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Il petto mi si gonfia e sgonfia, all'improvviso, in modo inconsulto

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Il petto mi si gonfia e sgonfia, all'improvviso, in modo inconsulto. Come se, dopo lungo tempo, io fossi ritornata in vita. 

Strizzo gli occhi, invano tento di spalancarli in un colpo solo. Chiusi, stretti tra lacrime appiccicate tra le ciglia. Imbalsamati. Deglutisco a fatica, la bocca è un incavo di acidità. L'esofago brucia tanta è la secchezza. Da quanto non bevo un goccio d'acqua?

Cerco di portare una mano in volto, mi blocco. Qualcosa mi proibisce di compiere tale gesto, qualcosa che mi provoca dolore sottocutaneo. Muovo lentamente le dita. Prima il pollice, poi l'indice e a seguire gli altri, sia delle mani che dei piedi. La schiena inchiodata al letto.

Il torpore attanaglia il mio corpo pesante, assente, addormentato tra lenzuola che profumano di candeggina. 

Una lieve fessura si apre, vedo bianco. Solo bianco. Non sono a casa mia, non sono a casa di nessuno che io conosca. Non so dove sono. Posseggo due certezze, uniche e sole: la stanchezza e la nausea, che mi porta a piegarmi in due per liberare lo stomaco. 

Pareti asettiche, con parato in plastica tipico delle strutture sanitarie. Un tavolo sul quale campeggia un televisore datato ma ancora funzionante. Un armadietto, verosimile a quelli delle palestre. 

Una stanza piccola, con un solo letto singolo e una finestra chiusa. Aria condizionata in funzione. 

Ho una flebo nel braccio destro. Le gocce scendono scandendo il mezzo minuto. Indosso una camicia da notte chiara con merletto. Non ne ho mai acquistata una così, dunque suppongo sia un prestito. I capelli necessitano di uno shampoo. Sulle spalle gravita un peso immaginario difficile da sopportare.

Athina fissa le mie pupille spostarsi da un punto ad un altro. Non emette parola, mi lascia il tempo utile per metabolizzare ciò che è certo.

Sono in ospedale?- le chiedo, incespicando con le parole. Balbettando e autoconvincendomi che il mal di testa assordante terminerà in fretta.

Non proprio, tesoro- mi risponde con dolcezza. Sposta la sedia al mio capezzale e mi stringe la mano- ti trovi nell'ambulatorio di Minori. Per  fortuna non eri così grave come si temeva.

Non ero così grave. Ho subito un incidente. Sto male. Mi è accaduto qualcosa?
Inizio a ricordare, sforzandomi non poco. Le immagini sono sfocate, non complete. C'è Martina e il suo astio nella mia mente, la guancia mi brucia per uno schiaffo ricevuto. Avverto terrore, paura. Poi, il buio.

Perché sono qui, Titì?

I carabinieri mi hanno fatto visionare i filmati delle telecamere. Eri nei pressi della salumeria, camminavi da sola. Poi ti sei fermata, ti sei voltata e guardata attorno per qualche minuto, come in cerca di qualcosa. Ricordi, Gioia?- inclina il capo.

Mi fa male la testa, Athina- mi scoppia in verità. È un malessere così radicato che non mi rende totalmente capace di intendere e volere. Anestetizza tutti i miei pensieri- ricordo solo Martina che mi afferra e mi giudica. Dice che le ho portato via Michele.

Stai tranquilla ora- mi aggiusta la vestaglia- riposa- le sue parole dolci, scandite con tenerezza e premura mi rassicurano.- Io resterò qui con te. Abbiamo tanto tempo per parlare. Dormi Gioia- mi accarezza i capelli. Avverto il suo calore, il suo calore di mamma e per un attimo mi sento meno sola. Meno abbandonata a me stessa.

Cedo al suo consiglio e chiudo gli occhi. Un attimo percepisco la sua presenza, un attimo dopo svanisce tutto.



Fine.
Nel prossimo capitolo, la voce narrante sarà quella di Athina.

Se non fosse per te- RivelazioniWhere stories live. Discover now