15. BUON VIAGGIO

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Mi guardo allo specchio e quasi non mi riconosco: il mio abito verde acqua mi fascia il corpo, accentuando tutte le mie curve per poi ricadere morbido sui fianchi; ha una scollatura a cuore ed entrambe le spalline sono ricoperte da brillantini e strass. Non ne ero così convinta quando io e Sam l'abbiamo scelto, ma adesso credo sia perfetto: il giorno è arrivato.

Mio padre sembra emozionato, ma non ne sono così sicura. Negli ultimi giorni ha dormito molto poco a causa mia e delle indagini riguardo a Drake. È esausto e le occhiaie lo dimostrano chiaramente.

Mi dispiace tanto per tutto quello che stanno passando, non so proprio cosa fare.

Lo guardo attentamente, riconoscendo le stesse spalle forti che mi prendevano in braccio da bambina: aveva la brutta abitudine di lanciarmi in aria e poi riprendermi all'ultimo momento.

Mi faceva morire di paura perché aspettava proprio l'istante prima che mi spiaccicassi a terra; ricordo però di non averglielo mai detto. Anche se quelle attenzioni mi terrorizzavano erano pur sempre le sue e io da bambina le aspettavo come si aspetta l'estate per andare al mare, quindi me le facevo andare bene e cosa più strana le adoravo.

Mi ricordo che ogni giorno, quando tornava da lavoro, gli correvo in contro, mi appendevo alle sue forti braccia e gli prendevo le guance in due pizzicotti, lui mi dava un bacio sul piccolo nasino che mi ritrovavo e poi mi metteva giù. Quello era il nostro saluto.

Quando sono diventata troppo grande per stare sulle sue braccia il nostro rapporto è cambiato: si divertiva da matti a farmi scherzetti e io ne facevo a lui: a dieci anni si è nascosto sotto il mio letto e si è messo a bisbigliare. Inutile dire che mi si sono rizzati tutti i peli che avevo in corpo dalla paura. Poi, dopo essersi probabilmente accorto che avevo anche smesso di respirare era uscito con molta nonchalance e, dopo il mio urlo degno di premio, mia madre era scattata dalla paura ed era corsa nella mia stanza terrorizzata. Vedendo che era solo un'altra stupida uscita di mio padre, aveva imprecato.

Non l'avevo mai sentita dire delle parolacce, ma quella volta io e mio padre scoppiammo a ridere di gusto. Il giorno dopo mi aveva spiegato che lui si nascondeva lì e pregava per me, e che se avessi mai sentito qualcuno sotto il letto o qualche rumore sospetto in realtà era lui che vegliava su di me. Non ho avuto più paura del buio dopo quella notte.

Quando, però, io facevo degli scherzi a lui avevo la mamma come complice.

Una volta, quando avevo dodici anni, mi sono alzata di notte e, con il suo aiuto, abbiamo spostato dal parcheggio la sua auto e l'abbiamo nascosta. Il giorno dopo aveva già chiamato la sua stazione di polizia per avvertirli del furto, ma i suoi colleghi tranquilli gli riferirono che l'auto era già lì dalla mattina presto.

Un piccolo sorriso si fa largo sulle mie labbra a rivivere tutti quei momenti. Mi avvicino a lui, posando una mano sulla sua spalla.

«Come stai papà?» gli chiedo per smorzare l'agitazione «Tra poco sarai di nuovo sposato.» continuo con filo di malinconia, che lui coglie.

Mi accarezza la guancia e mi sorride: «Tesoro, sono molto felice che tu sia qui con me oggi, per me è una cosa importante.» ammette con tono dolce.

Poi distoglie lo sguardo, fissandosi sul vuoto: «Sto bene. Mi sento... strano, ma credo sia normale. A volte tua madre mi manca così tanto che credo di farle un torto grandissimo.»

Mi avvicino a lui e, spinta da una voglia irrefrenabile, gli prendo il viso tra le mani, il mio sorriso si allarga, quando gli do due pizzicotti sulle guance.

I suoi occhi diventano lucidi per l'emozione, mi guarda con un misto di affetto, orgoglio e nostalgia e, sorridendomi calorosamente, mi posa un leggero bacio sul naso.

In a LEGEND - Disclosure |ANTEPRIMA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora