Le settimane diventarono mesi, sette mesi

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Le settimane diventarono mesi, sette mesi. Sette mesi nei quali Meredith si abituò alle mestruazioni e capì che non era più una bambina bensì una ragazza, il suo corpo stava cambiando e anche il suo modo di riflettere maturava.
Anche l'uomo notò che la giovane non era più una bambina, quel corpo piatto e paffuto che prima guardava con tenerezza, ora era snello e sinuoso, e guardarlo con gli occhi di prima era difficile.

Uno sfioramento leggero con la mano diventò un'intensa carezza, un'occhiata divenne uno sguardo profondo, semplici baci a stampo sulla fronte o sulla guancia, diventarono baci che lasciavano un segno.
Per Meredith i momenti più ansiosi erano quando la prendeva sulle ginocchia, le mani di Allan scivolavano in posti delicati che se sfiorati anche con gli occhi mettevano a disagio la ragazza.

Quello era un giorno come altri, nulla di nuovo e nulla di vecchio.

Lei da sola nella stanza e lui in qualche luogo della casa a pianificare qualcosa, nessun rumore se non i respiri, i passi e le porte che si aprivano e chiudevano.
Quella mattina si era svegliato presto e Meredith sapeva che sarebbe sceso a momenti per controllarla, infatti si era presentato nella stanza con in mano un sacchetto in carta color nero.

«Questa è per la sera» disse appoggiandola sul letto della ragazza «Okay» rispose lei fissando quel sacchetto nero a pochi centimetri da lei.
«Facciamo un giro» disse Allan, e a quelle parole fecero stappare le orecchie di Meredith come il tappo di una bottiglia

«Dove?» domandò, ma Allan non fu specifico nella sua risposta, ma vista la fame di curiosità nell'espressione di Meredith, riformulò la risposa alla domanda «Andremo a prenderci un gelato, ti farò giocare al parco e faremo un giro per i negozi »

Meredith scese dal letto si diresse all'armadio dove teneva tutti i vestiti che gli aveva dato per decidere cosa indossare. «Staremo fuori fino a sera, così al ritorno ceneremo insieme»


Quando uscirono di casa, i senti di Meredith vennero tutti quanti stimolati dalla natura circostante.

Gli uccellini che annunciavano una buona giornata, il sole che s'intrecciava tra i corpi esili dei rami, l'odore di campagna che divampava nell'aria e il soffio del vento che bisbigliava e divertiva a giocare con i ricci di Meredith.

Allan prese il polso della ragazza e la condusse sull'altro lato dell'abitazione dove teneva parcheggiata la sua auto
«Siediti davanti » le disse aprendolo lo sportello, e si allontanò solo quando la ragazza salì a bordo.

Una volta salito, Allan si apprestò a chiudere le porte della macchina e raddrizzò lo specchietto «Sei contenta? Ti sto rendendo felice?» domandò «Molto, grazie» rispose Meredith annuendo, dopodiché partirono.
Mentre si allontanavano dalla casa, Meredith studiò l'area circostante per un futuro piano di fuga, l'ambiente era abbastanza isolato e per di più dai campi e gli orti intuì che Allan vivesse fuori città, proprio come i suoi nonni. Essi vivevano circondati dal verde e il giallo, dove nell'aria si respirava profumo di fieno e concime. Non erano presenti né supermercati, né negozi, solo vecchie casette rustiche abitate da anziani.

Solo alcuni minuti dopo giunsero in città, luogo che Meredith conosceva.

Non era cambiata di una virgola dall'ultima volta che l'aveva vista, eppure era così sorpresa e meravigliata nel vedere di nuovo delle persone, fino all'ora era solamente costretta a vedere la faccia di Allan. Guardò i negozi, le strade, i marciapiedi, i bambini accanto ai propri genitori, ragazzi e ragazze della sua età con sulle spalle gli zaini e molte altre cose che temeva non avrebbe mai più rivisto.
Si fermarono in un parcheggio presso un centro commerciale a dir poco affollato, Meredith dal finestrino si mise a guardare alcuni bambini giocare all'uscita di una delle strutture.

«Posso andare a giocare?» domandò indicando con il dito contro il vetro, ma Allan ignorò la sua domanda e le rispose con un'altra «Che gusto vuoi di gelato?» Meredith, abbastanza delusa dalla risposta, non tentò di riporre la domanda per vedere se avrebbe accettato di assecondarla o meno, si rassegnò e rispose. «Fior di latte»

L'uomo prese il portafoglio dal sedile posteriore e prima di scendere dal mezzo, guardò dritto negli occhi Meredith e le ordinò di non tentare di chiamare aiuto, altrimenti avrebbe ucciso sia lei che la persona che avrebbe cercato di salvarla.
Meredith annuì e giurò, così l'uomo vista la paura nei suoi occhi, si fidò, e uscì dall'auto.

Mentre egli si allontanava, Meredith si voltò verso l'uscita da cui uscivano le persone con il carrello pieno, altri che tornavano in auto e altri ancora che attraversavano la strada.

Li guardò come formiche al lavoro,
cercando chi di loro sarebbero più disponibile per salvarla. Una coppia giovane abbastanza vicino all'auto passò, e Meredith raccolse subito l'occasione per catturare la loro attenzione.
Cominciò a sventolare la mano e a batter sul vetro, non gridò, temeva che se lo avesse fatto Allan l'avrebbe sentita nel tornare.
Battè ripetute volte e scuoteva la mano per farsi notare, ma ogni volta che uno dei due la sorgeva con la coda dell'occhio, non si mostrava preoccupati di chiederle cosa c'era che non andasse.

Si girò per controllare se Allan non stesse tornando dalla gelateria, e per sua sfortuna lo era.
Si sedette composta sul sedile come se non si fosse mosse da lì e attese che l'uomo entrasse, nel frattempo guardava la coppia salire a bordo del loro mezzo, continuando a chiedersi come mai l'avessero ignorata.
Allan entrò in auto e diede il gelato al gusto fior di latte a Meredith.

«Grazie» disse lei, quel gelato le avrebbe almeno regalato una leggera consolazione.

Si rimisero in marcia e partirono per un'altra destinazione, durante il tragitto la ragazza si gustava il suo gelato come se fosse il primo e ultimo che avrebbe mangiato. Tutti quegli anni di prigionia le avevano fatto dimenticare i gusti dei cibi che le piacevano di più, dal gelato al cioccolato bianco, alle caramelle gommose a forma di animali.

«Tuo papà ti comprava il gelato?» domandò Allan, ma Meredith scosse leggermente il capo.
«Perché?»
«Mia mamma non mi faceva uscire con lui» rispose.

Si fermarono davanti un semaforo rosso «Uff...» sospirò Allan, appoggiando il gomito al bordo del finestrino.
Sapeva che avrebbe dovuto aspettare ancora altri lunghi secondi prima di riprendere la marcia.
Meredith nel frattempo, si voltò verso il finestrino e guardò tutto ciò che i suoi occhi potevano guardare, poiché più avrebbe visto, guardato e osservato, più si sarebbe ricordata del luogo.

Mentre fissava una vetrina di antiquariato, un'auto si affiancò a loro, coprendo la visuale di Meredith. Ma l'auto a loro accanto non era un veicolo qualsiasi, si trattava dell'auto della polizia.


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