capitolo 1

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Jordyn POV

sentire il suono della sveglia la mattina non era mai stato un problema, almeno sapevo che ero ancora viva e che stava per iniziare un'altra giornata di merda.
Questa notte avevo dormito si e no un'ora.
Troppi pensieri per la testa.
Avevo finito tutto un pacchetto di sigarette, la nicotina era l'unica cosa che riusciva a calmarmi.
Dovevo prepararmi per andare a scuola, la voglia non c'era come non c'era mai stata.
Non credevo che andare a scuola potesse insegnarmi più cose di quelle che già sapevo.
O per lo meno cose rilevanti che potevano aiutarmi a resistere in questa vita del cazzo.
E poi a scuola c'era la persona che più di tutte non volevo vedere, l'unica che riusciva a farmi stare bene ma che io non sarei mai riuscita a rendere felice.
Qualche giorno fa mi aveva detto di provare qualcosa per me, non era scesa nei dettagli e non mi aveva dato né un perché né una minima spiegazione.
E io non riuscivo a capirlo da sola, non le avevo mai dato o detto nulla per far si che provasse qualcosa...qualsiasi cosa per me.
Anzi ero sempre stata una stronza.
Perché ero fatta così, non riuscivo ad affezionarmi facilmente e quando per caso ci riuscivo facevo finta di non esserlo.
Forse era la paura di essere ferita di nuovo o forse ero solamente stupida.
Il punto era che quando me l'aveva detto io mi ero messa a ridere e me n'ero andata.
Anche se in realtà quello che avrei voluto fare era baciarla e dirle che pure io provavo qualcosa, qualcosa di indefinito, nuovo ed irriconoscibile da un cuore come il mio.
Ma mi sembrava così strano provarlo che avevo preferito la strada più semplice e anche quella che mi faceva apparire una bastarda colossale.
Tanto ormai tutti conoscevano solo quel lato di me.
La jordyn dolce la conoscevo solo io e forse era meglio così.
Non avevo costruito un semplice muro davanti a me ma un interno e immenso labirinto che mi circondava dal quale nemmeno io sapevo uscire.
Perché se si era dolci e gentili poi si rimaneva anche fregati e io l'avevo scoperto a mie spese, ne avevo pagato i conti e non volevo altri debiti.
Comunque...Holly era questo il suo nome.
L'avevo conosciuta ad una festa, io ero completamente ubriaca, l'avevo sedotta, scopata e poi abbandonata per andare ad ubriacarmi di più, tanto di più che non mi ricordavo nemmeno come cavolo avevo fatto a tornare a casa.
Routine.
Ormai la mia vita si riduceva a questo...bere, trovare una ragazza diversa ogni sera, portarmela a letto e non provare nessun sentimento o sensazione, tanto potevo fare tutto quello che volevo, a casa non c'era nessuno che si preoccupava se tardavo e men che meno qualcuno che mi aspettava.
Comunque il giorno dopo a scuola l'avevo rivista...ma non l'avevo mai notata prima di quella sera, io del resto non notavo mai nessuno.
Non m'importava.
Ero entrata nell'edificio con gli occhiali da sole, perché i miei occhi dopo sbornia erano osceni, avevo schivato tutti i miei amici ed ero andata direttamente al mio armadietto senza dire nemmeno una parola.
E lei era lì a qualche metro di distanza da me che mi guardava come se avesse visto apparire la madonna.
In quel momento nella mia testa era passata soltanto la frase:

"fa che non venga a parlami..ti prego"

Anche perché già l'avevo trattata male se poi dovevo fare la stronza la mattina dopo averla scopata non era tanto bello, e non ne avevo nemmeno voglia.
Le mie speranze si erano spezzate quando la vidi avanzare verso di me.
I suoi occhi mi puntavano.
Di sicuro era una bella ragazza, aveva i capelli biondi e lunghi, e due occhi blu da far paura, come la linea piatta che si era creata sulle sue labbra alla mia vista.
Mi era arrivata vicino bloccandosi ad una decina di centimetri da me.
Mi aveva detto che ero brava a sedurre e poi abbandonare le ragazze, ma che con lei potevo risparmiarmi di farlo.
Io le chiesi quale potesse essere la motivazione valida per cui non avrei dovuto farlo, tanto non la conoscevo e lei, la notte prima, mi aveva dato tutte le motivazioni per toglierle i vestiti, era ubriaca quanto me ma la sua risposta mi aveva spiazzata:

"perché io merito di più e anche tu"

queste erano le parole esatte.
Quanta saccenza.
Mi aveva detto anche che si era informata su di me, conoscendo il mio stile di vita e che non lo approvava, ovvio...grazie al cazzo, pensai in quel frangente, ma tanto la vita era mia.
Poi aveva continuato imperterrita dicendo che voleva riuscire a farmi provare qualcosa e che era come una sfida.
Al che io mi ero stancata liquidandola con un:

"scopi abbastanza bene..nulla di più"

E me ne ero andata.
Da quel giorno erano passate tre settimane e altro che provare qualcosa...avevo fottutamente perso la testa.
Lei continuava a parlarmi, a farmi sentire importante e voluta in un certo senso, forse era quella la motivazione... nessuno mi aveva mai voluto veramente.
Ma più io continuavo a rifiutare le sue attenzioni più me ne dava e quella che era partita come una sfida per lei si era trasformata in sentimenti.
E adesso io che volevo essere la ragazza fredda e cinica che ero sempre stata non riuscivo a guardarla senza pensare che mi piaceva da morire.
Ma continuavo a nasconderlo...Forse anche a me stessa a volte, perché più ci pensavo più ogni volta che la vedevo volevo saltarle addosso e farla diventare di mia proprietà.
Molto probabilmente avevo un lato masochista dentro di me, non era normale che io prima di tutti mi vietavo di essere felice.
La normalità era sopravvalutata, sì, a diciassette anni non sentirsi normali era una cosa ordinaria.
Con tutto il fluire di pensieri che mi era passato per la testa non mi accorsi che già ero arrivata a scuola, ci andavo a piedi perché tanto era vicino casa e mi serviva a liberare i pensieri che mi urlavano in testa.
Oltrepassai il cancello e come da prassi lei era lì solo per aspettare me.

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