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Sedeva scomposto sull'autobus, il corpo troppo sfinito anche solo per mettere insieme le energie per parlare con i suoi compagni di squadra;  d'altronde la maggior parte di loro era già scivolata nel mondo dei sogni, recuperando un po' del sonno perso in quei giorni prima di tornare al centro di allenamento.

Cercava di stare sveglio, distraendosi con il telefono e scorrendo le notifiche dai social network: migliaia e migliaia di messaggi di congratulazioni. Se non fosse stato mezzo morto, avrebbe cercato di rispondere o almeno di concentrarsi su quello che i suoi fan avevano scritto; invece, scorreva i tweet senza davvero prestarci attenzione.

Li avrebbe riletti più tardi.

Quando il bus si fermò finalmente al centro di allenamento, afferrò in fretta le sue cose individuando subito la sua automobile nel parcheggio. Salutò con un gesto i suoi compagni di squadra, aprì la portiera della vettura e scivolò velocemente sul sedile del guidatore. Nonostante la mancanza di energie, non sarebbe tornato a casa.

Uscendo dal parcheggio, diede gas, percorrendo sovrappensiero la strada familiare verso casa sua.

Il leggero ticchettio della pioggia sul finestrino era l'unico rumore che sentiva, mentre guidava per le strade della città addormentata, sul cruscotto l'orologio digitale segnava le 03:12.

Arrivato a destinazione, parcheggiò la macchina nel vialetto, saltando velocemente fuori dall'abitacolo, afferrando il borsone e lo zaino.

Si fermò davanti la porta dell'appartamento, tastandosi le tasche in cerca della chiave.

Una volta trovata, la inserì nella toppa, facendola girare fino a quando la porta non si aprì. Sorrise, pensando a come ogni volta lei si chiudeva in casa facendo quattro giri di chiave per paura dei ladri.

Lasciò cadere le borse sul pavimento e sentendo che le ultime energie iniziavano ad abbandonarlo, vagò per i corridoi familiari, immersi nell'oscurità, fino a raggiungere la camera da letto.

La vista pacifica del suo corpo addormentato, avvolto dalle lenzuola, e il suo viso sepolto nel cuscino e i capelli sparpagliati in modo disordinato gli diedero immediatamente la tranquillità di cui aveva bisogno. Si tolse la cravatta e la giacca, appoggiandole alla sedia vicino al letto, proprio sopra la maglia rossa con il numero 7 che lei amava indossare quando lui era lontano. Il resto dei suoi vestiti finì sul pavimento.

Salì lentamente sul letto e si distese accanto a lei, cercando di non svegliarla, affondando il viso tra i boccoli neri della sua ragazza.

Ma lei non rimase addormentata per molto, cominciando a muoversi sotto la sua presa, aprendo leggermente i suoi occhi verdi. Dopo aver visto il volto dell'intruso, un sorriso pigro spuntò sulle sue labbra.

"Alvaro," pronunciò con tono assonnato.

"Ciao, Iris." Alvaro le posò un bacio delicato sulla guancia e sul collo, prima di tornare ad immergere il viso tra i suoi capelli.

"Stanco?"

La risposta a quella domanda era palese, ma lui annuì comunque. Lei gli accarezzò delicatamente la guancia, coccolandolo affinchè si addormentasse al più presto.

Non si aspettava una sua visita; non dopo l'estenuante partita che aveva disputato. Si sarebbe aspettata un messaggio in cui le chiedeva di pranzare insieme. Ma Alvaro era imprevedibile. Non smetteva mai di sorprenderla. E ora che lo aveva al suo fianco non aveva bisogno di altro. Il sonno e la stanchezza passarono in secondo piano: le piaceva guardarlo dormire, la tensione che abbandonava il suo viso ogni momento di più.

Presto il respiro di Alvaro si fece regolare e Iris scivolò dolcemente fuori dal letto, mollando la presa che il ragazzo aveva sul suo corpo.

Si spostò verso la piccola terrazza della sua stanza, aprendo la porta senza fare rumore e appoggiandosi alla ringhiera; il vento le scompigliò i capelli, facendole danzare la camicia da notte. Si lasciò scappare un sospiro soddisfatto. Aveva sempre adorato la pioggia e la calma che portava con sé.

Allungò la mano, catturando alcune gocce tra le dita.

"Che stai facendo?"

Alvaro camminò lentamente verso di lei, accarezzandole i lunghi capelli neri e facendola girare verso di sé.

"Volevo solo un po' di aria fresca. Pensavo stessi dormendo."

"Beh, dormivo...almeno fino a quando qualcuno non ha deciso di alzarsi e lasciarmi solo," rispose lui, con un sorriso intriso di stanchezza.

Iris rise dolcemente, portando le braccia ad accarezzare le spalle del suo fidanzato e alzando gli occhi verso il suo viso. La differenza di statura tra di loro era molta.

"Scusami."

"Non importa." Lui si chinò, facendo unire le loro labbra. La baciò più volte, dolcemente, prima di farle perdere la testa con un bacio profondo e appassionato.

Quel gesto urlava al cielo tutta la nostalgia che avevano provato e che le parole non riuscivano a descrivere.

Iris si lasciò trasportare da tutti i sentimenti che provava in quel momento, appoggiandosi ancora di più alla ringhiera e sentendo la pioggia che iniziava a bagnarle i capelli. Non disse nulla. Non le importava. Alvaro era lì con lei. E continuava a spingerla contro la ringhiera, assorto nel bacio.

"Alvaro," respirò lei, staccandosi a malincuore dalle labbra del suo ragazzo.

"Che c'è?"

"Mi farai cadere," ridacchiò.

Le prese le mani. "Non lo permetterò," disse, poi, guardandola intensamente negli occhi.

"Torniamo a dormire. So che sei stanco. "

Lo trascinò verso il letto, chiudendo la porta-finestra dietro di sé.

Questi erano i momenti che più amava: piccole gocce di felicità in una vita frenetica.








Ecco la prima! Scusate gli errori! Come al solito fatemi sapere che ne pensate!

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 28, 2016 ⏰

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