Paura di un riflesso

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  E che è l'istinto se non lo specchio fedele, se non ciò che obbedisce in corrispondenza a tutte le manifestazioni della natura?
(Carlo Maria Franzero)  




Una demone. 

Possibile che proprio lei, proprio Cloe Closerlook, nata in California, campionessa elementare di spelling e una frana in tutto ciò che riguardasse colori e pennelli, lei a cui piacevano i dolci, i Cure, il mare, con un abbonamento a Netflix e uno in biblioteca, lei che amava le feste e i film demenziali, lei che era del tutto umana, che forse a volte era fin troppo umana con le sue cotte giovanili e le pazzie con gli amici, come quella volta che aveva guidato a centottanta all'ora con due sue amiche sul lungomare con la macchina che Betany aveva rubato ai suoi, fosse una demone?

"Tesoro." La ragazza alzò lo sguardo dalla sua colazione, incrociandolo con quello di suo padre, intendo a caricare la lavastoviglie con una mano mentre con l'altra reggeva ancora la bozza ricorretta del suo ultimo scritto. Guardava Cloe con curiosità mista a preoccupazione. "Tutto bene? Non hai toccato i cereali." Lei abbassò la testa, notando che effettivamente stava mescolando da mezz'ora una ciotola di quelli che una volta potevano essere definiti cereali, ma che adesso sembravano pappa d'avena e cioccolato, completamente sfatti. Li allontanò con un'espressione disgustata.

"Non ho fame." Sbadigliò, stiracchiandosi sulla sedia e lasciando che il sole di inizio estate le riscaldasse le membra intorpidite. Era rimasta seduta in quella maledetta soffitta fino a poche ore prima. Maximilian era alla stregua di un bambino, a quanto pare lo spaventava il buio, anche se Cloe poteva capirlo pensando a quanto dovesse essersi sentito solo e abbandonato quando Cindy era morta. Questo però non lo autorizzava a tenerla sveglia fino alle sei del mattino a raccontarle la storia della sua vita, abbastanza noiosa, a dire il vero. Cosa poteva raccontare uno che aveva vissuto per anni in uno specchio? "Papà, perché non ho mai incontrato Cindy?" chiese improvvisamente, quasi stesse partecipando ad uno di quei giochi con dialogo a risposta multipla e avesse deciso di scegliere quella più improbabile. Dire "mi piacciono i treni" forse avrebbe sortito lo stesso effetto su Michael. Rimase zitto per un momento, e Cloe pensò veramente che lo avrebbe detto, che le avrebbe confessato di Maximilian e che lui stesso era un demone, invece disse: "Non le sono mai andato a genio. Quando tua madre è morta non ha ritenuto opportuno continuare ad avere rapporti con noi. E' stata una sua scelta." Bugiardo. Se quella era la verità allora perché darle la lettera? No, c'era qualcosa sotto. Suo padre le stava mentendo e lei voleva saperne il motivo. Lui intanto aveva sparecchiato al suo posto, lanciandole una nuova occhiata preoccupata. "Hai delle occhiaie orribili. Non riesci a dormire?" Un bambino mi ha tenuta sveglia.

"Devo abituarmi alla nuova stanza. Il materasso è scomodo."

"Già, quella donna dormiva sul cemento. Anche io ho mal di schiena. Oggi vado al negozio per sceglierne qualcuno, vieni con me?" Cloe annuì, alzandosi e congedandosi con la scusa di provare a dormire un altro po'. Non appena svoltò l'angolo, sentì suo padre urlare: "Alle tre viene il tizio delle disinfestazioni. In tre giorni ci libereremo di quei ratti."

"Evviva." mormorò Cloe in risposta, tornando mogia al piano superiore. Se solo potessi liberarmi del mio, di ratto.

"Che fai?" Maximilian cercava di allungare il collo, come un cucciolo di leone troppo basso per vedere cosa stesse facendo il suo addestratore a qualche metro dalla gabbia in cui era rinchiuso. Cloe stava frugando negli scatoloni in soffitta come una forsennata, i capelli legati in una crocchia scombinata le ricadevano in ciocche spettinate sul viso tondo.

Behind - La GuardianaWhere stories live. Discover now