Capitolo 1.

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Ero incollata allo schermo del PC da più o meno 4 ore, quando sentii la porta della mia stanza sbattere di colpo. Girai la testa e scorsi l'ombra di mia madre, con il solito grembiule legato in vita e un mestolo in mano.
<Hai intenzione di passare il resto della tua vita attaccata a quel cavolo di computer o pensi di farci l'onore di presentarti a tavola?> disse con un'aria di sfida.
Odiavo le domande retoriche di mia madre, perché se mai avessi provato a dare una risposta, sicuramente le avrei prese. Perciò, senza alcuna voglia di staccarmi da The Vampire Diaries, mi obbligai a scendere al piano di sotto e passare quanto meno la cena con la mia famiglia.
<Oh, guardate chi sta scendendo!> esclamò mio fratello non appena mi vide scendere gli ultimi gradini della rampa.
<Sei simpatico come al solito, Luke> gli gridai di rimando.
Dall'esterno si sarebbe potuto dire che io e Luke non ci sopportassimo, ma in realtà, abitando sotto lo stesso tetto e andando alla stessa scuola, era un po' difficile non prendersi in giro ogni tanto e poi, non credo di aver mai visto una coppia di fratelli andare sempre d'amore e d'accordo. Mi sedetti a tavola e cominciai a servirmi. Mia madre cucinava sempre per un esercito, e con tutto che mio padre non tornava quasi mai a casa per cena e io e lei non mangiassimo poi così tanto, alla fine del pasto era grasso che colava se rimaneva la metà delle cose. Ovviamente la colpa non poteva essere di nessun altro se non di Luke, che non appena vedeva del cibo, si trasformava in un essere che sembrava non mangiasse da anni.
<Bene, ora che siete tutti e due giù, devo dirvi un paio di cose. Avrei preferito che ci fosse pure vostro padre, ma non importa> disse, ad un tratto mia madre. Le pesava il fatto che papà ci fosse molto poco a casa, ma cercava di non farcelo vedere e in nostra presenza era sempre allegra e sorridente. O meglio, tranne quando si trasformava nel braccio destro di Satana.
<Il capo ha trasferito papà in un'altra città e, lo so che tutti i vostri amici e tutti i ricordi sono qui, ma siamo obbligati a seguirlo> continuò. Sembra quasi l'inizio di un film, pensai in quel momento. Un film dove la protagonista si trasferisce, arriva nella scuola nuova, non conosce nessuno, ma grazie alla sua simpatia si fa qualche amico e poi conosce il ragazzo più figo di tutti, lui si innamora perdutamente di lei e si mettono insieme.
<Amy, mi stai ascoltando?> intervenne mia madre, riportandomi alla realtà.
<Sta pensando al principe azzurro che incontrerà, all'enorme castello dove andranno a vivere e alla vita perfetta che farà con lui> sghignazzò mio fratello.
<Oh, ma sta zitto una volta tanto!> sbottai io, tutta rossa in faccia.
<Stavo dicendo che so che sarà duro per tutti quanti, ma il trasferimento porterà sicuramente dei vantaggi.> riprese lei, con aria apprensiva.
<Umh, e sarebbero?> la incalzò Luke, con sguardo di sfida. Essendo più grande, lo capii dopo ovviamente, il trasloco gli pesava parecchio, molto più che a me.
<Papà lavorerà di meno e potrà stare più tempo con tutti quanti noi, la casa è molto più grande rispetto a questa e la città, anche se non è Miami o Los Angeles, è comunque più grande di dove siamo ora, offre molte più opportunità per voi ragazzi ed ha il mare, oltre che il sole praticamente sempre.> esclamò mia madre. Si vedeva da un chilometro che era emozionata e non vedeva l'ora di passare più tempo con papà e andare nella nuova città. Ero veramente curiosa di conoscere il nome della città, per andarla a vedere su internet perciò lo chiesi a mia madre. Mezz'ora dopo ero già su Bing, a vedere tutte le foto di Jacksonville.
La partenza era fissata tra due settimane, perciò cominciai da quella sera stessa a raccogliere le mie cose e a sistemarle negli scatoloni. Mi dispiaceva lasciare quella casa. Mia madre diceva sempre che era piccola e scomoda, ma era diventato il mio 'nido' e non l'avrei cambiata per niente al mondo. Era stata teatro di tutte le mie avventure da piccola e di tutti i miei segreti e in qualche modo mi ci ero davvero legata.
D'altra parte, ero molto curiosa di vedere la casa nuova e, ancora di più, la città. Non vedevo l'ora di andare in giro per farmi degli amici e girare con loro per i parchi e le strade.
Sì, lo ammetto, ero una ragazzina molto ottimista e una gran sognatrice, ma infondo avevo solo 11 anni e non mi sarei mai aspettata niente di quello che successe negli anni a seguire.

L'altalena nel cortile Where stories live. Discover now