Venezia Stabat Mater

109 12 19
                                    



I feel sick
I'm drowning in the pit of my stomach
Oh I know it's my fault
While you're busy diving I find I feel alone
Feel a little out of my mind

Daughter - Fossa

Mi hai chiesto se io sospirassi frequentemente come facevi tu.
Ti risposi: "A volte mi sfugge qualche sospiro che tenta invano di alleviare il mio corpo, la mia testa e la mia anima." In realtà non avevo mai fatto caso alla frequenza dei miei sospiri, ma credimi se ti dico che da quel giorno incominciai a farlo. Ho sospirato così tante volte che non pensavo fosse possibile.
Sospiri di tristezza per averti così distante da me.
Sospiro al solo pensiero di potermi perdere nelle tue braccia il tempo necessario per guarirci un'altra volta. Il tempo che per te è eccessivo e per me è troppo poco se si tratta di un abbraccio caldo e delicato.
Sospiri di affanno per quelle parole dette in modo disordinato e un po' di getto perché avevo così tanto bisogno di scriverle, che non riuscivo a trattenermi. Affanno e ansia.

Mi mancano quei maledetti sospiri che mi hai rubato. Non sono riuscita ad alleviare né il mio corpo, né la mia testa, né la mia anima con nessuno di loro. Ad ognuno di essi si crea un vuoto dentro di me, come se si liberasse spazio che io, prontamente, dedico all'invisibilità accrescendo il mio abisso personale.

Sono come Venezia.
La mia particolarità è l'essere frammentata. Ho canali di pensieri che mi attraversano e sfociano i piccoli fiumi di parole o tormenti. Oppure in tutte queste cose insieme. Non sono brava a controllarmi, non sono brava a coordinarmi.

Mi sento come questo ponte.
Mi sento leggera, sospesa tra le parole limpide e luminose e l'interpretazione contorta che io do a tutto. Tutto sembra così semplice e chiaro quando lo dicono gli altri, ma poi non so cosa succede esattamente. Le sento, le colgo e le attorciglio. Le immergo nell'acqua di questo canale. Giù, giù, giù fino a raggiungere il punto più profondo del mio stomaco. Le accarezzo infinite volte e poi le ripeto ad alta voce. Le canto, le suono e le piango. E quando le guardo per l'ennesima volta hanno un colore diverso.
Sono nere come l'inchiostro e fanno male.
Fanno male perché la realtà punge come gli spilli dimenticati in quel vestito che hai tanto aspettato per indossare, che ora la frenesia ti pungerà la pelle.
Fanno male perché io le ho affogate in illusioni. Sporco le parole e dopo non le voglio più. Ma ormai è troppo tardi, le so a memoria e non c'è niente che io possa fare per dimenticarle.
Chiudo gli occhi e stringo forte le palpebre, ma esse risuonano nella mia testa.

E credimi se ti dico che sono esausta, ma non posso dormire. Perché non appena appoggerò la testa sul cuscino e spegnerò la luce, il silenzio diventerà assordante e opprimente. E sai cosa succederà? Le parole, o meglio l'interpretazione che io ho dato alle parole, non mi darà tregua. Resterò sveglia passeggiando avanti e indietro su questo ponte come un'onda in preda alla disperazione che non può fermarsi e che continua a scagliarsi contro qualcosa.

E sospirerò ancora e ancora.
Riempirò una stanza con i miei sospiri e vivrò respirandoli. Saranno nocivi come il fumo passivo, perché inspirarli e introdurli nuovamente in me significa rivivere quell'affanno asfissiante e quella tristezza profonda che tento di strapparmi.
E sospirerò, sospesa.



Questo testo è la genesi di Sospiri. La differenza tra questo capitolo e l'intera opera può sembrare molto lieve e insignificante, ma non è così per me. Questo quadro mi ha permesso di scrivere quello che avevo dentro senza pensarci troppo, è uno sfogo, una liberazione. Sospiri ha come scopo quello di giungere alla rinascita e questo implica essere consapevoli del proprio stato e rinunciare a quello che ci impedisce di andare avanti con un sorriso sulle labbra.
Concludo confessandovi che ho molto a cuore questo testo, l'ispirazione che si nasconde dietro al quadro e la parola sospiro.
Grazie per l'attenzione.

SospiriWhere stories live. Discover now