XI. Non me ne vado, non ricordi? Sarò il tuo rifugio

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Si avvicina e mi prende i polsi, recupera la mia giacchetta militare e me la mette in modi poco gentili.

Si mette nella tasca della giacca la mia magliettina e il mio reggiseno.

Poi mi prende a sacco di patate sulla sua spalla e mi porta fuori, raggiungendo il retro del locale e lasciandomi lì in piedi.

È di fronte a me che cammina avanti e dietro con le mani tra i capelli.

«sai cosa ti stava per succedere?» mi chiede urlando.

«forse» rispondo mordendomi il labbro, sono ubriaca e non connetto.

«ti stava per scopare o meglio stuprare!» mi rimprovera a voce alta.

«sei arrabbiato con me?» chiedo facendo gli occhi da cucciolo.

«si merda!...in verità non proprio...forse io...vieni qui dai» apre le braccia e io mi ci fiondo dentro. Se fossi stata sobria non l'avrei fatto.

Lo stringo a me e sorrido appena inalo il suo profumo.
Ora si che mi sento al sicuro, sono nel 'mio' posto migliore.

«vieni piccola, ti porto a casa mia» dice togliendomi una ciocca di capelli finitami davanti agli occhi.

«n-no c'è la t-tua famiglia» balbetto e lui mi stringe ancora di più.

«ho un'altra casa dove vado quando voglio stare da solo» dice e io annuisco.

Sotto la luce di un lampione riesco a vedere le sue nocche ferite e macchiate di sangue.
Le accarezzo delicatamente sporcandomi le dita di sangue.

«ti fanno male?» chiedo guardandolo negli occhi. Lui scuote la testa poi avvicina la mia mano alle sue labbra e lecca le mie dita cancellando le tracce di sangue.

«così va meglio» sussurra poi mi circonda un fianco con un braccio e mi porta alla sua moto.

«riesci a stare diritta sulla moto o ti perdo per la via?» mi chiede e io ridacchio.

«se mi stringo forte a te sta certo che non mi perdi» dico e lui mi accarezza una guancia. Mi sorride e mi prende in braccio facendomi salire sulla moto, lo fa poi anche lui. Mi prende le mani tra le sue e mi porta le braccia attorno al suo busto.

«stringimi forte» dice e io annuisco con la testa poggiata sulla sua schiena muscolosa.

Arriviamo davanti una villa che equivale a tre volte casa mia.

«forza vieni» mi dice e io non riesco bene a camminare dati i giramenti di testa.

Scuote la testa mentre mi guarda quasi cadere e mi prende a mo' di sposa.

Entriamo e lui mi posa sul divano.

«vado a fare una doccia, ci metto giusto cinque minuti, tu stenditi sul divano e non fare niente» dice e io annuisco e mi stendo sul divano.

Sarà per l'alcol ma io inizio a sentire caldo. Levo le scarpe e le parigine rimanendo a piedi nudi.

Pov.James

Innamorata del mio infernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora