Capitolo 1

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Durante quelle 10 ore di volo Sasha ebbe modo di pensare a tutto ciò che le stava succedendo. Non aveva grandi aspettative per il college, non voleva trovare l'amore o amici per la vita, voleva solo divertirsi. Anche perchè una volta approfonditi i rapporti con qualcuno, nonostante i documenti falsi non avrebbe potuto fare a meno di raccontarvi la propria storia, o si sarebbero accorti che qualcosa non quadrava. La gente fingeva di essere stupida, ma non lo era davvero.
Si ripromise di chiamare Andrew una volta arrivata, sarebbe rimasta in contatto solo con lui e l'avrebbe chiamato ad un numero di cellulare diverso, che avrebbe utilizzato solo per comunicare con la sorella.

Finalmente l'aereo si decise ad atterrare e sopra la sua testa si illuminò la spia "allacciare le cinture di sicurezza". Di lì a dieci minuti si trovò al ritiro bagagli, dove ovviamente la sua valigia non si decideva ad uscire. Decise infatti di sedersi e invece di aspettare in piedi come fosse alla fermata del tram. Come programmato, la valigia di Sasha fu l'ultima a uscire. Lei si alzò, si sistemò la minigonna a righe bianche e nere e si diresse a prendere la pesante valigia. Alzò il manico del trolley e mentre si dirigeva verso l'uscita dell'aereoporto chiamò Andrew che rispose al primo squillo.

«Finalmente, mi stavo preoccupando da morire.» Andrew, il solito esagerato.

«Ciao anche a te fratellone, sono arrivata a Beverly Hills.» Disse le ragazza con entusiasmo da vendere. «Smettila di essere così esagerato, so badare a me stessa.»

«Non ne sarei così sicuro, ma comunque, com'è la California?»

«Esattamente come me la ricordavo, solo con un tocco in più.» Charlotte, o Sasha era stata in California tante volte con la famiglia, avevano girato tutto il mondo o quasi per incontri pubblici e non, quindi per lei l'America non sarebbe stata una sorpresa, ma il college si. Arrivata all'uscita dell'aereoporto fece per salire su un taxi, dove gentilmente un uoo calvo e sulla cinquantina caricò l'enorme valigia nel bagagliaio e le aprì la portiera.

«Mi manchi già tanto.»

«Anche tu, ma ci vediamo presto no? A Natale mancano solo quattro mesi. » Ma nessuno dei due poteva immaginare l'enorme quantità di cose che sarebbero accadute in quattro mesi.

«Si, dai ti lascio, ti voglio bene sorellina e se hai bisogno di me non esitare a chiamarmi.»

«Stai tranquillo lo farò. Ti voglio bene anch'io.»

Sasha si augurava davvero che le cose li andassero per il meglio, non voleva essere costretta a tornare a casa con la coda tra le gambe, come diceva sempre sua madre. "Se te ne vai non durerai molto, tornerai con la coda tra le gambe. Sei sempre stata servita e riverita, non riuscirai a vivere da sola."  Le dure parole della regina Jolanda nascondevano un fondo di verità, non sarebbe stato facile vivere da sola, ma lei ci sarebbe riuscita e le avrebbe dimostrato che volere è potere.

Una volta scesa dal taxi, prese la valigia e si fermò davanti il grande isolato ad ammirare ciò che le si parava davanti: un'enorme distesa di verde dove in alcuni punti sorgevano degli edifici, era tutto così enorme. Fortunatamente c'erano indicazioni per tutti gli edifici, altrimenti si sarebbe persa. Seguì il cartello con scritto "segreteria" e si trovò davanti ad una donna di carnagione scura, con dei grandi occhi marroni.

«Prego, in cosa posso aiutarla?» Domandò la donna sfoderando un sorriso larghissimo e bianchissimo. Si chiamava Kate, lo aveva scritto sul cartellino attaccato alla sua camicetta.

«Mi chiamo Sasha, sono una matricola e avrei bisogno della chiave della mia stanza, dovrebbe essere una doppia se non sbaglio.» La donna immediatamente si mise ad armeggiare al computer e poi trovò qualcosa.

  «Stanza 166, primo anno eh? Ti troverai sicuramente bene qui. La tua compagna di stanza dovrebbe essere già sopra.»

Kate le consegnò due chiavi, una da usare e una di riserva e le diede lei giuste informazioni per la camera. Era in un altro edificio rispetto a quello, dall'altra parte del campus, ma comunque facilmente raggiungibile, nonostante la pesante valigia. Sasha era proprio curiosa di incontrare la sua compagna di stanza e si augurò che fosse per lo meno simpatica, qualcuno con cui fare amicizia e con cui condividere questa fantastica esperienza.
Prese l'ampio ascensore, accompagnata da altre cinque o sei persone e senza fare neanche troppa strada si trovò davanti alla porta della 166. Girò la chiave nella toppa e abbassò la maniglia, ma rimase delusa nel non trovarci nessuno dentro. Fece spallucce pensando che la sua compagna di stanza potesse essere fuori e si avviò verso il letto che doveva essere suo. Fortunatamente la stanza era ampia e con due letti a una piazza e mezza uno accanto all'altro, di fronte due scrivanie in legno con due sedie dello stesso materiale e dei ripiani per i libri, ovviamente le cose della compagna di stanza erano perfettamente sistemate sui ripiani, segno di ordine, pensò. A lato di ogni letto di trovava un armadio ampio e una cassettiera al seguito. Il bagno al contrario di tutto il resto era piccolo, ma comunque accettabile. Quell'ambiente spazioso, ma accogliente la fece sentire subito a casa.


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