Come farfalle in un barattolo

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La musica alta copriva ogni altro rumore, il dj stava remixando vecchie canzoni con alcune nuove, pompando i bassi e allo stesso tempo alzando gli acuti con un ritmo sempre più frequente, in un modo che gli faceva venire mal di testa.
Se c'era una cosa che mal sopportava era la musica elettronica o, ancora peggio, il remix di una canzone arrangiata su una basa non sua.
Alaric si guardò intorno, gli occhi spaesati per un istante, per un attimo nel suo sguardo cangiante si intravide di nuovo l'angelo smarrito che un tempo si era trovato di fronte a una verità sconcertante, inaspettata e troppo difficile da comprendere, e che aveva provato a scappare.
Ora, invece, aveva preso consapevolezza del suo stato e gli era stato insegnato che il suo "dono" era un bene più grande della sua stessa vita.
E non aveva più intenzione di scappare. Anzi, in quel momento stava cercando qualcuno che non vedeva da molto tempo. E che aveva pensato di non rivedere mai più.
Ma era la sua prima base di partenza, l'unica persona che gli era rimasta del passato e che, forse, sarebbe stata ancora disposta ad aiutarlo.
Forse.
Dal piano sopraelevato della discoteca, vicino a una serie di tavolini e divanetti colorati, due figure lo stavano osservando attentamente, invisibili agli occhi di un qualsiasi mortale. Il più alto agitava un cocktail con l'ombrellino nervosamente, senza neanche averlo mai portato alle labbra o neppure guardato più di tanto.
Non sapeva neanche che cosa ci potesse essere dentro.
Non era importante.
Non quella sera e non per creature come lui.
- Pensi che si sia accorto della nostra presenza?
- Certo che no, sarebbe già scappato...- ribatté l'altro, lanciando un'occhiata loquace e perentoria al compare - Piuttosto, non dovresti bere, ci hanno affidato una missione davvero delicata questa sera. Non ci è concessa nessuna distrazione.
- Non lo sto facendo, me l'hanno offerto e mi sembrava da maleducato non accettare...
- Ti sei reso visibile?
- Questi mortali non sono poi così male, amico... E loro non possono vedere la nostra attrezzatura o sbaglio?
L'altro sbuffó, continuando a tenere d'occhio quella testa nera che un tempo era stata di un biondo così chiaro da sembrare bianco. Se lo ricordava bene, come fosse stato l'altro giorno, invece i mesi e gli anni si erano susseguiti più velocemente di quanto si aspettasse.
Inumidí le labbra, corrugando la fronte e notado che il ragazzo si stava muovendo con decisione in mezzo alla folla, come se improvvisamente avesse ritrovato la direzione giusta, una bussola che indicava la meta esatta del suo percorso senza esitazione.
- Cosa ci fa lì con lei?- gli fece notare il suo compagno, posando sul tavolino accanto a loro il bicchiere che aveva stretto fino a quel momento. I suoi occhi scivolarono tra i corpi accaldati individuando la persona che aveva attirato l'attenzione del giovane angelo.
Strinse i denti.
- Dobbiamo muoverci...
- Che succede?
- Non è un incontro casuale, pivello, e il Grande Capo non sarà felice di questo.- afferrò il bicchiera che l'altro aveva appena posato e lo finí in un solo sorso - Quindi andiamo via da qui.
- Ma...
- Subito.
Gli occhi dell'Apprendista lo guardarono, spaesati e incerti, e gli fecero tornare in mente un altro sguardo e un altro viso. Avrebbe voluto trattenersi dal rivivere quella scena, ma i ricordi in quei giorni gli apparivano nella mente concreti, nitidi, più reali della realtà.
E non riusciva mai a trattenerli...
Non più ormai...

(Quattro anni prima, pov. Fred)

- Perché? Perché non posso ancora farlo?- la voce di Sofia era alta e petulante, come sempre quando faceva i capricci, e io facevo davvero fatica a sopportarla.
- Non sei pronta, smettila di fare domande stupide!- la guardai mentre metteva il broncio, in quel modo adorabile e infantile sebbene avesse appena compiuto sedici anni.

- Ma tu avevi la mia stessa età quando hai iniziato!- mi fece notare, facendo dondolare le lunghe gambe magre dal muro su cui era seduta, accanto alla fermata del pullman.
A volte mi faceva davvero impazzire.
- Dai Freddy, rispondi!
- Sei insopportabile, ti basta come giustificazione? E sei terribilmente immatura, non puoi farlo.
La mia piccola peste assunse un espressione offesa, voltando la testa dall'altra parte e passandosi tra le dita i lunghi capelli biondi, in quel modo femminile che rivelava il fatto che non fosse più la bambina che avevo sempre curato.

- Sono stufa di questo tuo atteggiamento, che cosa ho io che non va?- mormorò appena e in quel momento notai che aveva le lacrime agli occhi.
- Sofia, ora non ti metterai a piangere, vero? Lo sai che non mi piace...
- Tanto non ti importa davvero. A nessuno importa come mi sento per davvero.- le guance dolci si riempirono di chiazze rosse un minuto prima che si mettesse a piangere - Perché?
- Piccola...- non sapevo cosa dirle, avrei voluto abbracciarla ma non potevo. Avrei voluto dire qualcosa per consolarla, ma non c'era nulla di reale e di giusto da dire, con cui controbattere, io per primo ero spiazzato dalle sue stesse parole.

Avevo giurato di difenderla da ogni sofferenza, eppure la sua vita era cosí difficile che persino io potevo causarle altro dolore. Avrei voluto controbattere e rassicurarla, spiegarle il motivo per il quale lei fosse l'unica a vedermi e a sentirmi.
Era una creatura speciale, tanto fragile quanto pericolosamente instabile.
Mi avevano detto di non rendermi visibile, eppure avevo disubbidito appena l'avevo vista sola e indifesa a giocare nel parco.
E in quel momento capii di aver sbagliato, eppure non potevo abbandonarla.
Non potevo sparire e basta.

Il pullman si fermò esattamente di fronte a noi, Sofia mi fissò ancora con i suoi teneri occhi annebbiati dal pianto prima di salirci sopra. Feci per seguirla, ma notai un ragazzo correre incespicando quasi nei suoi stessi piedi, superarmi e infilarsi dentro quasi sbattendole addosso.

- Scusami, scusami davvero! Dannazione, mi sono svegliato tardi e ho fatto una corsa... Non ho fatto apposta...
- Non fa niente...
- Comunque io sono Troy, tu?
La mia protetta alzò lo sguardo verso di me, spaesata e incerta: - So... Sofia...
Lasciai che il pullman ripartisse, senza salirci.
Sapevo che quell'incontro le avrebbe cambiato il destino.

Ma non potevo immaginare neanche quanto...

Alaric non era più abituato a tutta quella confusione, a dir il vero non lo era mai stato. Ricordava ancora la festa di Chiara, la ragazza della sua migliore amica, sebbene fosse passato tanto tempo la musica assordante e i tanti volti che avevano sfilato davanti a lui erano stati molto simili a quella sera. Ma non si trattavano solo di ragazzi della sua età, ormai notava anche visi più giovani truccati in modo da sembrare più grandi e vestiti che si riducevano a strisce di stoffa quasi inesistenti.
I suoi occhi cercarono di non indugiare troppo su quei particolari. Sembrava un posto adatto a un altro tipo di gente e lui non ci voleva pensare.
Riuscì ad individuare una figura esile vicino al bancone, più vestita delle altre, ma anche per questo attirava maggiormente l'attenzione.
Aveva corti capelli che assumevano i riflessi della luce caleidoscopica che invadeva tutto l'ambiente, mentre il vestito le arrivava poco più sopra delle ginocchia con disegni floreali che le si arrampicavano sui fianchi. La vedeva da dietro, ma il suo istinto gli diceva che era lei.
Avanzò lentamente, rallentato anche dalla folla che spingeva dal senso opposto, verso la pista.
Era da molto che non la vedeva.
Era ferma su uno sgabello e, prima che riuscisse a raggiungerla, un tipo le si parò di fronte, avvicinandosi un po' troppo. La ragazza si voltò di lato e il suo volto abbellito solo dal mascara si accigliò di fronte alle avance dello sconosciuto.
Il ragazzo si sentì stringere il cuore, rivedendo quel volto amico e che aveva perso da molto tempo.
Si fermò in mezzo alla folla, incurante delle spallate e delle occhiatacce che gli lanciavano. Non era più sicuro che fosse una buona idea.
Poi il tipo la afferrò per dietro il collo, obbligandola ad avvicinarsi al suo volto. La ragazza provò a ribellarsi, ma invano.
Era più forte di lei.
Un moto di protezione fece muovere Alaric, che si piazzò di fianco a lei, allontandolo con un gesto brusco.
- Stai lontano da lei! Non hai capito che devi girare alla larga?
L'altro, alticcio per l'alcool e la presunzione, traballò sulle gambe e con una smorfia si allontanò lasciandosi andare a una bestemia che fece fremere il giovane angelo.
Il suo istinto gli diceva di seguire quel ragazzo e portarlo sulla retta via, quella dal quale anche lui si era allontanato a causa della propria testardaggine...
Ma la voce dietro di lui lo trattenne.
Fu un semplice sussurro, ma alle sue orecchie suonò come un urlo.

- Non... non ci credo... Al, sei tu?

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⏰ Last updated: Apr 10, 2017 ⏰

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Sussurri di un'Anima perdutaWhere stories live. Discover now