella di dover condividere ogni cosa della loro vita con l'altro e parlavano per ore, raccontandosi aneddoti passati perché trent'anni senza l'altro erano veramente troppi e dovevano recuperare, dovevano conoscersi, dovevano viversi. Come avevano fatto senza conoscersi per tutta la vita non riuscivano a spiegarselo, erano così giusti insieme, come se fossero chiave e lucchetto l'uno dell'altro. Lavorò senza sosta quel giorno, tra caffè, aperitivi e fotografie e contava le ore, contava i minuti, che lo separavano da Mario.
"Clà, ma fa freddo là?"
Rise leggendo il messaggio e finì di sistemare il bancone prima di rispondergli. Spense le luci, chiuse tutto e si apprestò a tornare a casa facendo partire una chiamata.
«Fa freddo, confermo» esordì.
«Me devi risponde però, io ho fatto la valigia e ci ho messo un po' di tutto!» Il tono di voce di Mario voleva essere di rimprovero, ma risultò semplicemente felice. «Non hai bisogno di portarti tanti vestiti...»
«Ah si e perché?» Ci metteva due secondi a passare dal tenero al provocante e Claudio sospirò buttando la giacca sul divano prima di stendersi sfinito, sorridendo. «Non intendevo quello, puoi prendere qualcosa di mio, ma anche la tua idea non è male.»
«Quindi mi farai girare nudo per Verona?»
«No!»
«Questa era la mia idea, tu a cosa hai pensato?» Claudio lo odiava. Ok, non era vero, ma quando faceva così lo voleva uccidere. Lo faceva sempre imbarazzare e voleva sempre sentirsi dire le cose. Nel corso della sua vita si era sempre vergognato di esprimere realmente i suoi pensieri, ma complice il fatto che non potesse vederlo in volto, o forse semplicemente Mario aveva messo in discussione tutte le sue convinzioni, si decise a parlare: «A te nudo per casa.»
«Clà se domani non mi dici ste cose a voce te meno, te lo giuro. Me s'è fermato il cuore, non ce la posso fa.»
Si morse il labbro inferiore sorridendo imbarazzato e Mario rise dall'altra parte riempiendo di quel suono meraviglioso la testa di Claudio. «Ora non parli più?»
«Che ti devo dire?»
«E che ne so che me devi dì!»
«Mario...»
«Mh?»
«Non vedo l'ora di averti qui domani.»
«Manca poco, stai tranquillo.»
Claudio poggiò la testa sul cuscino e si stese meglio sul divano, chiuse gli occhi reggendo il cellulare vicino all'orecchio e piano piano si addormentò cullato dai respiri di Mario.
Si svegliò di soprassalto con la schiena a pezzi e il collo dolorante, sentì una voce provenire dal telefono e chiuse gli occhi quando notò la chiamata con Mario ancora aperta. «Mario?» Erano passate più di due ore da quando gli aveva telefonato e per metà della conversazione lui aveva dormito. «Non ce posso crede che te sei addormentato Clà!»
«Mi dispiace, ma perché non hai chiuso?»
«E che ne so? Sto qua nel letto a cercà di dormì, ma sentivo te lamentarti nel sonno e non riuscivo a chiude... che ti devo dì?»
E quella per Claudio fu una dichiarazione con i fiocchi. Sorrise felice prima di dargli la buonanotte e ripromettergli che sarebbe andato a prenderlo in stazione l'indomani mattina.


*
Camminava avanti e indietro sulla banchina in attesa dell'arrivo del treno, le mani in tasca e la giacca leggermente aperta. Si morse le labbra mentre il treno si avvicinava
sempre di più e iniziò a guardare in ogni vagone con il cuore che batteva forte in petto. Lo vide da lontano, il suo cuore sapeva già dove cercarlo. Si fece spazio tra la folla, sperando di non essere riconosciuto e prima ancora che Mario lo notasse, lo chiuse in un abbraccio stretto.
«Ciao» disse emozionato stringendolo tra le braccia e il ragazzo romano si sciolse, lasciandosi andare, appoggiandosi con il corpo a quello dell'altro mentre con una mano teneva stretta la valigia al suo fianco. Sfiorò le labbra di Claudio in un bacio casto e gli sorrise scostandosi di qualche passo. «Com'è che diventi sempre più bello?»
Vide gli occhi di Claudio riempirsi di una luce che dedicava solo a lui, lo vide scostarsi i capelli e mordersi le labbra come ogni volta che era agitato e si chiese se al mondo ci fosse un'altra cosa bella quanto lui. «Che c'è?»
«Andiamo a casa?» Claudio annuì, prendendo la sua valigia nonostante le proteste di Mario e una volta fuori dalla stazione si incamminarono in tranquillità. Nessuno sapeva dell'arrivo del ragazzo e poterono godersi la brezza fresca del mattino veronese. «Com'è andato il viaggio?»
«Bene, non vedevo l'ora di arrivare, che facciamo?»
«Stamattina devo lavorare, se vuoi puoi andare a casa ed aspettarmi lì!» Claudio fece una smorfia, gli dispiaceva non poter stare con Mario da subito, ma negli ultimi mesi aveva trascurato il suo locale e in quei giorni c'era veramente tanta gente e non poteva lasciare soli i suoi dipendenti.
«No, ma che. Vengo con te, posso sta là?»
Inutile dire che Claudio sorrise felice. Sapeva che sarebbe bastata una persona per far girare la voce che Mario era a Verona e fu proprio quello che accadde, in meno di due ore il bar era pieno di persone che entravano e chiedevano foto con loro. Amava il fatto che Mario fosse così ben voluto, ma doveva ammettere che più di una volta avrebbe voluto strappare via quelle persone e stringerlo tra le sue braccia. «Guarda che sono solo tuo, non fare il geloso.»
Sorrise sentendo quelle parole al suo orecchio. Mario sapeva sempre quali erano le parole che aveva bisogno di sentirsi dire, sembrava quasi che si conoscessero da una vita e aveva nei suoi riguardi dei piccoli accorgimenti che lo mandavano fuori di testa. «Mi aiuti dietro il bancone?»
Mario si guardò attorno e scrollò le spalle: «Che devo fa?»
Afferrò un grembiulino nero da barista e se lo strinse in vita osservando il sorriso sul volto di Claudio, era talmente bello da far male. Gli sfiorò le dita, un contatto muto eppure talmente rumoroso da stordire entrambi. Si guardarono negli occhi e per un secondo il resto del mondo sparì, si avvicinarono contemporaneamente, ma poi la realtà li richiamò e si allontanarono con la promessa di riprendere più tardi.
Mario sentiva la schiena chiedergli pietà e quando rientrarono a casa per cena, la prima cosa che fece fu buttarsi sul divano con un lungo sospiro, lasciando cadere le scarpe di lato e coprendosi il viso con un cuscino. Claudio lo osservò recuperando le scarpe per portarle sul balcone insieme alle sue e accese le luci dell'albero di Natale. Mario lo osservò scostando di poco il cuscino. «Sei un maniaco dell'ordine!»
«Ordina qualcosa da mangiare, digli di portarlo a casa mia e che voglio il solito!» disse senza rispondere, lasciando sulla pancia di Mario un dépliant di cibo d'asporto.
«Tu dove vai?»
«A fare una doccia» disse alzando le sopracciglia e Mario lo guardò dal divano, senza parlare. «Mi stai invitando?»
In risposta Claudio sorrise, voltandosi per raggiungere il bagno. «Stavi sculettando?»
«No!»
Mario rise, ma rimase lì, per farlo crogiolare un po' nell'attesa. Ordinò la cena, dando come orario un'ora più tardi e poi si alzò, lasciando la giacca all'ingresso prima di incamminarsi nel corridoio. Sentiva l'acqua scorrere e Claudio canticchiare sotto la doccia, sorpassò il bagno raggiungendo la camera e si sfilò la felpa nera, rimanendo con una maglietta. I panni puliti di Claudio erano sul letto e si accomodò lì vicino, aspettando l'altro ragazzo. Quando lo vide entrare avvolto in un accappatoio beige pieno di cuoricini bianchi sorrise dolcemente, tutti i suoi pensieri poco casti passarono in secondo piano tornando chiari e forti quando Claudio si lasciò scivolare via la stoffa con un sorriso vittorioso che non gli aveva mai visto in faccia, rimanendo nudo davanti ai suoi occhi.
«Cerchi questi?» chiese rigirandosi i boxer puliti tra le mani. Claudio scosse la testa facendo qualche passo in avanti e Mario si sentì morire e rinascere. Lo raggiunse baciandolo, scontrando le loro labbra con urgenza, voglia, desiderio. Si volevano, si cercavano, si sfioravano. E più Claudio lo baciava e più Mario ne voleva. Si sentì spogliare con mani tremanti e occhi lucidi, perché non stavano facendo semplice sesso, stavano facendo l'amore e se lo dicevano in ogni sguardo. «Quanto sei bello» Mario sospirò invitando Claudio a stendersi sul letto, lo baciò sul collo, soffermandosi poi sul petto, sfiorando con la lingua i suoi tatuaggi per poi tornare a baciarlo in bocca. Le mani di Claudio lo privarono dell'ultimo indumento che li divideva e chiusero gli occhi entrambi quando l'intensità del momento lì colpì. «Mario...»
«Mh?» Mario continuò a baciarlo sul ventre, sul petto.
«Sei così bello anche tu! Mi piaci tanto.» Claudio parlò con la schiena inarcata e gli occhi chiusi, quando abbassò lo sguardo venne investito dagli occhi di Mario e si sentì pieno di vita, pieno di amore, pieno di lui e di loro. Si voltò a pancia in giù e sentì l'altro sospirare. «Non ridere!» C'era già quella complicità tenera tra di loro e la volevano fortificare, entrambi. Avevano già fatto l'amore eppure quella volta fu tutto più amplificato, Claudio sentiva ogni tocco di Mario e Mario ogni graffio di Claudio.
«Voglio guardarti in faccia!» Mario lo fece voltare con dolcezza perché si meritava ogni attenzione del mondo. Lo baciò per non farlo pensare al dolore iniziale, sentì le unghie sulla sua schiena e chiuse gli occhi appoggiando la fronte su quella dell'altro.
Poi lo guardò e lo fece per tutto il tempo, incastrò i suoi occhi a quelli verdi dell'altro e fecero l'amore anche in quel modo. Guardandosi intensamente, con respiri corti e piccoli morsi, con dei sorrisi dolci e delle carezze rubate. Poi Mario aumentò il ritmo e ammirò ogni centimetro del viso di Claudio, lo vide buttare indietro la testa, inumidirsi le labbra per poi morderle e quella visione gli riscaldò il cuore e piano piano il calore si spanse per tutto il corpo fino a quando a tremare fu lui, privo di forze, e Claudio lo accolse sul suo petto, come sempre, tenendolo stretto, baciandogli i capelli e la tempia. «Oddio.»
Mario sorrise baciando il petto di Claudio e si spinse in su per sfiorargli le labbra. Si amavano, anche se nessuno dei due l'aveva ancora detto. A loro bastava guardarsi e tutto aveva un senso.
«Clà?»
«Che c'è?»
«I tuoi tempi di ripresa come sono?»
«Tu devi smetterla con queste domande buttate lì ogni volta a brucia pelo!» Si coprì il viso e Mario scoppiò a ridere sfiorandogli le labbra. «Ma io ho ancora voglia di te!» Si lamentò come un bambino e Claudio lo strinse tra le braccia nascondendo il rossore sul suo viso. Si morse le labbra e ribaltò le posizioni spingendolo sotto il suo corpo. «Intanto ti bacio, che dici? Magari mi riprendo prima!» Sapeva giocare anche lui e a Mario faceva impazzire questa sua doppia personalità, adorava vederlo aprirsi con lui, diventare spigliato e senza freni. Voleva Claudio in tutta la sua persona, con pregi e difetti, pazzie e particolarità. «Beh? Sti baci?»
Mario si sistemò meglio sotto il corpo dell'altro e lo osservò sorridendo. «A che stai a pensà?»
Claudio sorrise, erano settimane che desiderava farlo, lo baciò e poi gli rispose: «Ti guardavo.»



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Nda.
Buonasera a tutti, eccomi qui con questa piccola oneshot sui Clario! Non ho potuto evitare di scriverla, alcune scene giravano nella mia testa da giorni e dovevo scriverle. Anche se corta, spero vi sia piaciuta un pochino, fatemi sapere cosa ne pensate.
Un abbraccio.

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