Prologo

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Seduto sul davanzale della finestra della sua cabina nella base di quella che era stata la ribellione su Yavin, Luke Skywalker fissava il cielo azzurro immaginando di poter spiccare il volo e volteggiare libero tra le nuvole. Erano passati quasi due mesi dalla battaglia di Endor quando le truppe ribelli avevano distrutto la seconda Morte Nera e la maggior parte della flotta imperiale. Due mesi da quando aveva salvato suo padre dal lato oscuro e l'aveva portato con sé in salvo. Quella notte era impressa nella sua memoria come se vi si fosse stata marchiata a fuoco. Ricordava i boschi verdeggianti della piccola luna, la conversazione al crepuscolo, la sottile perfidia dell'imperatore che tentava di portarlo dalla sua parte, quanto ero stato vicino a cedere e a lasciarsi carpire dalle tenebre... Era riuscito a resistere, ma ripensandoci avvertiva ancora un brivido di paura scorrergli lungo la schiena. Adesso che aveva lasciato vagare la mente i ricordi gli si presentavano davanti agli occhi in immagini veloci e vivide. Il verde e il rosso delle spade laser che si scontravano, i terribili raggi di Forza dell'imperatore, l'agonia nella quale aveva pensato che fosse la fine interrotta poi improvvisamente perchè suo padre, il malvagio Darth Vader, lo aveva salvato, aveva afferrato l'imperatore e gettato nel vuoto. Azione che lo aveva ferito gravemente, danneggiando il dispositivo che gli premetteva di respirare e muoversi. Alla fine aveva avuto ragione, sepolto dentro quell'armatura nera c'era ancora Anakin Skywalker. Lo aveva trascinato fino a una navetta nell'hangar dove il padre gli aveva chiesto di togliergli la maschera per poterlo vedere almeno una volta con i suoi veri occhi. E Luke lo aveva fatto e aveva guardato il suo volto pallido e deturpato da una lunga cicatrice. Dubitava che avrebbe mai scordato quel momento. Il sorriso triste e stanco e gli occhi, azzurri come i suoi e nonostante tutto ancora luminosi, che lo guardavano con uno sguardo carico di affetto e rimpianto. Con voce fievole aveva sussurrato al figlio che aveva ragione: in lui c'era ancora del buono. Poi aveva perso i sensi e in teoria sarebbe dovuto morire, ma chissà perché non era successo. Quando Luke lo aveva portato al centro medico dei ribelli respirava ancora, anche se a malapena. I droidi medici avevano detto che era una specie di miracolo inspiegabile, non avevano idea di cosa fosse successo e non restava altro da fare che aspettare che si svegliasse, sempre che lo facesse. Ormai erano passati quasi due mesi, ma Luke non aveva perso le speranze. Respingeva con forza quella oscura possibilità e andava tutti i giorni a fargli visita. E mentre gli stava accanto aveva preso l'abitudine di raccontargli tutta la sua vita da quando era solo un bambino ingenuo che viveva su Tatooine fino agli ultimi avvenimenti. Non sapeva se potesse sentirlo, ma in ogni caso avvertiva il forte impulso di fargli conoscere tutto ciò che si era irrimediabilmente perso. E i giorni erano passati senza che suo padre desse qualche segno di volersi risvegliare. Una volta lo aveva sentito mormorare come se stesse sognando, ma tutto ciò che era riuscito a captare era stato un nome: Padmè. Luke non aveva la benchè minima idea di chi fosse anche se immaginava fosse qualcuno che era o era stato importante per lui. Intanto il resto dell'alleanza era tornato alla loro vecchia base e stavano progettando l'attacco per la presa definitiva di Coruscant, la capitale e ultimo baluardo di un impero ormai quasi definitivamente sconfitto. Il problema era che probabilmente nessuno aveva avuto una protezione maggiore di quel pianeta. Era una inespugnabile fortezza anche per l'organizzata flotta ribelle. Tutti le più crudeli macchine da guerra erano state ammassate lì, per proteggere quella che era la residenza ufficiale dell'imperatore. Stavano tutti aspettando il ritorno di alcuni esploratori che si sperava avrebbero portato informazioni significative. Nel frattempo non c'era molto altro da fare se non lavori di manutenzione alle navi. Luke aveva controllato, riparato, pulito e lucidato il suo X-wing così tanta volte che ormai conosceva l'esatta posizione di ogni singola vite. Il tempo che non passava nella camera d'ospedale del padre o lavorando al suo caccia, Luke lo trascorreva nella noia più mortale, snervato da quelle attese senza fine. Avrebbe dato l'anima perché succedesse qualcosa, qualunque cosa, sia buona che cattiva, che potesse dargli qualcosa di alternativo da fare per non passare le giornate a rimuginare cupamente sui suoi problemi. Per giunta non riusciva più a dormire bene. Era tormentato da orribili incubi in cui si ritrovava a correre in un bosco paludoso, che gli ricordava vagamente Dagobah, cercando di raggiungere qualcosa, ma alla fine non arrivava da nessuna parte e si ritrovava da solo in una radura sopraffatto da un enorme senso di vuoto. Non era un sogno particolarmente brutto, ma si svegliava comunque sudato con il cuore a mille e non riusciva più ad addormentarsi per il resto della notte. Attribuiva tutto ciò alla tensione del momento e all'ansia di un eventuale peggioramento del padre, ma non riuscire a cacciare del tutto il dubbio che potesse anche trattarsi di qualcos'altro. Durante il suo addestramento con Yoda era riuscito a vedere attraverso la Forza il futuro e i suoi amici in pericolo. Una piccola parte del suo cervello, parte che si sforzava di mettere a tacere, temeva che quelle visioni fossero legate a qualche avvenimento futuro, per quanto ritenesse improbabile che si sarebbe trovato a vagare solo per una foresta paludosa. D'un tratto le sue cupe elucubrazioni furono interrotte da una voce familiare che disse:

Rise of lightWhere stories live. Discover now