Ora le lacrime stavano rigando le sue guance rosse di rabbia. Ron si era avvicinato, ma lei lo cacciò via. Anche l'occhialuto sembrava preoccupato.

- Hermione... - disse.

- No, non mi interessa.

- Senti – schiacciai il pulsante al centro dello scudo e questo si avvolse su sé stesso, chiudendosi. Lo rimisi nello zaino e qualcosa mi disse che dovevo rimettere la spada nella Duat, ma non lo feci. – A me dispiace per quella bambina, per le macchine e tutto, ma tu non potresti capire...

Alzò la punta del ramoscello contro la mia faccia e si avvicinò velocemente.

- Hermione, calmati! – Ron l'afferrò per un braccio ma lei si liberò.

- Non posso capire! – urlò. Era sempre più vicina, non sapevo che fare. – Tu, stronza senza cuore! "Cru..."

- Fermati! – questa volta il rosso riuscì a toglierle il ramoscello dalle mani e l'avvolse in un abbraccio. – Ora basta.

- Non è giusto, Ronald non è giusto. – Diceva. – Aveva gli stessi occhi di Rose, Ronald, perché è successo? Perché!

- Tesoro, fa male, fa male anche a me – glielo stava sussurrando nell'orecchio. – Dobbiamo andare avanti, per Rose e per Severus. Harry, io la porto dentro.

L'occhialuto, che doveva chiamarsi Harry, annuì e mi passò davanti.

- Chiedo scusa a tutti voi per il disagio, ora che il pericolo è stato neutralizzato, potete tornare alle vostre case. Provvederò subito a riparare la panchina e le automobili. Tra poco arriveranno quelli del Ministero a prelevare questa... cosa.

Fece un gesto verso la manticora e poi bastò un colpo di ramoscello e tutto tornò com'era prima. Persino la vetrata che si era distrutta durante l'attacco, si ricompose come per magia.

Mi tese la mano. – Piacere, Harry Potter.

Indossava una camicia blu scuro e sopra aveva buttato una giacca nera, i pantaloni dello stesso colore scendevano fino ai mocassini. Dietro alle lenti c'erano due bellissimi occhi verdi e sopra il sopracciglio destro, una cicatrice a forma di saetta.

La strinsi. – Annabeth Chase.

Mi fece cenno di seguirlo. – Allora, Annabeth, non hai risposto alla domanda della mia amica, chi sei?

- Io non volevo... - mi sentivo tremendamente in colpa. Quella donna aveva ragione, avevo abbandonato quella madre e sua figlia, però il campo...

- Sta' tranquilla – aprii la porta e mi lasciò entrare. – Non è sempre così. Da quando è mancata sua figlia, più di un anno fa, è diventata ingestibile, chi può negarglielo. E oggi i ricordi devono averla assalita, e non ha retto.

- Tu non sembri scosso.

Fece quello che mi sembrò un lieve sorriso, ma non era di felicità. – Abitudine. Prego, siediti pure.

Il divano era comodo e la tentazione di addormentarmi fu molta. Lui si accomodò sulla poltrona di fianco a me.

Hermione e Ron entrarono nel soggiorno, lei sembrava più tranquilla.

- Dove sono gli altri? Hugo sta bene? – chiedeva.

- Remus li ha portati a Villa Conchiglia, li saranno al sicuro.

- Meno male... - e mi vide, poi spostò lo sguardo su Harry. – L'hai portata in casa mia?

- Voglio capire.

- Cosa c'è da capire? È una ragazzina spuntata dal nulla, chiamiamo qualcuno che venga a riprenderla e portiamola alla centrale di polizia.

- Vorrei capire quello che non potremmo capire, e credo che l'arresterebbero se la vedessero con quella.

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