Capitolo 27

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Il giorno seguente Mark trascose tutta la mattinata rapito dai suoi incontri di lavoro, abbandonando Erika a casa, permettendole di finire la lettura dell'emozionante thriller che l'aveva tenuta con il fiato sospeso pagina dopo pagina. Al suo ritorno l'uomo aveva accuratamente evitato di parlare dei suoi impegni lavorativi con la ragazza, preferendo discutere, invece, della meta da lui scelta per consumare la cena di quella sera. A dirla tutta, a Mark importava ben poco della oculata scelta del ristorante dove recarsi. Tutto quello che voleva era trascorrere una serata lontano dalla vita vera, insieme ad una donna talmente perfetta da sembrare fuoriuscita da una qualunque romanzesca utopia.

Il locale che ebbe l'onore di accogliere i due amanti fu un ristorante famoso, nella zona, per le sue costosissime pietanze a base di pesce. La coppia, perfettamente agghindata per non sfigurare di fianco ai ricchi habitué del locale, vi si recò in tarda serata, prendendo posto pochi minuti dopo il loro ingresso nella sala principale, a dispetto della mancata prenotazione. Un tavolo vestito di una tovaglia bianca damascata, delle posate d'argento ed una candela rossa accesa solo nel momento in cui i due ebbero preso posto funsero da elegante cornice per la relativamente abbondante cena.

Per tutta la durata del pasto Erika sembrò brillare di luce propria. La raffinata acconciatura che era riuscita a creare e che aveva impreziosito con forcine dotate ognuna di un piccolo cristallo trasparente le donava un'aria sofisticata ed elegante. Il seducente abito di raso rosso da cui era avvolta la rendeva preda degli sguardi affamati ed invidiosi degli altri commensali ed i vertiginosi tacchi su cui aveva ondeggiato fino a pochi attimi prima di sedersi erano riusciti a renderla la donna più bella e desiderata del locale. Mark non riuscì a trattenere un compiaciuto sorriso nel vedere, al collo della donna, il ciondolo dorato che le aveva regalato qualche tempo prima. Fu quasi sorpreso dal fatto che la meravigliosa ragazza avesse deciso di indossarlo nonostante si abbinasse malamente ai preziosi orecchini di cristallo che le incorniciavano il viso.

La cena fu ricca di parole e risate, a cui fece da sottofondo il flebile rumore delle gocce di pioggia che picchiavano contro le finestre del locale. Nel momento in cui Mark pagò il conto la dolce melodia della pioggia si era trasformata nel frastuono di un temporale. Quando lui e la sua accompagnatrice si avviarono verso la porta d'uscita, si parò loro davanti una cascata d'acqua che, dal cielo, prepotente, colpiva l'asfalto, rendendo la strada simile al letto di un fiume.

- Non hai portato l'ombrello, vero? - chiese Erika, senza distogliere lo sguardo dalla piccola alluvione.

- No.

- Magari potremmo correre fino alla macchina.

- Come fai a correre con quelle?

Mark, con un accennato gesto della testa, indicò i lucenti sandali su cui stava arroccata la bella escort. Lei, in risposta, si accovacciò e slacciò la piccola fibbia che teneva chiuso il cinturino che le avvolgeva la caviglia. Infine si sollevò nuovamente, tenendo in mano le scarpe con fare trionfante.

- Andiamo? - gli rivolse uno smagliante sorriso, che lui non ricambiò.

- Sta diluviando. Come vorresti fare a raggiungere l'auto senza trasformarti in una spugna bagnata?

- È solo un po' d'acqua, dai! Non hai mai fatto una corsa sotto la pioggia?

- No.

- Mi stai dicendo che non hai mai giocato sotto un temporale? Fammi capire, non hai mai nemmeno leccato la pioggia?

- Cosa? - le sopracciglia dell'uomo si sollevarono in un gesto di stupore - Che vuol dire?

- Significa che tiri fuori la lingua e aspetti che le gocce d'acqua ci cadano sopra. Come sotto la doccia, hai presente? Dai, non dirmi che non l'hai mai fatto! - l'espressione vagamente basita di Mark le fece capire che l'uomo non aveva idea di cosa lei stesse parlando - Non l'hai mai fatto?

- No, mi è sempre sembrata una cosa stupida.

Erika, in maniera del tutto inaspettata, sorrise dopo quest'ultima frase del suo cliente. Decise poi di sorprendere lui ed il piccolo gruppetto di persone che si era venuto a creare all'ingresso del ristorante, in attesa che l'acquazzone cessasse, e si gettò in mezzo alla strada lasciandosi avvolgere dalla pioggia. Mark tentò invano di riportarla al riparo ma lei, con un guizzo repentino, afferrò il polso dell'uomo e lo trascinò con sé, costringendolo ad inzupparsi nel giro di qualche secondo.

- È divertente, no? - urlò lei, in preda all'euforia data da quella strana danza che stava eseguendo sotto le nuvole cariche d'acqua.

Mark inizialmente non sembrò essere dello stesso parere ma, dopo poco, non fu più in grado di trattenere il sorriso che le movenze di Erika erano state in grado di causargli. La ragazza aveva iniziato a spingere la testa all'indietro, spalancando la bocca e rivolgendo la sua lingua biforcuta verso il cielo, lasciando che le gocce di pioggia le regalassero un solleticante massaggio. I suoi capelli, appesantiti dall'acqua assorbita, avevano deciso di distruggere l'acconciatura in cui erano stati raccolti, facendo sì che almeno metà delle forcine utilizzate andassero perdute per sempre. Il rossetto, già messo a dura prova da una cena particolarmente oleosa, aveva definitivamente ceduto, sbavando copiosamente, ed il trucco sugli occhi era ormai arrivato fino alle guance.

Non ci volle molto prima che anche lui iniziasse ad imitarla, leccando la pioggia, come diceva lei, e ridendo insieme a quella giovane tanto particolare. Riuscì perfino a sentirsi ridicolo, non tanto per il gesto assurdo che stava compiendo, quanto perché non aveva mai avuto il coraggio di farlo prima. Eppure con lei anche un gesto tanto sciocco sembrava speciale. Spingere indietro la testa ed assaggiare l'acqua piovana sembrava il gioco che Mark aveva aspettato da una vita, così banale eppure così irraggiungibile, almeno fino a quel momento.

La serata si concluse con l'entrata in auto da parte dei due. Prima di mettere in moto il veicolo, Mark cercò goffamente di rimuovere l'acqua in eccesso dalle sue scarpe mentre Erika strizzò fra le mani la chioma castana, quasi fosse una pezza bagnata.

La lingua biforcutaTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang