capitolo 3 (part-2) fuga

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Non volava una mosca. Letteralmente.

Aspettai un'altra manciata di secondi per poi uscire dal mio caro nascondiglio.
Come era successo quattro anni fa, gli Sarkes mi avevano preso  le poche persone che mi volevano bene, di nuovo.

Improvvisamente un bruciore insistente agli occhi mi costrinse a chiuderli.
Iniziai a piangere e a divincolarmi, per poi mettermi dispensa sul pavimento.
Il dolore aumentava a dismisura, ma non posso urlare, perché sennò ritorneranno, pensavo.
Salii sul letto e soffocai delle grida su un cuscino di Lola.
Il dolore aumentò.
Era un dolore forte, intenso, deciso a scavare fino infondo all'anima.
Però, ad un certo punto, tutto cessò.
Mi asciugai gli occhi con delicatezza, insicura su come procedere.
Mi alzai lentamente e andai in bagno per sciacquarmi il viso, ma mi fermai subito alla vista della mia figura allo specchio.
I miei occhi. I miei occhi non erano più grigi come quelli che caratterizzavano papà, no, erano nocciola, come quelli della mamma.

Ero felice.
Mio padre mi aveva avvertita che ci sarebbe stata una mutazione nel mio aspetto, perché i geni della mamma erano di un'altra galassia.
Ebbene sì, mia mamma era un 'alieno', in realtà era una splendida donna con gli occhi nocciola, i capelli biondi e una fossetta che rendeva il suo sorriso più luminoso ( che purtroppo non ereditai, mannaggia la genetica).

Sorrisi osservando meglio i miei nuovi occhi.
Mi piacevano, erano in sintonia con i miei capelli castani e la pelle olivastra, certe volte anche troppo per i miei gusti.

Mi sciacquai la faccia e mi diedi due schiaffi sulle guance, non troppo forti.
"Bene Keja, ora sei sola, devi fare affidamento solo a te stessa, apri bene gli occhi, prendi il necessario, scappa nel bosco e vai da qualche altra parte" mi dissi guardandomi un'ultima volta e uscendo dal bagno.
Presi lo zaino che mi ero portata dietro e ci misi dentro qualche vestito e altre cose indispensabili per l'igiene;
Scesi le scale con cautela per poi andare verso la dispenza, con le orecchie tese per captare qualsiasi rumore.
Entrai nello stanzino e mi chiusi la porta alle spalle, con un sospiro silenzio.
Presi molte scatolette e altro cibo a lunga conservazione, insieme a qualche pagnotta e del formaggio.
Ritornai in cucina per prendere qualche coltello e scesi in cantina.
" È una fortuna che io abbia lavorato qui" pensai accendendo la luce.
Avevo già affrontato questa situazione, per ben due volte, ma la cosa che cambiava era che mio padre non era con me.
Presi un sacco a pelo, molti fiammiferi e benzina a cubetti, due plaid, una torcia e molte pile.
Infine presi una borraccia che riempio d'acqua, una tazza di plastica e una piccola bacinella, sempre in plastica.
Controllai che avessi preso tutto, per poi correre, senza mai girarmi.

Ero quasi arrivata al bosco, mi mancavano pochi metri, e l'adrenalina che avevo prima stava pian piano svanendo, dando posto a una leggera stanchezza.
Ero dentro ora, ero al sicuro.

Spooky || Amalfi S. GrayWhere stories live. Discover now