Capitolo 2

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Scendo le scale con una strana consapevolezza negl'occhi. Adam è già lì, con il piede fisso sull'ultimo gradino.

Mi guarda, ha uno sguardo felice. Beato lui, penso.

Nonostante lo veda quasi tutti i giorni non mi sono ancora abituata alla sua bellezza. Disarmante come poche. Ha un viso dai lineamenti delicati, ma allo stesso tempo mi trasmette virilità e senso di protezione. I suoi riccioli scuri ricadono ordinati sulla fronte, mentre gli occhi castani si fissano su di me, affondando nei miei verdi.

"Ehi" dico arrivata di fronte a lui.

"Ciao antipatica" mi scimmiotta.

"Elly!"urla mia mamma"gli ho aperto io, ero già qui in salotto quando ha bussato".

"Immaginavo" rispondo inarcando un sopracciglio.

"Adam ti va se usciamo fuori da qui un secondo? Devo parlarti" dico con voce tremante senza nemmeno guardarlo in faccia. Ma a chi voglio mentire? Lui mi conosce fin troppo bene per non sospettare nulla, eppure continuo a manifestare un'innaturale serenità, nonostante dentro stia morendo lentamente sotto un'affilattisima ansia. Che poi quel "devo parlarti" come diavolo mi è venuto in mente di dirlo? Si sà che è sinonimo di apocalisse imminente.
Provo a  mostrarmi serena per evitare scenate vicino a mia mamma, che tra l'altro non smette di fissarci.

"Come vuoi"  risponde di rimando lui, secco e con tono più affilato della mia logorante ansia.

Ci avviamo verso l'uscita e poco prima di chiudermi la porta alle spalle scorgo,con la coda dell'occhio, mio padre scuotere la testa. È un chiaro segno di dissenso. Come biasimarlo del resto.

Ci sistemiamo sotto la veranda, uno di fronte all'altra. Lui alto il doppio di me ed io avvilita il doppio di lui. Ci divide solo mezzo metro, eppure mi sembra così distante tanto da sentire una morsa allo stomaco. Le mani sudano, le gambe tremano, il cuore minaccia di fuoriuscirmi dal petto da un momento all'altro. Non riesco nemmeno a reggere il suo sguardo. Fa male sentirmi in colpa. Vigliacca, ecco cosa sono. Mi mordicchio il labbro nervosa mentre cerco di far andare le sinapsi nel mio cervello, ma lì dentro in questo momento sembra non funzionare più nulla. Nella testa il vuoto, in bocca troppe parole da dire, tanto da non sapere da dove iniziare.

"Dobbiamo starcene così per quanto tempo esattamente? Altrimenti mi metto comodo" dice stroncando quel silenzio assordante.

Sento la gola graffiarmi mentre cerco di far uscire la prima frase.

"Adam mi dispiace" inizio con un tono piu impacciato che mai "mi dispiace averti evitato ultimamente, soffrivo anch'io mentre cercavo di tenerti lontano"
Mi fissa con un'intensità  ed uno stupore tale da indurmi a credere che abbia capito dove voglio andare a parare. Mi scruta. Mi studia...ed io mi sento colpevole.
"Ti sei innamorata di un altro?" dice lui sporgendosi verso di me, al che mi rendo conto di quanto lontano sia dalla verità. È preoccupato, lo vedo e lo sento da come respira, il suo petto fa visibilmente su e giù più velocemente del solito.

"No no, ma cosa ti salta in mente!" mi affretto a dire accigliata.

"Ah, ho temuto il peggio..cazzo che spavento" dice lui sollevato passandosi una mano sulla fronte per scostarsi i ricci, mentre si dondola sui talloni: mi è sempre piaciuto questo suo gesto.

"Non sono innamorata di nessuno e quindi non posso lasciarti per questo" deglutisco "ma dovrò farlo per un'altra cosa che ancora non ti ho detto" Lui sgrana gli occhi e fa per parlare, ma io incalzo prima di perdere il filo del discorso, o perdere più probabilmente il coraggio "Ti ho sempre parlato di mia madre e di come fossi innamorata del suo lavoto, ma ogni volta che lo facevo ti vedevo preoccupato, teso e nervoso. Così non ho più affrontato il discorso, ma il sogno di intraprendere quel percorso rimaneva... e rimane tutt'ora" ha un espressione imperscrutabile, ma continuo a parlare. "Noi abbiamo vite diverse, tu lavori in azienda da tuo padre ed è normale che questa mia decisione possa sembrarti assurda, ma io non posso rinunciare ad una cosa così importante. L'ho sempre sentito dentro di me, l'ho sempre saputo. È una sorta di vocazione, credo" mi interrompo solo per prendere le sue mani tra le mie, tanto impacciate  quanto bisognose di contatto." Ad ogni modo ho fatto domanda per il college e mi hanno presa. Dista un paio d'ore da qui, ma non credo che potremmo continuare la nostra storia stando lontani e vedendoci una volta al mese. Appena ho realizzato che sarei dovuta andar via alternavo gioia a dolore, risate e lacrime andavano di pari passo. Non è facile per me salutarti cosi". Concludo con il fiato che mi manca.
Sono sincera, si che lo sono cazzo. Voglio incamminarmi lungo quella strada, ma vorrei anche tenere almeno un piede qui, dove c'è lui.
Non riesco a proseguire, non riesco a dire altro e se dovessi farlo scoppierei a piangere sicuramente. Odio mostrarmi debole, anche se lui mi ha vista a pezzi e ha saputo raccogliere ciò che rimaneva di me. Il magone mi si blocca in gola vedendo il suo volto rabbuiato che viene paradossalmente illuminato dai raggi del sole.

Si passa ripetutamente la mano dietro la nuca spettinandosi i ricci. Ha gli occhi puntati in basso, a stento sbatte le palpebre. Lo fisso, lo fisso con la crescente voglia di abbracciarlo. Lo fisso per un tempo che non so quantificare e poco prima di distogliere lo sguardo intravedo una piccola lacrima coraggiosa fuoriscire da questi occhi tristi. Gli solca la guancia per poi perdersi oltre il suo mento.

"Auguri" dice finalmente lui dopo attimi interminabili.

"Grazie" rispondo con un filo di voce.
No, alt.
Auguri per cosa? Si stà davvero congratulando con me? Sono decisamente confusa, non mi aspettavo certo che spaccasse sedie e vetri, ma credevo che potesse avere una reazione un po' più rude di questa. Prima di poter seriamente esaminare la sua reazione mi trovo una scatolina tra le mani.

"Aprila" mi ordina.

"Non capisco Adam..che stai facendo?"

Lui mi guarda senza darmi una risposta, mentre si rimette le mani nelle tasche della felpa, così capisco che non mi rimane altro da fare se non eseguire gli ordini di quello che a breve sarà il mio ex ragazzo. Adam il mio ex ragazzo? Suona così male.

"Oddio" esclamo non appena vedo il braccialetto che tanto volevo. È semplice, con un piccolo ciondolo a forma di E che oscilla da una parte all'altra. L'avevo visto in una vetrina un mesetto fa mentre facevo una passeggiata assieme a lui, una delle tante che abbiamo fatto sino a poco fa. Mi ero fermata per guardarlo, mi piaceva, ma non volevo dirglielo. Evidentemente mi conosce più di quanto io conosca me stessa.

"Te ne sei dimenticata vero?" chiede implorando con gli occhi una risposta negativa.
Non rispondo, in casi come questi è meglio fingersi sordomuti.
"Elly? Non fare così, parlami" chiede con un tono quasi straziato, così bisognoso di una mia qualsiasi parola.
"Suppongo di si..di essermene dimenticata intendo" sibilo esitante e in evidente imbarazzo."Cosa avrei dovuto ricordare?" aggiungo.
Fa un passo indietro scuotendo il capo.
"Ovviamente sei troppo impegnata a fantasticare sulla tua imminente nuova vita per ricordarti date ormai vecchie, per lo meno vecchie solo per te" ringhia indietreggiando ancora di più. Vuole andare via da me, lo vedo. Lo blocco per un braccio implorandolo di spiegarmi.

"Oggi sarebbe stato un anno" risponde secco, liberandosi dalla mia presa prima di sorpassarmi per andare verso la macchina.

È ormai arrivato alla portiera, la apre e entra dentro l'abitacolo. Ritarda un po' prima di mettere in moto, come se stesse aspettando qualcosa. Come se stesse aspettando me e la mia vigliaccheria. Non appena sento il rombo della macchina realizzo che probabilmente quella è l'ultima volta in cui potrò vederlo e a quel suono le mie sinapsi si riattivano.

Corro verso di lui che mi fissa stranito da dietro il finestrino.

Raggiungo l'auto affannata e piangendo gli urlo contro di aprirmi. Ok, a dire il vero più che urlarlo glielo ordino.
I suoi occhi nei miei, fisso le sue iridi quasi prive  di emozioni.
Voglio solo che esca da questa maledetta macchina.

Dopo un attimo di esitazione abbassa il finestrino, così senza riflettere gli prendo il viso e premo le mie labbra contro le sue, rigide in un primo mento, ma dolci e morbide subito dopo. Ora le riconosco, sono le labbra di chi mi ha salvato un anno fa, le labbra di chi mi ama davvero, le labbra di chi non bacerò mai più.
Odio quella parola:mai. Suona malissimo e ti fa mettere in dubbio tutto!
Appoggia la sua fronte contro la mia. "Potevi parlarmene Elly, non hai pensato nemmeno per un secondo che il mio amore potesse andar oltre alla distanza"

"Adam non fare così, non illuderti che la cosa sarebbe potuta andar diversamente" rispondo sincera " lo sai anche tu che non può durare molto una storia in cui ci si vive poco. Adam io non ti dimentico, voglio che tu lo sappia"

"Io invece spero di dimenticarti" ribatte granitico dopo avermi baciato la fronte.

Dopo poco non rimane altro di lui, se non il fumo del suo motore che lentamente si dissolve.
È un addio sbagliato, un addio che non sarebbe dovuto andar così.

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